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“La tecnologia al servizio del cittadino fragile”. Intervista a due voci ai curatori dell’evento: il Prof. Stefano Troiano ed il Prof. Mauro Tescaro.

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In occasione dell’evento La tecnologia al servizio del cittadino fragile”  che si terrà in data 28 aprile 2021, la Redazione di DIMT ha intervistato il Prof. Stefano Troiano ed il Prof. Mauro Tescaro, i quali hanno curato l’organizzazione del convegno.

 

Stefano Troiano è Professore Ordinario di Diritto privato nell’Università di Verona dal 2006, nella quale è attualmente titolare degli insegnamenti di Istituzioni di diritto privato, Diritto civile I e II, Diritto privato europeo, Diritto della pubblicità immobiliare e Diritto privato. Attualmente Direttore del Dipartimento di Scienze Giuridiche dell’Università di Verona.

Prof. Stefano Troiano

 

Mauro Tescaro si occupa di diritto privato in genere, nello specifico: diritto delle persone, diritto delle successioni, le obbligazioni e i contratti, la responsabilità civile, la tutela dei diritti, nonché il diritto privato europeo. Attualmente Professore associato di Diritto Privato presso l’Università degli Studi di Verona, nel Dipartimento di Scienze Giuridiche.

Prof. Mauro Tescaro

 

In quale contesto si inserisce l’evento “La tecnologia al servizio del cittadino fragile” ed a quali esigenze risponde? Quale definizione possiamo dare di “cittadino fragile”?

L’evento nasce dalle attività di due team di ricerca entrambi rientranti nell’ambito del Progetto di Eccellenza, finanziato dal Miur per il quinquennio 2018-2022, del Dipartimento di Scienze Giuridiche dell’Università di Verona “Diritto, Cambiamenti e Tecnologie”, segnatamente il team “Invecchiamento della popolazione e passaggi generazionali” e il team “Informazione e dati nella società globale dell’informazione tecnologica: diritti, responsabilità e tutele – D.I.G.I.T.S.”. Nell’ambito dei citati team di ricerca è emerso come centrale il tema della fragilità o vulnerabilità digitale, con particolare riguardo ai problemi posti dal processo di graduale invecchiamento della popolazione quale costante che connota in forma pressoché inarrestabile la gran parte delle società occidentali. Nello specifico, la velocità con cui questo processo demografico va approfondendosi muove di pari passo con la diffusione rapida e altrettanto inesorabile delle tecnologie digitali che, con la loro intrinseca carica di novità, unita alla rapidissima obsolescenza, hanno l’effetto di accentuare esponenzialmente il naturale senso di disorientamento e spiazzamento che da sempre colpisce la popolazione anziana di fronte ai cambiamenti sociali che si susseguono nel tempo. Di qui la necessità di ripensare, o approntare ex novo, strumenti giuridici che siano idonei a governare e ad accompagnare l’intreccio di questi due fenomeni sociali concomitanti.

L’evento si inserisce altresì nell’ambito della collaborazione istauratasi da vari anni e su più fronti tra Università di Verona e Tribunale di Vicenza, nell’ambito di una Convenzione intitolata “Tribunale e Università: insieme a servizio del territorio”. Con tale Convenzione le parti si sono tra l’altro impegnate a organizzare, su temi di comune interesse come è appunto quello della fragilità digitale, specifici momenti di formazione e iniziative culturali aperte agli studenti, agli attori economici e istituzionali e più in generale alla collettività.

Venendo alla figura a cui l’evento è dedicato, il “cittadino fragile”, la premessa è che si tratta di un concetto di non agevole definizione e che sfugge ad una classificazione nelle categorie giuridiche offerte dal diritto positivo, innanzi tutto in quanto la stessa disciplina codicistica non impiega questa terminologia. Ciò nonostante, in dottrina si tende sempre più di frequente a ragionare di cittadini o di persone “fragili” e/o “vulnerabili” e anche la giurisprudenza sembra essersi senz’altro conformata alla nuova terminologia (si veda, da ultimo, Cass., ord. 31 dicembre 2020, n. 29981, in tema di amministrazione di sostegno). Si tratta dunque di una nuova categoria, i cui contorni sono ancora in fase di precisazione per non dire intrinsecamente indefiniti, che si riferisce innanzi tutto all’ambito dell’incapacità, incluse quelle specificamente regolate dal codice, ma che si estende senz’altro anche oltre quest’ambito, abbracciando un ampio novero di fattispecie, non catalogabili a priori in modo esaustivo, in cui una persona in difficoltà può ricevere influenze dannose di varia natura, anche in seguito al condizionamento degli strumenti digitali o a causa delle insidie connesse al non agevole adeguamento al progresso tecnologico. Vengono in considerazione, in quest’ambito, soprattutto le persone anziane, i soggetti affetti da disabilità o altre patologie invalidanti, ma anche soggetti appartenenti ad altre particolari categorie a rischio (a titolo puramente esemplificativo, appartenenti a minoranze, persone sole, stranieri non residenti, migranti in transito, ecc.).

 

Qual è, a Vostro avviso, il supporto che può dare la tecnologia nella tutela del cittadino fragile?

La rivoluzione digitale presenta indubbie esternalità negative, ponendosi dunque innanzi tutto il problema della protezione del cittadino fragile dalle insidie del mondo digitale e specialmente dell’ambiente on line. D’altra parte, però, occorre riconoscere e valorizzare le potenzialità positive delle nuove tecnologie, le quali, ove tagliate su misura per il cittadino fragile e da questi adeguatamente recepite, anche con l’opportuna educazione, possono costituire un utile strumento per migliorarne la qualità della vita e l’inserimento nella società, in un’ottica dunque di promozione e potenziamento per via digitale delle capacità della persona, e di concreto ausilio al superamento o alla attenuazione, in definitiva, delle fragilità.

Basti pensare alle innovative modalità digitali già prima della pandemia sperimentate con successo in alcuni uffici giudiziari, per esempio la videoconferenza per l’audizione a distanza del beneficiario di amministrazione che si trovi in precarie condizioni di salute, al fine di evitare allo stesso le fatiche e le sofferenze che gli deriverebbero da un trasporto in tribunale per incontrarsi di persona con il giudice tutelare (per maggiori dettagli al riguardo, si rinvia ad A. Rizzo, Il punto di vista del Tribunale di Vicenza, in L’amministrazione di sostegno: il modello vicentino, a cura di A. Rizzo, M. Tescaro e S. Troiano, Napoli, 2018).

Il tema del migliore utilizzo della tecnologia nei tribunali anche a servizio dei cittadini fragili si collega inoltre alla assai più generale e controversa questione della “aziendalizzazione” della giustizia, che meriterebbe di essere attentamene considerata, perlomeno ove l’obiettivo fosse non mutare la natura dell’attività svolta dal singolo giudice ma semplicemente elaborare e adottare alcune innovative modalità organizzative, anche digitali, idonee a favorire una maggiore efficienza degli uffici giudiziari (per alcuni spunti al riguardo, si veda il volume da ultimo promosso dall’Università di Verona e dal Tribunale di Vicenza Le sfide future per la giustizia. La giustizia come azienda?, a cura di F. Brunetti, A. Rizzo e M. Tescaro, Roma, 2020).

 

 

Di fronte all’invecchiamento della popolazione, lo sviluppo digitale e le intelligenze artificiali possono offrire protezione per le persone prive di autonomia? In che misura e con quali strumenti?

Il ripensamento, o l’approntamento ex novo, di strumenti giuridici idonei a fare fronte al problema della fragilità o vulnerabilità digitale dell’anziano dovrebbe avvenire in una prospettiva che sappia cogliere tanto le specifiche esternalità negative della rivoluzione digitale quanto le potenzialità positive delle nuove tecnologie.

Sotto il primo profilo, vi sono numerosi strumenti giuridici, dal codice civile al diritto dei consumi, di cui occorrerebbe mettere alla prova la rispondenza e, se del caso, l’adattabilità in via interpretativa alle peculiarità che connotano la specifica fragilità digitale dell’anziano (non del tutto riducibile – anche se talora sovrapponibile – alle altre forme di fragilità generali o speciali – innanzitutto, quella del consumatore – che la realtà ci consegna), per poi verificare la possibilità di elaborare, eventualmente in prospettiva di riforma, strumenti di tutela innovativi. Si pensi per esempio al tema del consenso al trattamento dei dati personali, quale sede naturale di esplicazione dell’autonomia dell’anziano che si muove on line, e rispetto al quale può suscitare qualche perplessità l’assenza, nel regolamento generale europeo di protezione dei dati personali, di una disciplina protettiva apposita per l’anziano (a fronte, invece, di una specifica – ancorché certamente insufficiente – considerazione della posizione del minore), che tenga conto della menzionata fragilità “digitale” che lo caratterizza (e che non va però confusa con una generalizzata incapacità indotta dall’anzianità).

Sotto il secondo profilo, vengono in rilievo innanzi tutto gli istituti di protezione istituzionalizzata delle persone anziane, soprattutto (ma non solo) l’amministrazione di sostegno, i quali ben possono trovare beneficio, soprattutto in una dimensione di concreta applicazione nella prassi, in un governato impiego delle tecnologie digitali quale mezzo per garantirne la piena conformità alle esigenze dell’anziano che di essi risultasse beneficiario, come abbiamo già accennato con riguardo alle innovative modalità digitali da tempo adottate in alcuni uffici giudiziari.

Con riguardo a quest’ultima linea di indagine, emerge più in generale l’opportunità di sottoporre a rigoroso esame critico lo stesso orientamento, molto diffuso ma di dubbia fondatezza, che, sulla base di varie argomentazioni tra le quali l’antico detto senectus ipsa morbus (peraltro recitato nel Phormio di Terenzio con un significato tra il comico e l’ironico, come brillantemente rammentato da C.M. Bianca, in Rass. dir. civ., 1998, p. 241 ss.), sembra voler sancire una sorta di inevitabile decadenza senile della persona, e per questa via considerare la vecchiaia in quanto tale (almeno quando venga in rilievo la c.d. quarta età) causa pressoché automatica di protezione istituzionalizzata. Ciò in quanto, come si è detto, la vulnerabilità dell’anziano non è un dato connaturato all’età, ma sorge e si approfondisce, anche con gradi diversi di intensità, in relazione agli specifici contesti digitali in cui si trova a operare. Si tratta dunque, piuttosto, di indagare se ed entro quali limiti altri strumenti non istituzionalizzati (riconducibili cioè all’autonomia privata) possano a loro volta fornire una adeguata se non migliore tutela, se del caso anche e proprio attraverso un sapiente ricorso a modalità innovative e mirate di digitalizzazione che siano in grado di affiancare e potenziare la capacità del soggetto agente fragile, al tempo stesso trattando l’anziano (con la sua piena libertà di autodeterminazione da salvaguardare il più ampiamente e il più a lungo possibile) non come una sorta di problema da risolvere, ma come una risorsa fondamentale per la società.

 

 

Rimandiamo per approfondimenti al link del convegno:

La tecnologia al servizio del cittadino fragile” 

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