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Sui diritti di proprietà l’Italia arranca
Un alto livello di protezione dei diritti di proprietà coincide con un Pil migliore, ma l’Italia è solo al trentesimo posto della classifica mondiale. Sono due delle conclusioni alle quali arriva la settima edizione del rapporto International Property Rights Index (IPRI) coordinato dalla Property Rights Alliance (PRA) e “autografato” da Francesco Di Lorenzo. L’edizione 2013 misura il rispetto e i fattori che influenzano le tre componenti del sistema dei diritti di proprietà, cioè l’ambiente politico e legale, i diritti di proprietà fisica e la tutela della proprietà intellettuale.
Come è facile immaginare, gli indici generali disegnano una frattura tra le nazioni più ricche e il “sud del mondo”. Se il Nord America e l’area ovest dell’Europa vedono rispettivamente un punteggio di 7,8 e 7,49, l’Africa resta sul fondo della classifica con un punteggio medio di 4,66.
Tra le nazioni a primeggiare è la Finlandia, seguita da Stati Uniti, Regno Unito, Svizzera, Olanda e Giappone. Bisogna invece scorrere parecchio al classifica per arrivare all’Italia. Fermo come lo scorso anno su una valutazione complessiva di 6,1 (calata dello 0,8% dal 2009 ad oggi), il nostro Paese non va oltre il trentesimo posto nel mondo e il sedicesimo su 19 Paesi della sua regione continentale.
La mancanza di un adeguato sistema di diritti di proprietà sembra essere anche una delle ragioni alla base di grandi movimenti politici come quella della Primavera Araba in Tunisia; o, almeno, è questo quello che emerge dagli studi effettuati sul Paese magrebino dal team di ricerca condotto da Hernando de Soto, che ha concentrato la sua attenzione anche su casi di studio come Venezuela, Cina e Tailandia. “Le ricerche su questi Paesi – è il commento di Lorenzo Montanari, direttore esecutivo della PRA – dimostrano come nazioni diverse siano affette dalla mancanza di un trasparente sistema di tutele per i diritti di proprietà, e che la contraffazione e la pirateria, insieme ad un insufficiente sistema di registrazione nazionale, sono i più comuni problemi che affliggono le economie in via di sviluppo. Lo studio – prosegue Montanari – fotografa il ruolo chiave giocato dai diritti di proprietà non solo nel mantenere un sistema economico equo e trasparente, ma anche nel rappresentare la spina dorsale di ogni economia di libero mercato”.