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Disinformazione e intelligenza artificiale nell’anno delle global elections: rischi (ed opportunità)

Disinformazione e intelligenza artificiale nell’anno delle global elections: rischi (ed opportunità)

 

E D I T O R I A L E – 29 MAGGIO 2024

 

 

di Oreste Pollicino

Professore ordinario di Diritto costituzionale Università Commerciale “L. Bocconi”

e Pietro Dunn

Research Fellow Università Commerciale “L. Bocconi”

 

 

Sommario:

1. Introduzione.

2. Disinformazione, misinformazione, fake news.

3. Disinformazione e ingerenze di paesi terzi.

4. L’amplificazione della disinformazione dovuta all’utilizzo di modelli di intelligenza artificiale. Rischi ma anche opportunità

5. La reazione dei poteri pubblici in una prospettiva transatlantica.

5.1. La sponda statunitense.

5.2. La sponda europea.

6. Conclusioni.

 

 

Introduzione:

L’anno in corso sarà quello “più elettorale” di sempre: oltre 50 elezioni nel mondo, alle urne 76 Paesi, chiamate al voto 2 miliardi di persone (solo in Europa, tra qualche giorno, in 400 milioni). Non ci si può permettere di sottovalutare i rischi che possono emergere dall’amplificazione delle tecniche di disinformazione attraverso l’impiego di quell’ecosistema – non ci si stancherà mai di ribadire che non è soltanto una tecnologia – costituito dall’intelligenza artificiale. Per iniziare, si può provare a trarre qualche insegnamento da quanto già accaduto. La rappresentazione di internet quale «new marketplace of ideas», elaborata dalla Corte Suprema americana in una sentenza del 1997, la quale a sua volta adatta al mondo dei bit la leggendaria espressione alla base della dissenting opinion di Holmes nel 1919, è stata, per lungo tempo, la metafora preferita da parte di chi ha ritenuto che il fenomeno della disinformazione online potesse essere risolto grazie alle capacità autocorrettive del mercato delle idee. Purtroppo, quando nel 2018 la Commissione, nella sua prima strategia contro la disinformazione, ha di fatto importato tale idea applicandola al contesto valoriale europeo – assai differente rispetto a quello americano – la conseguenza è stata l’esito quasi fallimentare del primo codice di condotta contro la disinformazione, esclusivamente fondato su una logica di autoregolazione.

 

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