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Pignoramento online: le norme sulle procedure esecutive

(via agendadigitale.eu) di Alberto Gambino* e Aniello Merone** Anche per la procedura di pignoramento si riscontra come nell’ambito della giustizia digitale, l’iter legislativo indirizzato a garantire l’attuazione del cosiddetto processo civile telematico sta subendo un’accelerazione decisiva, connotata da un rilevante impiego delle tecnologie informatiche al procedimento esecutivo. Tale scelta non deve stupire, ove si osservi che il processo esecutivo, in ragione della maggiore vicinanza strutturale al processo di cognizione, ne condivide, soprattutto per quanto concerne la fase d’individuazione e specificazione dei beni, le esigenze di velocizzazione ed accelerazione, oggi destinate a tradursi in un’istanza di informatizzazione.

In tale prospettiva, l’obbligatoria titolarità di una PEC — che ad oggi coinvolge le imprese, anche individuali e artigiane, i professionisti iscritti in albi ed elenchi istituiti con legge dello Stato, le amministrazioni pubbliche, i gestori di pubblici servizi e le società interamente partecipate da enti pubblici o con prevalente capitale pubblico — ha rappresentato il primo canale attraverso cui ridefinire la portata applicativa di molte delle norme dedicate dalla legge processuale al procedimento esecutivo.

 

Le norme che valorizzano la trasmissione telematica

Già molto era stato fatto con la valorizzazione dei nuovi mezzi di trasmissione telematica operata dagli artt. 136, 137 e la possibilità, espressamente prevista dall’art. 149-bis c.p.c., per l’ufficiale giudiziario di effettuare la notifica del titolo esecutivo e del precetto presso l’indirizzo PEC del destinatario che risulti da pubblici elenchi, intendendosi detta notifica come effettuata personalmente.

Ora si registrano altre norme significative. Si pensi alla domiciliazione presso la cancelleria del giudice dell’esecuzione, prevista in assenza della dichiarazione di residenza o elezione di domicilio nel Comune per tutti i principali atti del processo esecutivo, ma che oggi può trovare applicazione solo quando, per causa imputabile al destinatario, non sia disponibile l’indirizzo PEC risultante dai pubblici elenchi, ovvero non vi sia l’obbligo della sua istituzione (così, ad es. gli artt. 480, 492, 499 e 511 c.p.c.); agli avvisi che il creditore pignorante è tenuto ad effettuare ai creditori iscritti, ai comproprietari (non debitori) di beni indivisi, nonché per l’avviso funzionale al rilascio, tutti notificabili a mezzo PEC presso gli indirizzi risultanti dai pubblici elenchi (così, ad es. gli artt. 498, co. 2, 599, co. 2, e art. 608, co. 1, c.p.c.); ovvero alla dichiarazione del terzo presso cui ha luogo il pignoramento, che potrà essere resa tramite dichiarazione scritta e trasmessa tramite raccomandata a/r o PEC.

Come noto la notifica a mezzo PEC si perfeziona, per il soggetto notificante, nel momento in cui viene generata la ricevuta di accettazione e, per il destinatario, nel momento in cui viene generata la ricevuta di avvenuta consegna (art. 6, co. 1-2, D.P.R. 68/2005, su cui Cass. 22 dicembre 2016, n. 26773).

Il deposito telematico

Anche l’obbligo di deposito telematico è ormai pienamente vigente per tutti gli atti processuali successivi a quello di inizio dell’esecuzione, solitamente individuabile nel pignoramento ad eccezione di quelle ipotesi per cui tale momento iniziale risulta differito o anticipato e comunque diverso (ad es. per l’esecuzione su beni soggetti a pegno o ipoteca, essendo il bene già vincolato o appreso, il primo atto dell’esecuzione va individuato nel precetto; per l’esecuzione per consegna o rilascio, con la notifica dell’avviso ex art. 608, co. 1, c.p.c.).

Il deposito telematico si considera avvenuto nel momento in cui viene generata la ricevuta di avvenuta consegna da parte del gestore di PEC del ministero della giustizia e la nuova formulazione degli artt. 518, 543 e 557 c.p.c., affida al (difensore del) creditore il deposito telematico della nota di iscrizione a ruolo, da effettuarsi entro stretti termini previsti a pena di decadenza (15 giorni per le espropriazioni mobiliari presso il debitore; 30 giorni per le espropriazioni mobiliari presso terzi; 15 giorni per le espropriazioni immobiliari) presso la cancelleria del tribunale competente in uno con il titolo esecutivo, il precetto, il verbale di pignoramento ovvero la citazione. Per facilitare l’operazione, si ammette che la conformità agli originali delle copie dei documenti da depositare con la nota di iscrizione possa essere attestata dal difensore e all’assenza o non tempestività del deposito telematico segue l’inefficacia del pignoramento, con conseguente cessazione di ogni obbligo del debitore o del terzo.

 

L’individuazione dei beni da pignorare

Inoltre, il ricorso agli strumenti telematici trova ampio richiamo con riferimento all’attività dell’Ufficiale giudiziario per la ricerca e individuazione dei beni da pignorare (art. 492 bis, c.p.c.), che potrà ricorrere all’anagrafe tributaria o ad altre banche dati pubbliche sia su richiesta dell’esecutante, sia per le ipotesi di indisponibilità di beni utilmente pignorabili ovvero di loro incapienza rispetto ai diritti del creditore procedente e di quelli eventualmente intervenuti, previa autorizzazione del presidente del tribunale nel cui circondario il debitore ha la residenza, il domicilio, la dimora o la sede.

Quando l’interrogazione delle banche dati abbia permesso l’individuazione di crediti del debitore o cose di quest’ultimo nella disponibilità di terzi, l’ufficiale giudiziario notifica d’ufficio, ove possibile tramite PEC, al debitore e al terzo il verbale, contenente l’indicazione del credito per cui si procede, del titolo esecutivo e del precetto, dell’invito e dell’avvertimento al debitore di cui all’art. 492, co. 1-3, c.p.c. nonché l’intimazione al terzo di non disporre delle cose o delle somme dovute, nel rispetto della previsione di cui all’art. 546 c.p.c.

Escluso il pignoramento totale delle somme

Il coordinamento dell’obbligo di versamento su un conto corrente di pensioni e salari, previsto dalla L. 214/2011, con la possibilità di accedere a tali dati per via telematica, ha indotto il legislatore a modificare l’art. 545 c.p.c., aggiungendovi i commi 8-9, al fine di escludere il pignoramento totale delle somme disponibili sul conto corrente — secondo l’orientamento giurisprudenziale che ritiene il limite del quinto applicabile solo quando il pignoramento viene effettuato alla fonte, cioè direttamente in capo a chi deve erogare l’emolumento — chiaramente tacciabile di iniquità, come evidenziato in più occasioni dalla Consulta (C. cost. 5 aprile 2016 n. 70; C. cost. 3 dicembre 2015 n. 248; C. cost. 15 maggio 2015 n. 85), e contrastante con la ratio della norma, volta a garantire sempre al debitore esecutato le disponibilità necessarie alla propria sopravvivenza.

Pertanto, solo quando l’accredito in banca sia stato effettuato in data anteriore al pignoramento, le somme potranno essere pignorate per un importo eccedente il triplo dell’assegno sociale, altrimenti il limite rimane circoscritto alla misura autorizzata dal giudice e, comunque, non oltre il quinto.  L’eventuale pignoramento eseguito in violazione dei limiti descritti è parzialmente inefficace e tale circostanza è rilevabile dal giudice anche d’ufficio.

Pur non avendo superato del tutto il principio di elaborazione giurisprudenziale secondo cui, successivamente all’erogazione, anche le pensioni e gli stipendi si confondono con il patrimonio di chi li percepisce, la norma introduce una deroga legale alla regola della piena pignorabilità delle somme già accreditate, che opera un più attento bilanciamento tra le esigenze di protezione del credito e quelle di tutela del dignitoso sostentamento del debitore.

(Fonte www.agendadigitale.eu)

* Ordinario di Diritto Privato, Università Europea di Roma

** Docente di procedura civile, Università Europea di Roma

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