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Startup, gli esempi di successo di un’Europa che sa innovare e attirare capitali

Da un lato la Silicon Valley, dall’altro i mercati digitali asiatici in rapida espansione. L’Europa sembra schiacciata tra due realtà che viaggiano sull’alta velocità di uno sviluppo a base di tecnologia e startup. Sembra, appunto, perché i casi di successo e i numeri raccontano di un Continente che, per quanto invaso dai colossi d’oltreoceano, può mostrare orgoglioso innovative iniziative imprenditoriali in grado di attirare capitali da ogni parte del globo. Una tendenza che Niklas Zennstrom, l’imprenditore svedese fondatore di Skype, aveva già intuito qualche anno fa, quando dichiarava che un tempo “si preparavano le valigie e si comprava un biglietto di sola andata per la California. Oggi non è più necessario”. Nel novembre scorso il commissario europeo per il Mercato unico digitale, Andrus Ansip, ha così potuto sottolineare che “l’Europa è piena di spirito imprenditoriale. Lo dimostra il fatto che il Vecchio Continente abbia dato vita a 30 start­up tecnologiche dal valore di un miliardo di dollari dall’inizio del millennio”. Numeri in linea con gli Stati Uniti; stando ad uno studio condotto da GP Bullhound, dal 2000 ad oggi negli USA il numero di startup che ha raggiunto quella quotazione è 39. Nella prima metà del 2014 ci sono state molte più inaugurazioni di start­up di quante ce ne siano state in tutto il 2011 e il 2012 combinati, con eccellenze che si arricchiscono anche la nuova frontiera dei mercati tecnologici, quella mobile.  Le prime ​due app iOS per incassi, nel 2014, sono state infatti realizzate da sviluppatori europei: Clash of Clans dello sviluppatore finlandese Supercell e Candy Crush, dalla società britannica King. La ​Commissione Europea​ nel dicembre 2014 ha evidenziato che “28 aziende leader europee hanno creato il 40% delle top 100 app sia nell’UE che negli Stati Uniti. Tre delle prime cinque aziende sono sviluppatori di giochi del nord Europa, mentre gli sviluppatori di app del Regno Unito, tedeschi, francesi e spagnoli stanno riscuotendo successo anche al di fuori dei loro mercati d’origine.” Ancora, Shazam, il popolare servizio di riconoscimento musicale con sede nel Regno Unito, ha appena chiuso un investimento da 30 milioni di dollari, portando la sua valutazione a più di un miliardo di dollari. La sua applicazione ha più di 100 milioni di utenti mensili attivi. E poi, il successo della svedese Spotify, quello della berlinese SoundCloud, la crescita della spagnola SocialPoint, i cui guadagni sono aumentati oltre il 1000% dal 2012, attirando più di 38 milioni di euro in finanziamenti. Le più interessanti realtà europee non sfuggono infatti ai radar dei venture capitalist; David Drummond, SVP di Google Corporate Development, nel luglio dello scorso anno dipingeva un quadro in cui “guardando in giro per il mondo, ci rendiamo conto che gli ecosistemi tecnologici sono sempre più grandi e importanti. In nessun luogo questo più vero che in Europa. Ogni capitale europea che visito, trovo questi cluster di start­up. È ovvio che da questi ecosistemi potranno uscire delle grandi aziende”. Come scriveva un anno fa il Financial Times, “molti dei fondi di venture capital della California hanno provato ad arricchire il proprio portafoglio, cercando anche dall’altra parte dell’Atlantico, nonostante non avessero un ufficio legale in Europa”. Esempi? Index Ventures ha ​inaugurato un fondo di 400 milioni di euro per le start­up europee, e Accel Partners ha promosso un’iniziativa simile, offrendo 421 milioni. Nel 2014, la banca spagnola Santander ha ​collaborato con Funding Circle, rendendola la prima banca high­street che permette ai clienti di rivolgersi online ad un finanziatore, tramite un sistema di finanziamento peer ­to ­peer; lo Chief Executive di Santander UK ha osservato che “il finanziamento peer to peer è anche un modo utile per introdurre le persone al concetto di investire negli imprenditori; un elemento importante in un’economia d’impresa sana”. Da parte sua, Google Ventures ha ​annunciato nel dicembre scorso un investimento di 100 milioni di dollari nelle start­up europee, e poco dopo ha aumentato il suo impegno con altri 22 milioni circa. Mountain View sta inoltre collaborando con le comunità di start­up costruendo dei campus dove gli imprenditori possono imparare, incontrarsi e creare aziende. È il caso di Londra, la cui struttura è cresciuta fino a contare 32mila membri. Nel 2013 le sue start­up hanno aumentato di più di 48milioni il valore del finanziamento iniziale e hanno creato più di 570 posti di lavoro. Caso di successo che ha spinto Google ad annunciare nuovi campus a Varsavia e Madrid, in apertura nel corso di quest’anno. Ma è anche dall’Asia che arrivano i capitali per i nuovi imprenditori europei. Di recente l’impresa finanziata dallo Stato di Singapore Infocomm ha aperto un fondo di 200 milioni di dollari per start­up tecnologiche europee, che beneficiano inoltre di un crescente ecosistema di venture capital con base proprio nel Vecchio Continente. A queste dinamiche guardano i legislatori nel mettere in atto politiche volte ad incoraggiare gli investimenti nelle imprese locali. Ad esempio, il Regno Unito ha da pochi mesi ​approvato il Seed Enterprise Investment Scheme, progettato per aumentare gli investimenti nelle start­up, introducendo il 50% di agevolazioni fiscali a chiunque investa fino a 100mila sterline. Capitali dell’innovazione – Si accennava ai cluster di startup che stanno fiorendo nelle capitali europee. Londra è capofila, con stime che parlano dell’esistenza di 3mila soggetti nella capitale britannica, di cui circa 20 aziende quotate in borsa. Importante anche la realtà di Berlino, che nel 2013 è stata definita da ​Matt Cohler​, partner di Benchmark, società che ha investito in Asana, Instagram e Quora, “la città con più ampia possibilità nel mondo occidentale, al di fuori della Silicon Valley, di diventare un luogo in cui vi sia un vero e proprio ecosistema di start­up tecnologiche. Non intendo solo un luogo dove nascono uno o due grandi aziende, cosa che può succedere praticamente ovunque”. Visione confermata da uno studio di CB insight dal quale si evince come le str­­­up tecnologiche di Berlino abbiano ​ottenuto 1,1 miliardi di dollari di finanziamento nel 2014, registrando un aumento del 140% rispetto al 2013. La capitale federale tedesca ha registrato due delle più grandi IPO tecnologiche d’Europa nel 2014: la società di eCommerce Zalando (​5,3 miliardi di euro) e Rocket Internet (​1,6 miliardi). La stessa Berlino ospiterà il 12 e 13 febbraio prossimi lo Startup Europe Summit. Spostandoci in Spagna, lo scorso autunno le start­up locali hanno ​aumentato il proprio capitale del 187% rispetto all’anno precedente. Madrid è la sede di molte di esse, come la piattaforma di prestito on­line Spotcap, che ha recentemente completato​un ciclo di investimenti da 13 milioni. E se Parigi è seconda solo a Londra per investimenti, il ​secondo hub tecnologico più prolifico a livello globale è Stoccolma, città che registra 6,3 società valutate per un miliardo di dollari ogni milione di svedesi. Nella Silicon Valley, quel numero è solo un po’ più alto: 6,9. La speranza è che i prossimi esempi di successo arrivino da una delle 3251 startup attualmente attive sul territorio italiano.

2010-2015: un lustro che ha lasciato il segno sul mondo connesso L’Asia digitale: nomi e numeri di un’espansione da record a colpi di smartphone e innovazione

3 febbraio 2015 Immagine in home via crossingthebaltic.com

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