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“La Consulta “salva” la legge Merlin e le donne tirano un sospiro di sollievo”. Le interviste a Zapping e a La Zanzara del Prof. Alberto Gambino, Direttore scientifico di Diritto Mercato Tecnologia

(via corriere.it) di Monica Ricci Sargentini La legge Merlin è salva e le donne tirano un sospiro di sollievo. In questi giorni sui social network l’attesa era diventata spasmodica. Si temeva che la Consulta dichiarasse incostituzionale la normativa nella parte che riguarda il reclutamento e il favoreggiamento della prostituzione in nome del fatto che essa sarebbe un’espressione di libertà sessuale della donna. I giudici, però, hanno dichiarato le questioni sollevate non fondate. Per le associazioni femministe che si battono da anni contro qualsiasi forma di legalizzazione è una bella vittoria, soprattutto perché allontana la possibilità della riapertura dei bordelli auspicata dal vicepremier leghista Matteo Salvini.

Libera scelta?

A difesa della legge voluta dalla senatrice Lina Merlin nel 1958 si erano schierate diverse associazioni femministe. «Prostituirsi non è mai una libera scelta ma è sempre frutto di pesanti condizionamenti. Questa è una vittoria importante per le donne e per la dignità della persona» ha detto Rosa Oliva de Conciliis dell’associazione «Rete per la Parità». «Siamo intervenute perché non poteva mancare la voce delle donne lese dalla prostituzione nella loro dignità e libertà che accogliamo nei nostri Centri antiviolenza» ha aggiunto l’avvocata Teresa Manente per l’associazione Differenza Donna-Onlus».

 Le testimonianze

In questi giorni è in Italia la giornalista britannica Julie Bindel, autrice del libro «Il mito Pretty Woman. Come la lobby dell’industria del sesso ci spaccia la prostituzione», un viaggio in 40 Paesi che mette a nudo la drammatica realtà dei bordelli. «Mi sembrava incredibile che l’Italia si volesse unire alla lobby degli sfruttatori — dice —. La distinzione tra prostituzione forzata e prostituzione volontaria è una distinzione falsa e viene usata per sanitarizzare e normalizzare lo sfruttamento sessuale, per giustificarlo».

 Il flop tedesco

D’altra parte basta guardare alla Germania dove, a 16 anni dalla riapertura delle Case Chiuse, si parla apertamente di fallimento della legalizzazione. I dati parlano chiaro: le donne lavorano in condizioni economiche sempre più svantaggiate, impiegate a ritmi estenuanti e costrette a ogni tipo di prestazione sessuale, il traffico di esseri umani è in aumento, la maggior parte delle prostitute arriva dall’estero, soprattutto dall’Est europeo. Si vendono pacchetti che comprendono un panino, una bibita e una donna, i giovani organizzano gite di gruppo per «divertirsi» insieme nelle Case Chiuse e assistiamo, persino, alle offerte «All you can fuck», 99 euro per tutte le prostitute che vuoi. 

La rete abolizionista

In tutto il mondo ormai si muove compatta la rete abolizionista formata da sopravvissute come Rachel Moran, l’ex prostituta irlandese autrice di «Stupro a pagamento», e dalle attiviste impegnate nella protezione delle vittime della prostituzione. Loro chiedono di punire i clienti, fautori della domanda di prostituzione, come accade in Svezia. E oggi hanno segnato un punto a loro favore. Una bella vittoria. In nome della dignità di tutte le donne.

 
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