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Sentenza della Corte di Giustizia europea mette in discussione l’uso di prove per indagini penali ricavate da comunicazioni elettroniche

Una sentenza della Corte di Giustizia europea rischia di mettere in discussione l’uso, per indagini penali, di prove ricavate dall’acquisizione di tabulati telefonici o da più generiche comunicazioni elettroniche.

In Estonia è stato instaurato un procedimento penale nei confronti di un privato cittadino, i verbali sui quali si fonda la constatazione dei reati imputati, sono stati redatti sulla base di dati personali generati nel quadro della fornitura di servizi di comunicazioni elettroniche (nello specifico si tratta di tabulati telefonici). Su questo aspetto si fonda il ricorso presentato, sollevato dai dubbi riguardanti la compatibilità con il diritto dell’Unione Europea di tutela dei dati personali.

Nello specifico, il ricorso si basa su due aspetti. Il primo riguardante la durata del periodo per il quale gli organi inquirenti hanno avuto accesso ai dati, se questo possa costituire o meno un’ingerenza nei diritti fondamentali delle persone coinvolte. Così, per il caso in cui tale periodo risulti essere breve o la quantità di dati raccolti sia piccola, il giudice ha posto in essere il dubbio se la lotta alla criminalità di qualunque grado (anche modesto) sia idoneo a giustificare questo tipo di ingerenza.

In secondo luogo, secondo quanto si legge dalla sentenza, il giudice del rinvio ha formulato dei dubbi quanto la possibilità di considerare un’autorità amministrativa «indipendente», dunque un’autorità terza, rispetto alle indagini.

Nonostante la sentenza riguardi l’Estonia, i principi stabiliti dalla Corte Ue si applicano in tutti i Paesi, compresa l’Italia. Il rischio è quello di modificare in maniera profonda e a vari livelli le indagini che si basano su prove acquisite tramite comunicazioni elettroniche, mettendo in dubbio la legittimità dei modi con cui vengono acquisiti tali dati (in Italia con una richiesta del pm,, articolo 132) ed imponendo, inoltre, la presenza di un giudice o autorità terza che ne convalidi la richiesta del pm.

 

 

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