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Microsoft ha 20 giorni per rispondere all’indagine dell’antitrust cinese. Nel mirino i codici anti-pirateria

Via Dagospia.com

L’autorità antitrust cinese ha concesso a Microsoft tempo fino al 20 settembre prossimo per rispondere ai quesiti posti dall’indagine sulla compatibilità del suo sistema operativo e del pacchetto Office con le regole interne. Il procedimento avviato con le ispezioni delle quali alla fine del luglio scorso sono stati oggetto gli uffici della compagnia di Redmond nel Paese asiatico entra dunque nella fase calda, con la State Administration for Industry and Commerce (SAIC) che ha comunicato al vicepresidente di Microsoft, David Chen, la deadline per le controdeduzioni. Come spiegato da Reuters, al centro dell’indagine ci sarebbero i codici di verifica dei quali vengono dotati i software in chiave antipirateria, soluzione che in Cina appare ancor più necessaria vista la dilagante contraffazione che già qualche tempo fa era stata denunciata da Steve Ballmer, il quale aveva affermato che la compagnia riusciva a ricavare più dal piccolo mercato olandese che da quello sconfinato del Paese asiatico. Il 2014 è stato finora un anno da dimenticare per la divisione cinese di Microsoft, dal divieto di installare Windows 8 nei computer degli uffici del governo centrale introdotto solo un mese prima delle ispezioni al più recente annuncio sull’imminente lancio di un sistema operativo autoctono in grado di competere con quelli dei giganti americani; tra poco più di un mese dovrebbe così avvenire l’implementazione sui dispositivi desktop, passaggio che farà da pilota a quello sui device mobili con l’obiettivo di sbaragliare gli attori esteri.

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Le ragioni delle frizioni tra il governo cinese e le compagnie americane, che hanno subito un’escalation nell’ultimo anno soprattutto a seguito del Datagate, sembrano trovare così la propria ragion d’essere nella volontà del governo di Pechino di favorire la crescita dei player domestici. In tutto sono circa 30 le compagnie estere finite sotto ispezione dell’antitrust, mentre il governo avrebbe intenzione di rivedere a breve le leggi anti-monopolio varate sei anni fa. In uno scenario caratterizzato da una crescita robusta dei mercati tecnologici locali e la volontà del governo di favorire la concorrenza interna, al netto di accordi internazionali e affari tra le aziende, capitano anche episodi come quello che nel novembre scorso ha visto proprio l’antitrust cinese aprire un’indagine per presunta violazione delle leggi anti-monopolio su Qualcomm, chipmaker americano leader del settore e pronto a tuffarsi nel mercato che da qui al 2017 vedrà connettersi alle nuove reti Lte un miliardo di dispositivi. A fare le spese dell’attivismo della autorità anche i produttori di software per la sicurezza Symantec e Kaspersky. E proprio non meglio precisate ragioni di sicurezza nazionale sarebbero state alla base del blocco dei dispositivi Apple del quale veniva data notizia nella prima settimana di agosto, una circostanza che veniva tuttavia smentita a stretto giro dalle autorità locali in una dinamica che palesava in ogni caso la diffidenza e l’apprensione con la quale si sviluppano ormai i rapporti tra le aziende americane e la Cina. In ogni caso alla fine del mese in corso il CEO di Micosoft, Satya Nadella, farà un viaggio in Cina. Difficile pensare che sarà una trasferta all’insegna del relax. 2 settembre 2014

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