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Jobs Act, Prof. Testa: “Ridotto spazio del divieto controllo a distanza”. Prof. Fazzini: “Flessibilità in uscita può aiutare i giovani”

Felice Testa

Felice Testa“A mio avviso la nuova norma riduce lo spazio del divieto di controllo a distanza, soprattutto perché non si riproduce il primo comma della norma originaria contenente un esplicito divieto sull’uso di impianti audiovisivi e apparecchiature per finalità di controllo”.

Così il Professor Felice Testa, Docente di Diritto del Lavoro presso l’Università Europea di Roma, intervenendo a Radio Radicale nel corso della puntata di domenica 27 settembre di Presi per il web, durante la quale è stata analizzata la nuova formulazione dell’articolo 4 dello Statuto dei Lavoratori (legge 20 maggio 1970) così come ridisegnato, tra le polemiche, dall’articolo 23 del decreto 14 settembre 2015, n. 151Disposizioni di razionalizzazione e semplificazione delle procedure e degli adempimenti a carico di cittadini e imprese e altre disposizioni in materia di rapporto di lavoro e pari opportunità“.

Nel testo approvato dal Governo e pubblicato in Gazzetta ufficiale la scorsa settimana si legge: “Gli impianti audiovisivi e gli altri strumenti dai quali derivi anche la possibilità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori possono essere impiegati esclusivamente per esigenze organizzative e produttive, per la sicurezza del lavoro e per la tutela del patrimonio aziendale e possono essere installati previo accordo collettivo stipulato dalla rappresentanza sindacale unitaria o dalle rappresentanze sindacali aziendali. In alternativa, nel caso di imprese con unità produttive ubicate in diverse province della stessa regione ovvero in più regioni, tale accordo può essere stipulato dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale. In mancanza di accordo gli impianti e gli strumenti di cui al periodo precedente possono essere installati previa autorizzazione della Direzione territoriale del lavoro o, in alternativa, nel caso di imprese con unità produttive dislocate negli ambiti di competenza di più Direzioni territoriali del lavoro, del Ministero del lavoro e delle politiche sociali”. Tali disposizioni, e si arriva al passaggio oggetto delle contestazioni, non si applicano “agli strumenti utilizzati dal lavoratore per rendere la prestazione lavorativa e agli strumenti di registrazione degli accessi e delle presenze”. Le informazioni raccolte all’interno di questa cornice normativa “sono utilizzabili a tutti i fini connessi al rapporto di lavoro a condizione che sia data al lavoratore adeguata informazione delle modalità d’uso degli strumenti e di effettuazione dei controlli e nel rispetto di quanto disposto” dal Codice in materia di protezione dei dati personali.

“L’articolo 4 – ha spiegato Testa – è una norma che in breve sostanza si pone a presidio del bilanciamento fra la possibilità del datore di lavoro di controllare la prestazione lavorativa del lavoratore e l’interesse del lavoratore a mantenere intonsa quella dignità che potenzialmente il controllo, soprattutto a distanza, potrebbe minare. Sulla nuova formulazione bisogna vedere come usare presente e imperfetto rispetto a questa affermazione. Il legislatore è sempre stato sufficientemente oculato nell’utilizzare espressioni nei testi di legge che lasciavano e lasciano spazio a comprendere nell’oggetto della tutela non solo quelle che all’epoca erano gli impianti audiovisivi ma anche gli strumenti più moderni come la geolocalizzazione o Internet e posta elettronica, che sono sono la punta dell’iceberg su quali e quanto massive possano essere le modalità di controllo dei lavoratori”.

“La nuova norma si presta, del resto come si prestava quella originaria – ha proseguito – ad accrescere la polarizzazione degli interessi che ruotano intorno al rapporto di lavoro, primariamente di datore di lavoro e lavoratore, soprattutto quando qualcuno ancora vuol vedere quella polarizzazione intorno ad una pretesa necessaria contrapposizioni tra le parti, che forse è un modo un po’ antico di guardare al rapporto di lavoro. Ci stiamo interrogando poi se sia sparito il divieto di controllo a distanza di cui al primo comma della vecchia formulazione; ecco, quel esclusivamente ora introdotto a mio avviso non equivale a dire che è mantenuta la stessa identica portata del divieto che il vecchio primo comma del vecchio articolo 4 contemplava. Il fatto che venga aggiunta la tutela del patrimonio aziendale tra quegli usi esclusivi riapre un dibattito che sembrava andarsi sopendo dopo che una sentenza della Cassazione aveva escluso la possibilità di dare rilevanza ai fini di svolgimento del rapporto di lavoro di quei cosiddetti controlli difensivi”.

“In sostanza – ha aggiunto Testa – si diluisce un riferimento chiaro come era il divieto del vecchio primo comma in nuove formulazioni, alle quali si aggiunge il fatto che tali limitazioni non si applicano agli strumenti che vengono utilizzati dal lavoratore per rendere la prestazione lavorativa, e che comunque le informazioni che dovessero venir raccolte possono essere utilizzate a tutti i fini, incluso quello disciplinare e valutativo della prestazione. Eliminando quel divieto, e facendo riferimento alla fine della norma al rispetto della normativa sulla privacy, emerge nello studioso del diritto la preoccupazione in merito ad una tecnica legislativa che non consiste nell’individuare nella norma i limiti ma rinviare l’individuazione di questi limiti a quella che è stata finora una prassi amministrativa e all’esperienza sindacale. È questo forse un dismettere l’impegno e la responsabilizzazione della scelta politica con l’affidamento ad una Autorità garante o a soggetti più o meno istituzionali che forse quella scelta politica non la vivono con lo stesso senso di responsabilizzazione che dovrebbe essere prerogativa dei parlamentari”.

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Prof. Fazzini - Rai1Sulla riforma introdotta dal Governo, ma da una prospettiva diversa, è intervenuto nei giorni scorsi anche Professor Marco Fazzini, Ordinario di Economia Aziendale presso l’Università Europea di Roma, nell’edizione di sabato 26 settembre di “Settegiorni” (Rai1Rai Parlamento). Fazzini ha dichiarato che”Si può sicuramente parlare di effetto Jobs Act. La previsione di una maggiore flessibilità in uscita può aiutare i giovani ad entrare nel mondo del lavoro. I numeri dell’Istat ci indicano che a beneficiare in questo senso delle nuove norme al momento sono gli ultra-cinquantenni, ma finito questo ciclo auspicabilmente toccherà alle fasce d’età più basse. Ma una riforma del lavoro non si può decontestualizzare dalla cornice macro-economica nella quale si inserisce; quando in Italia si presenteranno le condizioni per una effettiva ripresa – ha concluso Fazzini – sono sicuro che il Jobs Act esprimerà a pieno le sue potenzialità”.

28 settembre 2015

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