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Marco Scialdone: la tutela giuridica degli User generated content e il ruolo del diritto d’autore nell’era di Internet

La digitalizzazione delle opere dell’ingegno e la diffusione di internet come strumento di condivisione dei contenuti hanno reso possibili nuove modalità di interazione con il prodotto culturale.

La tutela giuridica degli user generated content costituisce il punto di caduta della più ampia riflessione su quale collocazione il copyright/diritto d’autore debba avere nel contesto digitale e se esso costituisca ancora lo strumento più appropriato per soddisfare le necessità degli autori e della società, in considerazione dei cambiamenti che la tecnologia ha ingenerato nei meccanismi di creazione e distribuzione delle opere.

Abbiamo chiesto a Marco Scialdone, avvocato, docente di diritto e mercati dei contenuti e dei servizi online presso l’Università Europea di Roma e dottore di ricerca in categorie giuridiche e tecnologia e fellow dell’Accademia Italiana del Codice di Internet, di darci delle utili indicazione per chiarire i termini della riflessione e del dibattito in corso.  L’avv. Scialdone ha da poco pubblicato il volume: “La tutela giuridica degli User Generated Content“.

Avv. Scialdone, le istituzioni europee sono impegnate in una controversa riforma del copyright. Nel luglio scorso, il Parlamento europeo ha votato contro l’avvio dei negoziati tra Parlamento, Consiglio e la Commissione Ue sulla proposta di direttiva per la riforma del diritto d’autore. Il testo verrà di nuovo esaminato nella sessione plenaria del Parlamento che si svolge oggi. Quali sono i punti salienti della riforma e quali le critiche che possono essere mosse.

 Il voto di luglio è stato positivo perché ha evitato che si andasse avanti su un testo che si presentava imperfetto e che tante polemiche aveva suscitato con particolare riferimento alle disposizioni contenute negli articoli 11 e 13, non a caso ribattezzati rispettivamente “link tax” e “the censorship machines”. 

Come mi è capitato di dire in altre occasioni, c’è la prepotente urgenza di riflettere sul fatto che, ormai da anni, si assiste ad una mutazione genetica del copyright da strumento di tutela della creatività a meccanismo di socializzazione delle perdite generate da Internet a scapito di alcuni settori dell’industria dei contenuti.

L’idea, ad esempio, che sta alla base del cosiddetto ancillary copyright (o link tax nella versione dispregiativa) di cui all’articolo 11 della proposta di direttiva è proprio quella di permettere agli editori di monetizzare un “non-uso” dei loro prodotti da parte degli aggregatori online, come ad esempio Google News.

Se pensiamo alla tutela approntata dal diritto d’autore alle opere dell’ingegno, per come è nata e si è evoluta storicamente, si fa davvero molta fatica a ricondurvi l’attività che un algoritmo compie per indicizzare contenuti lecitamente disponibili in rete e successivamente mostrarli all’utente con modalità che includano un’anteprima testuale.

Altra questione di assoluto rilievo è la portata dell’articolo 13 della proposta di direttiva (non a caso ribattezzato “macchina di censura”) che prevede un nuovo ruolo delle piattaforme che ospitano contenuti caricati dagli utenti.

Queste ultime sono, infatti, soggette all’obbligo di concludere accordi di licenza con i titolari dei diritti così da ottenere preventivamente licenze per tutte le opere protette dal diritto d’autore nell’eventualità che le stesse siano caricate, in tutto o in parte, sulla piattaforma da parte degli utenti. Laddove non fossero raggiunti simili accordi, le piattaforme dovrebbero comunque implementare sistemi di filtraggio appropriati atti ad impedire la messa a disposizione del pubblico di materiale protetto dal copyright.

Dunque, non (o non solo) un controllo ex post su segnalazione dei titolari dei diritti, ma un intervento ex ante, tale da impedire il verificarsi stesso della violazione.

È evidente che si tratta di una costruzione pensata per grandi piattaforme con enormi quantità di denaro da spendere ma che interesserà ogni sito che ospita i contenuti generati dall’utente, anche quelli piccoli che probabilmente non saranno in grado di implementare tale sistema automatizzato.

Vedremo ora se il Parlamento Europeo sarà in grado di correggere queste storture o dovremo rassegnarci all’ennesima legge pensata più guardando al secolo scorso che a quello che stiamo vivendo.

E’ stato appena pubblicato il suo libro “La tutela giuridica degli user generated content” che rappresenta il punto di caduta su cosa rappresenti e dove si collochi il copyright/diritto d’autore.

La digitalizzazione delle opere dell’ingegno, da un lato, e la diffusione di Internet come strumento di condivisione dei contenuti, dall’altro, hanno reso possibili nuove modalità di interazione con il prodotto culturale, abilitando, al contempo, nuovi comportamenti di consumo.

I c.d. User Generated Content sono l’espressione più evidente del passaggio  da quella che il prof. Lawrence Lessig ha definito Read Only Culture, ossia una cultura di sola fruizione, ad una Read-Write Culture, in cui i contenuti fruiti diventano la base per nuove creazioni.

Vi è di più: la facilità con cui le tecnologie consentono una simile manipolazione trasforma queste “variazioni sul tema” in una vera e propria forma di linguaggio attraverso cui le nuove generazioni si esprimono.

Affrontare il tema della tutela giuridca degli User Generated Content significa interrogarsi su quale sia il ruolo del diritto d’autore nell’era di Internet e come esso vada modulato per abilitare l’innovazione invece di soffocarlo.

Quali sono, a suo giudizio, le prospettive, le misure che in futuro potranno da un lato garantire la creatività e l’innovazione, dall’altro mantenere un’adeguata tutela all’impegno creativo.

Dal punto di vista legislativo, nel mio libro ho citato il modello canadese con un’eccezione introdotta all’intero del copyright act dedicata giustappunto ai contenuti generati dagli utenti che in questo modo possono essere prodotti in modo perfettamente legale.

Nel testo, però, ho anche evidenziato come le principali risposte siano arrivate finora, più che dal legislatore, dal mercato attraverso gli strumenti di diritto privato, con soluzioni innovative come quelle rappresentate dal mondo delle cosiddette licenze libere.

Nel libro cito molte delle migliori pratiche degli ultimi dieci anni, come ad esempio nel caso dell’industria dei videogiochi e dell’approccio che alcuni celebri produttori di videogames hanno avuto nei confronti dei c.d. machinima, ossia filmati amatoriali realizzati a partire dai contenuti del videogioco.

 

“La tutela giuridica degli User Generated Content”

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