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Intervista alla Prof.ssa Avv. Anna Argentati. Forniture di servizi digitali ed il pagamento con la prestazione dei dati personali.

 

La Prof.ssa Avv. Anna Argentati ad oggi presta servizio presso l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) in qualità di Responsabile dell’Ufficio Ricerche e Biblioteca, ed è Assistente giuridica del Presidente dr. R. Rustichelli. E’ Professore ordinario in diritto dell’economia, dei mercati bancari-finanziari e agroalimentari. Membro del Comitato di Direzione della rivista Mercato Concorrenza Regole.

La Prof.ssa Avv. Anna Argentati 

 

 

Lei ha partecipato come relatrice all’evento Forniture di servizi digitali. Il pagamento con la prestazione dei dati personali? del 9 maggio 2021. Da quali esigenze nasce questo evento e su quali punti ha cercato maggiormente di sensibilizzare e dare uno spunto di analisi?

L’occasione immediata del convegno è stata la conclusione del contenzioso relativo al provvedimento con cui l’AGCM, nel novembre 2018, ha sanzionato Facebook per aver presentato il proprio servizio come gratuito ed aver omesso di dare evidenza al valore economico dei dati personali degli utenti trattati.

Più specificamente, l’Autorità aveva qualificato come pratica commerciale scorretta, sub specie di pratica ingannevole, l’incompleta informativa data dal social network circa l’attività di raccolta, scambio e utilizzo a fini commerciali dei dati personali dell’utente registrato: ciò, a fronte di un claim utilizzato dalla società nella pagina di registrazione (“Iscriviti. E’ gratis, lo sarà per sempre”), che lasciava intendere l’assenza di una controprestazione richiesta al consumatore in cambio della fruizione del servizio.

Dalla conferma in sede giudiziale di quella decisione è derivata l’esigenza di analizzarne le implicazioni e di svolgere anche una riflessione più ampia sulle diverse problematiche oggi aperte in tema di protezione dei dati personali e fornitura di servizi digitali.

Nel corso del mio intervento ho inteso porre in evidenza come la decisione dell’Autorità nel caso Facebook costituisca la cartina di tornasole di alcune delle questioni giuridiche più rilevanti che la fornitura di servizi nei cc.dd. digital zero price market solleva, a partire dall’esistenza o meno di un rapporto di consumo, che è condicio sine qua non per l’applicabilità della normativa consumeristica, e dalla competenza dell’AGCM ad intervenire in tali mercati con i propri strumenti di enforcement.

Sotto il primo profilo, è ben noto che, nonostante il carattere data-driven assunto ormai dall’economia odierna, una tesi ancora largamente diffusa tende a disconoscere che, in tale nuovo modello, i contenuti digitali sono scambiati con controprestazioni non pecuniarie; persiste una resistenza culturale ad ammettere che i dati personali rappresentino, in senso strettamente economico, delle vere e proprie utilità ed assumano, dunque, un rilievo che va oltre la tutela della persona e i diritti della personalità.

Su questo terreno, credo che vada ascritto all’Autorità il merito di aver aperto la strada in Italia ad una lettura innovativa e decisamente market-oriented del fenomeno “trattamento dei dati personali”: in base ad essa, si è ritenuto che il patrimonio informativo costituito dai dati personali degli utenti di Facebook abbia un valore economico idoneo a configurare l’esistenza di un rapporto di consumo, anche in assenza di corrispettivo pecuniario: questo perché tali dati possono essere utilizzati per la profilazione degli utenti medesimi a fini commerciali e per finalità di marketing.

Il TAR Lazio prima, e il Consiglio di Stato poi, hanno condiviso appieno questa chiave di lettura, offrendo, anzi, ulteriori e convincenti argomenti per considerare superato l’approccio tradizionale che guarda al dato personale come esplicazione soltanto dell’identità e della personalità del soggetto. Emerge, insomma, che c’è una dimensione economico/negoziale del dato personale che, nella nuova economia digitale, non può più essere trascurata: la “patrimonializzazione dei dati personali”, cui il prof. Ricciuto ha dedicato un bel saggio qualche anno fa, non solo non è più un tabù, ma fa il suo ingresso nel linguaggio e nell’argomentare del giudice amministrativo.

Per quanto riguarda il secondo profilo, le pronunce del giudice amministrativo contengono alcune importanti puntualizzazioni in merito alla competenza dell’AGCM a conoscere e sanzionare le condotte degli operatori in grado di incidere sulla decisione degli interessati di mettere a disposizione di altri i propri dati personali.

In particolare, disattendendo gli argomenti di Facebook, volti a sostenere che i dati personali sono beni extra commercium, in quanto tali tutelati soltanto dalla normativa di protezione dei dati personali, il Giudice amministrativo ha riconosciuto che c’è un rapporto di complementarietà tra la disciplina dettata dal Codice del consumo e la disciplina a protezione dei dati personali, la quale “ha un campo di applicazione diverso dalla prima, persegue interessi diversi ed ha un ambito di riferibilità che, per quanto ampio, non può condurre ad alcuna espropriazione applicativa di altre discipline di settore, segnatamente quelle a tutela del consumatore, riducendo le tutele delle persone fisiche”.

Il punto di approdo di questo ragionamento – mi pare importante sottolinearlo – è che, accanto alla tutela del dato personale quale espressione della tutela di un diritto della personalità dell’individuo, e come tale soggetto a specifiche forme di protezione (quali diritto di revoca del consenso, di accesso, di rettifica, di oblio), sussiste un diverso campo di protezione del dato stesso, inteso quale possibile oggetto di uno scambio posto in essere sia tra gli operatori del mercato che tra questi e i soggetti interessati.

In questo quadro di riconosciuta valenza economica del dato personale, da un lato il diritto dei consumatori può apprestare un utile, ulteriore presidio alla tutela del soggetto debole del rapporto, dall’altro va senz’altro riconosciuta la competenza dell’AGCM ad intervenire. In un momento in cui con il Digital Market Act e il Digital Services Act, la Commissione europea punta a ridefinire la responsabilità giuridica delle grandi piattaforme digitali e ad accentrare presso di sé i controlli, la vicenda Facebook è lì a ricordare che le autorità nazionali già oggi sono attrezzate per intervenire e hanno saputo utilizzare, anche con interpretazioni innovative, gli strumenti a loro disposizione per garantire tutele adeguate ai diritti degli utenti/consumatori.

 

 

Durante l’evento Forniture di servizi digitali. Il pagamento con la prestazione dei dati personali? , sono stati toccati alcuni macro-argomenti di estrema risonanza nell’attuale orizzonte di sviluppo digitale. In particolare, il Suo intervento ha riguardato “La corretta informazione sul valore economico dei dati personali come pratica commerciale”. Potrebbe parlarci di più di cosa si intende per una corretta informazione sui dati nell’ambito di scambio economico-commerciale e delle potenziali conseguenze di una sbagliata informazione a riguardo?

 

Il punto di partenza è – come detto – la ricostruzione del fenomeno “trattamento dei dati” in chiave di mercato, che significa propriamente andare oltre la qualificazione formale dei fenomeni e prestare attenzione all’operazione economica in concreto realizzata: operazione che si sostanzia, a ben vedere, in uno scambio anche laddove lo schema contrattuale sia apparentemente gratuito. Aprendo a questa prospettiva, l’Autorità ha offerto tutela al soggetto non più solo come persona, ma come parte dell’operazione economica: e ciò – si badi bene – per la qualità di consumatore, ma anche come “produttore/generatore” di dati personali, che vengono poi utilizzati nei processi produttivi di molte imprese operanti in una varietà di mercati. Una volta ritenuto esistente il rapporto di consumo, diviene facile affermare che la corretta informazione sull’utilizzo dei dati personali costituisce una pratica commerciale, la quale deve risultare conforme ai dettami della disciplina consumeristica. E’ noto, del resto, che la trasparenza è un fattore cruciale nei rapporti tra professionisti e consumatori. La stessa Commissione europea negli Orientamenti per l’applicazione della direttiva 2005/29/CE richiama l’obbligo per i professionisti di non occultare l’intento commerciale della pratica. Questo significa che incombe sugli operatori un preciso obbligo di chiarezza, di completezza e di non ingannevolezza verso il consumatore, il quale, sin dal primo contatto, deve essere reso edotto dello scambio di prestazioni che è sotteso ad un contratto per la fruizione di un servizio, quale, ad es., quello di utilizzo di un social network.

Diversamente, in caso di assenza di adeguate informazioni o di informazioni fuorvianti, il consumatore non è nelle condizioni di comprendere che il professionista sta perseguendo un intento commerciale, poiché utilizzerà i dati personali raccolti a fini remunerativi. In gioco c’è la libertà del consumatore di compiere una scelta consapevole e pienamente informata su un aspetto cruciale della sua sfera personale.

 

 

A Suo avviso quali sono i diritti che andrebbero tutelati maggiormente di fronte ad un’apertura sul mercato della vendita di dati sensibili?

 

Ragionando in un’ottica di mercato, non vi è dubbio che andrebbe consolidato il principio del pieno ed effettivo consenso del soggetto titolare del dato e il suo diritto ad autodeterminarsi liberamente, senza indebiti condizionamenti o carenze informative.

Non sottovaluterei, tuttavia, accanto a ciò che può essere fatto con le norme di legge e con le decisioni amministrative, l’importanza di una vasta opera di sensibilizzazione e di educazione delle persone su questi temi. Del resto, le discontinuità generate dalla rivoluzione digitale richiedono una capacità di adattamento culturale che va attentamente curata per un utilizzo sempre più libero e consapevole delle potenzialità insite nel nuovo corso.

A questa linea di azione si ispirano alcune iniziative intraprese di recente dall’Autorità al fine di promuovere, in via generale, nei consumatori una maggiore consapevolezza ed una più ampia conoscenza dei propri diritti.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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