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Patrimonio culturale digitale e diritto d’autore, le sfide del futuro. L’intervista al Prof. Pierpaolo Forte

di

Eduardo Meligrana

Il nostro Paese è impegnato in una enorme opera di digitalizzazione. Si tratta di una innovazione epocale, basterebbe richiamare la Strategia Europea 2020 che persegue obietti di istruzione, occupazione, cultura, innovazione, clima, integrazione sociale inn un quadro di mercato digitale unico europeo. Ma l’aspetto tecnico e tecnologico, di pur fondamentale importanza, non esaurisce le sfide che abbiamo di fronte sul fronte del diritto d’autore e nello stesso processo di digitalizzazione in cui è necessario risportare dimensione le connessioni, dei significati, e dei contesti in cui si colloca in patrimonio culturale. Per dirla con Deridda “il senso archiviabile si lascia e anche e in anticipo codeterminare dalla struttura archiviante”. Il tutto in un contesto in cui l’Europa, con la nuova controversa regolamentazione europea sul diritto d’autore, può giocare un ruolo chiave nella tutela del patrimonio artistico e culturale. Diritto Mercato Tecnologia ha chiesto al Prof. Avv. Pierpaolo Forte, giurista esperto, Ordinario di Diritto amministrativo presso l’Università del Sannio. 

Prof. Forte, diritto d’autore e patrimonio culturale digitale, quali riflessioni?

La rilevanza del diritto d’autore sul patrimonio culturale non ha bisogno di particolari dimostrazioni, anche se ci sono sempre stati  diversi nodi in cui quella disciplina non si coordina perfettamente con il regime giuridico del bene culturale; la questione, tuttavia,  rischia di acuirsi, e di complicarsi, per il processo di  “digitalizzazione” del patrimonio culturale in corso in tutto il mondo.

Personalmente sostengo che l’aspetto tecnico e tecnologico, ovviamente  fondamentale e impegnativo, non è tuttavia la parte più difficile, né  probabilmente quella più importante della traduzione in forma digitale del nostro immenso e diffusissimo patrimonio culturale; le sfide più  ardue, a me sembra, stanno nel riportare in quella dimensione le connessioni, i significati, il senso, i contesti, anche perché le operazioni riguardanti i beni culturali si differenziano da altre proprio a causa delle stratificazioni, delle opinabilità, insomma  della documentalità complessa, che li accompagnano una volta che vengano trattati come espressioni di conoscenza, come si deve nel  trasporli in forme discrete.

L’ambizione della digitalizzazione, in ambito culturale, non si può  ridurre cioè ad una mera duplicazione, alla cura dei dati, o all’aggiunta di servizi virtuali o digitali, pur se importanti e sempre più richiesti.

Foucault sosteneva che la ripetizione non è avvicendarsi dell’identico, e per certi aspetti si può dire che l’immissione nel mondo digitale dei beni culturali è operazione  costitutiva, non meramente ricognitiva, e chi vi lavora, in un certo senso, concorre alla nascita di un nuovo bene epistemico, cognitivo, derivato da quello culturale già esistente, ma non identico, riproduttivo.

Per non parlare, poi, dell’uso del bene digitale, che può consistere  in una mera fruizione, ma anche nel “riuso”, che può condurre a generare nuovi beni o servizi, ricavi, corrispettivi, innovazione di processo o di prodotto, business.

Prima ancora di discutere degli  assetti economici di questi utilizzi, che sono comunque rilevanti e  non vanno sottostimati, auspico grande attenzione per la tutela del  bene culturale digitale, nella parte più intima di quel concetto, per  la immissione appropriata e la conservazione rispettosa delle essenze  culturali, epistemiche, cognitive, che vengono messe in movimento  dalla versione digitale del bene diversamente da quanto accada in  confronto a quella fisica, analogica, primaria, e se queste operazioni non vengono governate intenzionalmente, la mera traduzione elettronica  ed un suo utilizzo improprio possono generare profonde alterazioni del  significato.

Si può dire che con l’innovazione digitale in ambito culturale si costituisce un gigantesco aumento di valore patrimoniale (“un nuovo  lascito”, lo ha definito l’UNESCO  nella “Carta per la conservazione  del patrimonio digitale” del 2003), che dunque, oltre all’investimento che lo provoca, richiede azioni consapevoli, poi, per la sua  implementazione, la sua conservazione, oltre che per il governo  intelligente dei rendimenti che se ne ricaveranno.

E’ stato trovato un accordo preliminare sulla direttiva che dovrebbe regolamentare il diritto d’autore in  Europa ai tempi del digitale. Il pacchetto legislativo passerà ora al negoziato con il Parlamento e la Commissione. L’esito della trattativa è incerto. Quale il suo commento sui principali controversi punti   della nuova direttiva?

Non sono stupito della grande attenzione, delle pressioni, delle discussioni intorno alla questione, mi sembra infatti evidente che si tratti di un primo approccio con la crescente importanza economica dell’immateriale.

Per comprendere l’assunto, basterà osservare quanto il valore di  un’azienda dipenda sempre meno dall’apporto di lavoro manuale; giusto  per avere un’idea, Instagram aveva solo 13 dipendenti quando, nel  2012, fu rilevata per un miliardo di dollari da Facebook, la quale a sua volta aveva in quel momento quasi 5.000 dipendenti, a fronte dei  145.000 alle dipendenze di Kodak nell’ultimo decennio del XX secolo,  (ed è inutile sottolineare che il valore attuale di Facebook è di  molte volte superiore a quello di Kodak al suo picco industriale).

 Pur non volendo dar credito ai più drastiche previsioni che parlano della totale sostituzione del lavoro umano con macchine, anche analisi  più prudenti disegnano scenari a breve e a medio quantomeno impegnativi, che richiederanno profonde trasformazioni nei mercati del  lavoro e nella formazione delle competenze: se si guardano gli studi,  ad esempio, del World Economic Forum, a fronte della creazione di 2 posti di lavoro se ne potrebbero perdere 7 pur mantenendo intatto il  valore aggiunto, il 20% di ogni attività umana può essere rapidamente  sostituita da automazione, e nel medio tempo quasi la metà degli  impieghi attuali è a rischio di rimpiazzo ad opera di impianti  robotici o varie forme di intelligenza artificiale.

Con queste prospettive, non può stupire che il diritto della proprietà  intellettuale, in tutte le sue declinazioni, stia diventando centrale in ogni catena di valore, ed è ragionevole pronosticare che è destinato a divenire il diritto del lavoro umano del futuro.

 Siamo cioè all’inizio di un percorso storico, persino antropologico, di  profonde innovazioni, ed è dunque normale che incontriamo dibattiti e  conflitti sugli equilibri fra gli enormi interessi in gioco.

Anzi, mi sembra che, appunto, la discussione sulla direttiva in tema di diritto  d’autore sia solo un primo assaggio di una questione ben più ampia,  che non tarderà a far sentire la propria importanza.

 

Link:

 Le regole del genio. Il rilievo economico del Format e la tutela del diritto d’autore

Controversie in cerca d’autore. Mediazione e arbitrato nel Copyright

Alberto Gambino e Gustavo Olivieri componenti della Commissioni ricorsi contro i provvedimenti dell’Ufficio Brevetti e Marchi. Le felicitazioni della Direzione Scientifica di Dimt.

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