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Costituzione e fine vita: recenti problematiche sul rispetto del presupposto del “trattamento di sostegno vitale” indicato nella sentenza n. 242 del 2019 del giudice delle leggi

Costituzione e fine vita: recenti problematiche sul rispetto del presupposto del “trattamento di sostegno vitale” indicato nella sentenza n. 242 del 2019 del giudice delle leggi

 

di

Francesca Piergentili

Università Europea di Roma

 

 

SOMMARIO:

1. Premessa

2. L’assistenza al suicidio fornita a Trieste dal Servizio sanitario nazionale

3. La verifica dei requisiti e delle modalità affidata al SSN dalla Corte costituzionale

4. L’interpretazione ampia del requisito del trattamento di sostegno vitale nel caso di Trentini

5. Oltre la “circoscritta” area di non punibilità indicata dalla Corte per il reato di aiuto al suicidio

 

 

Premessa

Il progresso tecnologico in medicina ha portato alla luce nuove e importanti questioni sul piano non solo etico ma anche giuridico: ciò vale, in particolare, per il fine vita, nel quale la possibilità di mantenere in vita il paziente in condizioni estremamente compromesse, senza poter consentire la ripresa delle funzioni vitali, ha creato “situazioni inimmaginabili” all’epoca in cui furono introdotte le norme penali oggi vigenti. Su tali questioni è stata chiamata a decidere anche la Corte costituzionale, in particolare per quanto riguarda la sfera applicativa dell’art. 580 c.p. per il reato dell’aiuto al suicidio. La Corte, con la nota sentenza n. 242 del 2019, ha individuato, proprio per lo sviluppo scientifico e tecnologico in campo medico, una circoscritta area di non conformità costituzionale della fattispecie criminosa, corrispondente segnatamente ai casi in cui l’aspirante suicida si identifichi in una persona «(a) affetta da una patologia irreversibile e (b) fonte di sofferenze fisiche o psicologiche, che trova assolutamente intollerabili, la quale sia (c) tenuta in vita a mezzo di trattamenti di sostegno vitale, ma resti (d) capace di prendere decisioni libere e consapevoli».

 

 

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