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Adriano Vanzetti: il ricordo di un Maestro

Da pochi giorni è scomparso il Prof. Avv. Adriano Vanzetti, giurista insigne, Professore emerito di Diritto industriale presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore, fondatore e Direttore, dal 1972, della Giurisprudenza annotata di diritto industriale,  che pubblica e annota quasi tutte le decisioni italiane e comunitarie in tema di Diritto industriale e che rappresenta un autorevole punto di riferimento per professionisti, giudici e studiosi del settore. 

Vanzetti, già Presidente della Società Italiana per lo Studio della Proprietà Intellettuale -, è coautore del più diffuso manuale italiano di diritto industriale (Vanzetti – Di Cataldo, Manuale di diritto industriale, Milano, 2009), e autore di numerosi saggi, articoli e commentari in materia.

Diritto Mercato Tecnologia ha chiesto al Prof. Avv. Gustavo Ghidini, Ordinario f.r. di Diritto industriale nell’Università degli Studi di Milano e Docente di diritto industriale nell’Università LUISS Guido Carli di Roma, di ricordarne la figura.

Prof. Ghidini, qual è il suo ricordo personale e scientifico del Prof. Vanzetti?

Il ricordo personale e quello scientifico si intrecciano in una esperienza iniziata nel 1963, subito dopo la mia laurea: da quando, dopo aver letto i suoi classici saggi sui marchi pubblicati sulla Rivista di diritto commerciale, “decisi” che avrei voluto studiare sotto la guida di Adriano Vanzetti, al quale mi presentai con una tesi sul segreto industriale, i  numerosi e gravi difetti della quale egli, in brevissimo tempo, mi segnalò  con ‘implacabile’ precisione, convincendomi vieppiù di aver visto giusto a cercarlo come Maestro.

Iniziò un lungo, lunghissimo sodalizio culturale ed umano, che rappresentò per me un costante progressivo arricchimento.

Un arricchimento frutto, al contempo, della decostruzione puntigliosa e penetrante di errori e  lacune,  di  metodo e di ‘contenuto’ accumulate nel corso della mia precedente vita universitaria; e della costruzione, passo dopo passo, di un modo di fare ricerca e di fare scrittura all’insegna del massimo rigore, prima nella documentazione (“cosa devo leggere sul tema…?” “Tutto!”), poi nella individuazione dei punti critici della elaborazione dominante, poi nell’articolazione logica del pensiero così maturato.

Rispetto al cui ‘contenuto’ , si badi, Adriano Vanzetti si limitava ad esporre il suo personale punto di vista: ma mai censurava la ‘tesi’, come tale, in un assoluto rispetto della personalità, e se si vuole della ‘ideologia’, degli allievi (che infatti crebbero e si moltiplicarono nella varietà di adesioni ideologiche).

Ricordo, ancora  con commozione, la certosina revisione dei singoli passi dei miei primissimi scritti, fatta con chiose puntuali ed argomentate , scritte con minuta  calligrafia nei margini delle mie bozze: esperienza ‘magistrale’ nel senso più alto, mirante alla crescita  (alla ‘costruzione’, Bildung) della  capacità scientifica dell’allievo.

Ricordo di avere riscritto forse trenta volte, a fronte dei suoi progressivi  rilievi critici sulle bozze che via via gli sottoponevo, la mia prima monografia, sulla disciplina della pubblicità commerciale. Ed è impossibile spiegare come mi sentii quando, al termine della lunghissima fatica, nel 1968  mi giunse la sua lettera che cominciava “ Mio carissimo Ghidèn [cosi affettuosamente  canzonava   la mia radice parmigiana], bene, molto bene…” 

Questo rigore, e la dedizione (e il tempo!)  che impiegava a beneficio dei suoi allievi – allora, nei primi anni ’60, eravamo Giorgio Floridia ed io, poi tanti altri si aggiunsero, e tutti ammirati e grati della sua impareggiabile guida – rappresentano il mio ricordo più prezioso.

Il Prof. Vanzetti ha contribuito alla formazione di generazioni di studenti, giuristi, accademici,  in un costante dialogo.

Sul piano della sua testimonianza scientifica, non posso che ripetere la mia, ed anzi generale  convinzione del suo ruolo di innovatore ed anzi di rifondatore, in Italia (con Giuseppe Sena e, prima, Remo Franceschelli) del moderno diritto industriale italiano.

Gerardo Santini,grande commercialista della Scuola di Walter Bigiavi, usava definire Adriano Vanzetti come il ‘fondatore italiano  dello studio scientifico del diritto industriale’.

Un ruolo basato, per un verso,  su quelle stesse espressioni di rigore che Vanzetti imprimeva’ negli allievi e, per altro verso,  da una sensibilità profonda, calata nell’analisi delle norme, per i conflitti di interesse coinvolti nella disciplina: tra i quali fece emergere, in posizione eminente, quelli dei consumatori, abitualmente negletti dalla letteratura allora corrente, attenta soprattutto ai conflitti fra titolari di diritti di proprietà intellettuale ed imitatori.

Una attenzione  a tutto campo agli ‘interessi’, dunque, che iscrive Vanzetti nel grande solco culturale di Ascarelli, Vivante, e, alla radice, Levin Goldschmidt.

E proprio questa complessa testimonianza culturale, unita al suo insuperabile rigore analitico e argomentativo,  lo proiettò anche  nel panorama internazionale, allora dominato dalla giurisprudenza e dalla letteratura tedesca: la quale accolse  con grande attenzione i suoi contributi sui marchi nella  GRUR (Gewerblicher Rechtsschutz und Urheberrecht), la  rivista leader del diritto industriale europeo: come ha anche ricordato, con profondo compianto, il Professor  Josef Drexl,  Direttore, e animatore, del Max-Planck Institut di Monaco di Baviera, la Mecca degli industrialsti europei (e non solo).   

Quale l’eredità culturale lascia una personalità dello spessore del Prof. Vanzetti?

Vanzetti lascia un esempio irripetibile, ma lo lascia affidato non solo al ricordo personale di allievi, giudici, avvocati, che ebbero la ventura di conoscerlo vuoi come studioso vuoi come professionista principe.

Lascia, oltre ai suoi celebri scritti, un  Manuale di esemplare chiarezza e sintesi scientifica, scritto con uno dei suoi più illustri allievi, Vincenzo Di Cataldo: manuale che dopo tanto meritato successo, era giunto all’ultima edizione proprio quando Egli  ci lasciava.

E lascia quella che  anch’io credo sia stata la creatura più amata, e coltivata con costante  cura , sino alla fine delle sue umane forze: la Giurisprudenza Annotata di Diritto Industriale, la ‘mitica’ GADI, palestra di generazioni di allievi e collaboratori, costruita attraverso riunioni mensili nel suo Studio  milanese di via Daverio, nelle quali si affidavano  poi  si vagliavano, in discussioni collegiali da lui guidate con esigente discrezione, note a sentenze  di Corti italiane ed europee, nelle quali si affermava  l’attenzione  “artigianale”  che Vanzetti giustamente reputava essenziale per  comprendere il diritto in progress.

Una creatura vitalissima, che altri  suoi allievi, da tempo divenuti maestri della disciplina,  sono impegnati a  continuare a tenere in vita e ulteriormente rafforzare, se possibile, nonostante il Maestro ci abbia lasciato.

Questo impegno è il migliore tributo alla sua memoria.

                                                                               

L’intervista al Prof. Gustavo Ghidini in ricordo del Prof. Adriano Vanzetti è di Eduardo Meligrana                

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