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Servizio universale, la Corte di Giustizia Europea sanziona il Portogallo per 3 milioni di euro

La misura nei confronti del Paese lusitano arriva per la mancata esecuzione di una sentenza per inadempimento emessa nel 2010 La Corte di Giustizia Europea ha condannato il Portogallo al pagamento di una somma forfettaria di 3 milioni di euro e a una penalità di 10mila euro per ogni giorno di ritardo per non aver dato esecuzione ad una sentenza per inadempimento emessa dalla stessa Corte nel 2010 in materia di servizio universale. La società Portugal Telecom (PTC) è il maggiore operatore di telecomunicazioni in Portogallo, presente anche in numerosi altri paesi, soprattutto nei paesi lusofoni (infatti gestisce in Brasile la rete mobile più importante dell’emisfero australe). Nel 1995 la PTC ha ottenuto dal governo portoghese la gestione economica esclusiva del servizio pubblico delle telecomunicazioni. In linea di principio, la gestione le è stata concessa fino alla liberalizzazione dell’attività conformemente al diritto dell’Unione. La Direttiva Servizio Universale (Direttiva 2002/22/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 marzo 2002, relativa al servizio universale e ai diritti degli utenti in materia di reti e di servizi di comunicazione elettronica – GU L 108, pag. 51) prevede che ogni Stato membro debba designare i fornitori del servizio universale, nel rispetto dei principi di obiettività, trasparenza, non discriminazione e proporzionalità. Tale direttiva doveva essere recepita dagli Stati membri entro il 24 luglio 2003. La vicenda Nel 2005 la Commissione ha avviato contro il Portogallo un procedimento precontenzioso poiché la PTC, dopo il 2003, aveva continuato a fornire il servizio universale a titolo esclusivo e la sua designazione non era stata effettuata secondo la procedura prevista dalla direttiva. Nel 2009 la Commissione ha proposto contro il Portogallo un ricorso per inadempimento dinanzi alla Corte di giustizia. La Corte, con sentenza del 7 ottobre 2010, ha dichiarato che, per quanto riguarda la designazione del fornitore del servizio universale, il Portogallo non aveva correttamente recepito le disposizioni della direttiva né garantito l’applicazione pratica di tali disposizioni. Dopo aver ingiunto al Portogallo di conformarsi entro il 7 giugno 2011 agli obblighi derivanti dalla sentenza del 2010, la Commissione, considerando che la sentenza non era ancora stata eseguita, aveva deciso di proporre nel 2013 un nuovo ricorso per inadempimento. La Commissione, sostanzialmente, riteneva che il contratto di concessione concluso con la PTC fosse ancora in vigore e che le imprese incaricate di fornire il servizio universale non fossero ancora state designate mediante un procedimento conforme al diritto dell’Unione. Al riguardo, la Commissione aveva sottolineato che il Portogallo ha avviato la procedura di gara per la selezione dei fornitori del servizio universale solo nel mese di ottobre del 2012, mentre la nuova legislazione diretta ad abrogare la normativa contraria al diritto dell’Unione entrerà in vigore solamente il 1° giugno 2014. Inoltre, la risoluzione del contratto di concessione concluso con la PTC non è prevista prima del 2025. La Commissione aveva chiesto così che il Portogallo fosse condannato a pagare una penalità di 43.500 euro per ogni giorno di ritardo nell’esecuzione della sentenza del 2010 nonché una somma forfettaria di 5mila euro per ogni giorno trascorso tra la data di pronuncia della sentenza del 2010 e la data in cui il Portogallo si sarebbe conformato alla stessa ovvero la data in cui la Corte avesse emesso la sentenza nel nuovo procedimento per inadempimento, cioè il pronunciamento arrivato oggi. La sentenza Nella sentenza odierna, la Corte afferma che il Portogallo non ha adottato le misure che comporta l’esecuzione della sentenza del 2010. La Corte, infatti, rileva che, alla data del 7 giugno 2011, il contratto di concessione concluso con la PTC era ancora in vigore e che la normativa diretta ad abrogare le disposizioni contrarie al diritto dell’Unione entrerà in vigore solamente il 1° giugno 2014. D’altra parte, la Corte dichiara che, al 7 giugno 2011, il Portogallo non aveva designato, mediante un procedimento conforme alla direttiva, le imprese incaricate di fornire il servizio universale. Tenuto conto delle circostanze del caso di specie, la Corte ritiene giustificato condannare il Portogallo al pagamento di una somma forfettaria e di una penalità. Quanto alla somma forfettaria, la Corte rileva che la mancata esecuzione della sentenza del 2010 ha pregiudicato interessi privati e pubblici. Essa sottolinea, inoltre, che il contratto di concessione che attribuisce alla PTC la fornitura del servizio universale fino al 2025 è stato approvato il 17 febbraio 2003 successivamente all’entrata in vigore della direttiva e che gli Stati membri erano tenuti a recepire tale direttiva entro e non oltre il 24 luglio 2003. La Corte afferma che detti elementi sono tali da richiedere l’adozione di una misura dissuasiva come la condanna al pagamento di una somma forfettaria. La Corte osserva poi che la durata dell’infrazione (vale a dire quasi tre anni e mezzo, di cui ventotto mesi di ritardo nell’esecuzione della sentenza) è eccessiva. Essa considera inoltre che si tratta di un’infrazione grave, e questo per due motivi:

  1. il mancato recepimento ha ostacolato il buon funzionamento del mercato interno;
  2. la mancata esecuzione della sentenza del 2010 ha avuto conseguenze negative su interessi sia privati (vale a dire quelli delle imprese eventualmente interessate alla fornitura del servizio universale) sia pubblici (ossia quelli degli utenti finali).

  La Corte sottolinea che occorre tuttavia tener conto del fatto che, per quanto concerne la designazione delle imprese incaricate di fornire il servizio universale, nel mese di ottobre del 2012 sono state avviate procedure conformi di gara. La Corte rileva che i nuovi contratti che designano tali imprese e l’abrogazione definitiva della normativa che autorizza il mantenimento del contratto di esclusiva della PTC produrranno effetti il 1° giugno 2014. Infine, la Corte sottolinea che la capacità contributiva del Portogallo è diminuita nel contesto della crisi economica. La Corte considera peraltro che il pagamento di una penalità costituisce un mezzo finanziario adeguato a garantire l’esecuzione completa della citata sentenza. Essa ritiene tuttavia che l’imposizione della somma proposta dalla Commissione non sia proporzionata, perché non tiene debitamente conto del fatto che il Portogallo ha attuato le misure necessarie per adempiere ad una parte rilevante dei suoi obblighi. Alla luce di detti elementi, la Corte stabilisce che è proporzionato condannare il Portogallo al pagamento di una somma forfettaria di 3 milioni di euro e di una penalità pari a 10mila euro per ogni giorno di ritardo nell’attuazione delle misure necessarie per l’esecuzione della sentenza del 2010. 25 giugno 2014

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