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Le tutele contrattuali ai tempi del coronavirus

Commento a cura della prof.ssa Giovanna Capilli, associata di diritto privato dell’Università San Raffaele di Roma e del prof. Ettore Battelli, associato di diritto privato dell’ Università Roma Tre.

I recenti casi di “coronavirus” in Italia hanno reso a tutti evidente la necessità di una seria riflessione sulla ridefinizione degli attuali rimedi contrattuali, affinché si attui un bilanciamento più equo e corretto tra gli interessi e i diritti dei consumatori da un lato, in caso di acquisto di beni e servizi cui si deve o si vuole rinunciare a tutela del primario diritto alla salute, e dall’altro a protezione degli interessi di quelle imprese che, loro malgrado, senza essere venute meno a nessuno degli obblighi contrattualmente assunti, si vedono costrette a dover restituire la maggior parte degli importi già acquisiti.

È chiaro che siamo davanti a quello che si può definire realmente un diritto contrattuale della “crisi” e dell'”emergenza”.

Tuttavia, a fronte delle innumerevoli situazioni che si possono verificare, e quella che stiamo vivendo non è certamente l’unica, il rischio è di vedere aumentare i contenziosi tra imprese e consumatori senza alcun beneficio per nessuna delle parti coinvolte.

Le regole in questi casi (solo a titolo esemplificativo) prevedono per il consumatore, che vede annullato l’evento o il viaggio a causa dell’emergenza sanitaria, il diritto alla restituzione della somma eventualmente pagata o quota parte del costo dell’abbonamento o del biglietto acquistato (si pensi alle partite allo stadio, ma anche alle rappresentazioni a teatro o la proiezioni di film al cinema o ancora a spettacoli e concerti); mentre nessun rimborso è previsto nell’ipotesi in cui sia invece il consumatore a decidere, in via autonoma, di rinunciare al viaggio o a prendere parte all’evento a tutela di primarie esigenze di salute come quelle oggi all’attenzione di tutti.
Bisogno prendere atto, senza alcun intento polemico, che il diritto vigente non offre ancor oggi adeguate soluzioni per realizzare una tutela effettiva dei consumatori in situazioni di emergenza come l’attuale e, d’altro canto, siamo di fronte ad effetti sicuramente penalizzanti per qualsiasi impresa, soprattutto quelle medie e piccole, che si trovano ad essere il terminale finale degli effetti di questa crisi.

Ci si chiede, quindi, se al verificarsi di una situazione emergenziale come quella che coinvolge l’Italia e l’Europa tutta (ma non solo), non sia opportuno ripensare alla tutela dei contraenti in generale e dei consumatori in particolare nell’ottica di un imprescindibile e necessario bilanciamento degli interessi, riservando la dovuta attenzione a quell’ordine economico del mercato, che riguarda tutti: imprese, utenti e consumatori.

Una riflessione su questi temi, si dirà, arriva troppo tardi e da lungo tempo se ne discute ai più alti livelli, ma è pur vero che non può certamente attendersi oltre, poiché il verificarsi di una crisi economica generale e in determinati settori (es. quello turistico) con effetti tanto gravi quanto imprevisti, già sta incidendo sui cittadini, siano questi consumatori, imprenditori, lavoratori.

Probabilmente, più che andare a ricercare cosa e quanto può essere rimborsato, si dovrebbero incentivare soluzioni alternative volte a contemperare gli interessi delle parti anche in un’ottica solidaristica, che emergenze di questo tipo dovrebbero sollecitare.

D’altronde il diritto, ma non solo, dimentica che l’emergenza è sì un momento straordinario, ma appartiene alla natura delle cose.

Per questo, sarebbe opportuno pensare da subito alla possibilità delle parti di poter richiedere la rinegoziazione dei contratti, muovendo nella logica a tutti nota che le esigenze di salvaguardia di un rapporto negoziale sono sovente da preferirsi a quelli del loro scioglimento (interruzione) tout court.

I buoni spesa, il posticipo dei pagamenti, la possibilità di scegliere nuove condizioni di tempo e di luogo della prestazione, una ridefinizione dell’esatto adempimento in presenza di particolari circostanze sopravvenute e imprevedibili, un ripensamento della stessa ipotesi di sopravvenuta eccessiva onerosità della prestazione, sono solo alcuni degli ambiti del diritto contrattuale sui quali intervenire.

Per altro verso, occorre ricordarlo, gli strumenti di ADR (Alternative Dispute Resolution) appositamente introdotti nell’ordinamento per i consumatori anche in attuazione della direttiva comunitaria 2013/11/UE, potrebbero più di altri consentire di trovare soluzioni positive per entrambe le parti in un’ottica win to win.

D’altra parte, che la finalità da perseguire sia quella di agevolare la risoluzione tra le parti di eventuali controversie, che potrebbero insorgere tra le stesse, emerge dalla stessa previsione contenuta nel disegno di legge governativo n. 1151 volto, proprio, alla modifica del codice civile in materia di contratti prevedendo (e lo si era intuito con lungimiranza) una nuova disciplina al passo con i tempi, valida per qualsiasi parte negoziale e specificamente in materia di rinegoziazione (anche se altri aspetti della delega meriterebbero per i motivi esposti analoga priorità).

L’economia tutta (e non solo i consumatori) se ne avvantaggerebbe sicuramente. Non si vedono, quindi, ragioni per non procedere speditamente su questa strada (i progetti attuativi predisposti dalla comunità accademica sono già pronti e disponibili allo scopo), proprio al fine di estendere le tutele ai rapporti negoziali tra imprese e consumatori così messi a dura prova nei giorni che viviamo.

Fonte: Il Sole 24 ORE

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