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Internet Governance, il Prof. Gambino: “Il Governo dia attuazione all’art. 14 del Bill of Rights”
Il Presidente dell’Accademia Italiana del Codice di Internet al convegno Mise-ICANN: “Il modello Brasiliano, governato da un Comitato, può fare da punto di riferimento, ma serve una via italiana”. Il Presidente di ICANN Fadi Chehadè: “Dopo l’uscita degli Usa si dia avvio ad un modello multistakeholder. Serve in Italia una piattaforma per l’elaborazione di un modello nazionale”. Il sottosegretario Antonello Giacomelli: “Una costituente entro un anno”. “La bozza di Dichiarazione dei diritti in Internet redatta dalla Commissione Rodotà terminava all’art. 14, correttamente, con l’invito alle istituzioni pubbliche ad adottare strumenti partecipativi per disegnare la futura governance della rete Internet; c’è ora bisogno che il Governo faccia la sua parte, mantenendo intatti i principi dell’apertura e della partecipazione diffusa di tutti i soggetti interessati”. Così il prof. Alberto Gambino, Presidente dell’Accademia Italiana del Codice di Internet (IAIC), ente che riunisce accademici ed esperti dell’Information Technology, intervenendo al convegno di martedì “L’Internet governance e l’evoluzione di ICANN“. “Il modello brasiliano del Marco civil, governato da un Comitato, ove accanto a rappresentanti governativi siedono anche esponenti della società civile ed operatori e imprese Telco, è un buon punto di riferimento – ha affermato Gambino – ma le peculiarità italiane, che vedono da un lato un immenso patrimonio artistico e culturale e, dall’altro, forti istanze partecipative degli utenti, richiedono una ricalibratura a favore di tali specificità. Il Governo, per dare avvio a tale processo aggregativo potrebbe avvalersi della regia iniziale di un gruppo di personalità indipendenti, che comprendano ad esempio premi Nobel italiani, Accademici dei Lincei, presidenti della Consulta, ricercatori ed esperti di chiara fama”.
Vint Cerf su Internet Governance: “Io credo che il modello multistakeholder sia fondamentale per sviluppo Internet” pic.twitter.com/ESNvaC4l5Y — Dimt Unier (@DimtUnier) 14 Aprile 2015
Governance locale – Collegandosi al precedente intervento del Presidente di ICANN Fadi Chehadè, il Prof. Gambino ha sottolineato: “Un profilo di assoluto interesse che è stato evocato è che va fugata una percezione fallace della rete, e cioè che la sua governance sia necessariamente transnazionale; ci siamo incartati pensando in questi anni che di Internet, essendo senza barriere, non si potesse più parlare in termini di sovranità. Chehadè ci a detto il contrario: la governance parte dal livello nazionale. Ha ribaltato una lettura che tutti abbiamo dato per scontata, e se chi sta dentro quel sistema ci dà questo punto di vista alternativo va fatta una riflessione enorme. La governance di Internet va dunque fatta a livello nazionale”. “Non è un caso che ci sia il modello brasialiano: c’è la barriera linguistica. L’Italia è molto simile al Brasile da questo punto di vista. Un conto è una nazione che parla inglese, un’altra è una nazione che parli una lingua non accessibile a livello globale. La domanda allora è: qual è la comunità di riferimento nella rete? Ma è davvero una comunità sempre mondiale? Il tema delle piccole comunità è centrale, e anche occuparsi di esse è governance, perché ci sono i temi della privacy, delle fragilità, della proprietà intellettuale, della libertà di informazione: si giocano tutti all’interno di un ethos che è radicato nelle comunità di riferimento. Allora ben venga quel modello brasialiano”. I modelli italiani – “Noi in Italia nel nostro piccolo abbiamo quattro piccoli precedenti di comitati”, ha spiegato il Prof. Gambino. “Il più significativo è l’unico di un comitato legale, quello del diritto d’autore, istituito dall’articolo 190 della legge del 1941, che tuttavia non vedeva neanche la presenza del delegato delle telecomunicazioni, semplicemente perché allora la tv non esisteva, e che oggi continua ad avere funzioni consultive, diciamo di suggerimento al ministro dei Beni Culturali, pur con una struttura che potremmo definire desueta e arcaica, perché mancano non solo i consumatori, ma anche molti player”. “Un secondo modello è quello delle authorities indipendenti. Penso al buon lavoro fatto dall’Agcom con il Comitato per lo sviluppo e la tutela dell’offerta legale di opere digitali, nel quale c’è una vera presenza multistakeholder con le associaizoni dei consumatori oltre che, e questo è quello che secondo me manca nel modello brasiliano, della cultura, del patrimonio artistico e culturale che è insetimabile in Italia. Noi dobbiamo capire che la governance parte dai contenuti, non solo dalle modalità di esercizio del governo della rete o della partecipazione al disegno delle regole. Cerchiamo di valorizzare quegli aspetti contenutistici che fanno diventare la nostra realtà un’oasi di grande richiamo, perché se qualcuno si vuole imbattere e addirittura studiare l’italiano è per conoscere quella cultura e quel patrimonio artistico unico al mondo”. “C’è un modello che non ha mai visto la luce, il terzo, il Consiglio per le comunicazioni audiovisive. Un tentativo che fece la senatrice Tana De Zulueta, che provò ad immaginare la presenza dei territori, delle comunità locali, dei sindacati, ma anche delle imprese, del terzo settore, della parte degli autori dei contenuti culturali, della ricerca e dell’università. Ripeto, non ha mai visto la luce, ma è un modello che almeno culturalmente potrebbe essere un punto di riferimento, anche grazie alla sua elasticità che ben si adatterebbe alla rete”. “Poi ce n’è uno che ha attraversato i nostri decenni prima ancora che nascessero le autorities legate alla concorrenza e al mercato: l’Istituto dell’autodisciplina pubblicitaria. Anche quello era un primo tavolo in assenza di una legge che disciplinasse l’informazione commerciale e la pubblicità ingannevole, che è stata poi legiferata nel 1992, due anni dpo l’avvento dell’Antitrust in Italia. Fino ad allora le regole erano stabilite con un codice di autoregolamentazione che è ancora valido e rilevante”. “Questi – ha proseguito Gambino – sono dei modellini che probabilmente, prendendo un po’ dall’uno e un po’ dall’altro, riescono a far emergere la peculiarità italiana che appunto è quella dei contenuti. Certo sarebbe importante che si desse avvio subito a questo processo perché come diceva Chehadè chi ha la governance in mano è ovviamente chi oggi anche governa, almeno a livello di impulso; un impulso che non può che arrivare dall’autorità pubblica, è difficilissimo ci si possa auto-organizzare. E allora il mio suggerimento è quello di cercare di prendere il meglio di quello che esiste, immaginare un meccanismo di totale rotazione all’interno di questo comitato, evitare cioè che si sclerotizzino al suo interno delle rappresentanze, come succede in altri comitati dove siedono sempre gli stessi soggetti, perché in quel caso non sarebbe più un modello aperto. Per certi versi anche un meccanismo dell’estrazione all’interno di un numero ampio di rappresentanza ed individuare di volta in volta chi va a rappresentare una federazione piuttosto che un’azienda”. Bill of rights – “Effettivamente – ha sottolineato il Prof. Gambino rifacendosi anche all’intervento del Sottosegretario Antonello Giacomelli – oggi ci troviamo in una situazione dove quella gerarchia delle fonti evocata dal Sottosegretario ci consente di poter lavorare senza delle barriere particolari. Io nella gerarchia delle fonti ci metterei anche il lavoro della Commissione Rodotà, perché nella Dichiarazione dei diritti in Internet secondo me ci sono i criteri per costruire questo comitato. Nell’articolo 14 ci sono espressioni come le opportunità offerte da forme di autoregolamentazione che richiama il concetto del quello che già esiste prendetelo, raccoglietelo. Un secondo passaggio è necessità di salvaguardare la capacità di innovazione, e quindi ci deve essere una forte compresenza all’interno di questo ipotetico comitato di soggetti innovatori, che sviluppano idee e hanno evidentemente il governo tencologico di parte della rete”. “Ancora, la molteplicità dei soggetti che operano in rete, e quindi non sono soltanto i tecnologici, ma anche la parte commerciale e quella culturale, e poi un passaggio come con il coinvolgimento in forme che garantiscano la partecipazione diffusa di tutti gli interessati. Sottolineo la parola interessati, espressione che secondo me è molto chiara perché significa tutti i cittadini sono interessati, e allora entrano anche quelle categorie che sono sotto-rappresentate. Perché i soggetti interessati sono anche quelli che stanno fuori dalla rete, che oggi non la utilizzano molto o la utilizzano solo in poche modalità, ma sono cittadini allo stesso livello degli altri. Evitiamo di fare l’errore che si faceva agli albori della rete dove si diceva con il magistrato viruale si creerà una giustizia con delle regole proprie, ma poi abbiamo scoperto che quella alfabetizzazione, che poi è diventata alfabetizzazione giuridica, era necessaria per consentire l’entrata nel governo della rete anche dei soggetti che al momento ne sono fuori e che vogliono rimanere fuori dalla rete. Anche loro hanno lo stesso diritto di cittadinanza”. Giacomelli – L’approccio multistakeholder risuona in maniera netta anche nelle parole del Sottosegretario Antonello Giacomelli: “Il futuro di Internet così come lo conosciamo non è una realtà acquisita una volta per sempre, anzi, molti sono i rischi e le domande. Noi siamo convinti che occorra tutelare le potenzialità di sviluppo della rete attraverso una continua capacità di elaborare risposte. A mio avviso tre sono i punti che voglio ribadire: il primo, per noi fondamentale, è che occorre promuvere e favorire in ogni modo e determinazione un dialogo fra Europa e Stati Uniti. Secondo punto: occorre una nuova governance che preveda una transizione di ICANN e del suo ruolo, e tuttavia nessuna governance può prescindere dal ruolo centrale di ICANN. Infine occorre favorire un nuovo modello di governance responsabile ed aperto in ognuna delle realtà nazionali e in particolare nella dimensione europea”. “Il modello che ha preso vita in Brasile è un punto di riferimento importante, ma per declinare nei Paesi europei c’è bisogno di un lavoro importante di affinamento, e noi crediamo sia questo un altro punto essenziale che porti a favorire, tutelare proteggere la dimensione centrale della rete. Obiettivo è quello di far nascere una costituente italiana per un modello di governance multistakeholder per affrontare qui, nella nostra dimensione nazionale e consapevoli della sua limitatezza, un modello che riesca a dare sostanza al principio e all’idea a cui tutti ci richiamiamo, quella della corresponsabilità nel governo della rete, che chiama in causa studiosi, cittadini, soggetti pubblici, chi fa business, istituzioni. Non passerà un anno prima che questa esperienza abbia avvio. Impresa difficile, ma evidenziare solo le difficoltà non può esaurire il nostro ruolo; dobbiamo invece costruire passi in avanti che ci portano ad immaginare una nuova ICANN, una nuova rete e una dimensione capace di tener conto di tutte quelle esigenze che siamo in grado di evidenziare”. Chehadè – Da parte sua, il Presidente di ICANN Fadi Chehadè ha affermato che “bisogna creare una piattaforma di lavoro che aiuti tutti a fare la loro parte, e oggi questa piattaforma in Italia manca. Dopo la decisione presa nel marzo scorso dagli Stati Uniti in merito alla guida di ICANN bisogna sviluppare un modello tutti insieme, ma ad alcune condizioni: gli Usa lasciano il loro ruolo unico ma non siano rimpiazzati da un altro governo o dalle Nazioni Unite, che l’ICANN resti indipendente da controllo di governi o aziende. La seconda rischiesta del governo americano è che il processo di transizione deve essere deciso in maniera inclusiva e aperta; il ruolo dell’UE e dell’Italia in questo senso è molto importante, il governo italiano è molto impegnato ma il resto dell’Italia, e parlo di aziende, società civile, accademici, tecnici, non è ancora molto presente”. “Se guardiamo oltre l’evoluzione di ICANN, la speranza è che resterà una organizzazione indipendente e al servizio del mondo; ma poi serve fare la governance in tutti gli altri aspetti, ed è importante individuare piattaforme per l’elaborazione di questo percorso, che inizia a livello nazionale, come è stato fatto in Brasile già 19 anni anni fa. E invito l’Italia a fare un comitato italiano dove ci sono rappresentanti di governo a diversi livelli e che diventi il punto di collegamento con tutti gli altri organi mondiali impegnati su questo versante. Se non avessimo avuto la presidenza italiana in Europa avremmo rischiato di vedere l’Ue andare nella direzione opposta alla quale sta andando il mondo: il modello multistakeholder. Anche la Cina lo ha adottato. Internet non deve essere governata come una fortezza, ma come un’oasi”.
15 aprile 2015