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Bilanciamento e proporzionalità: questi i binari lungo i quali corre la responsabilità civile dell’Internet provider

IlSole24Ore 1 Febbraio 2015

Di seguito un contributo della Prof.ssa Valeria Falce  originariamente pubblicato sull’edizione cartacea del quotidiano “Il Sole 24 Ore” del 1 febbraio 2015 IlSole24Ore 1 febbraio 2015È pacifico che lo sfruttamento economico di contenuti digitali protetti dal diritto di autore vada sempre autorizzato ed è altrettanto pacifico che in mancanza del consenso del titolare dei diritti si delinea un illecito civile, che come tale è perseguibile e sanzionabile. Quel che invece ad oggi rimane controverso è se – e soprattutto sino a che punto – di una eventuale violazione sia tenuto a rispondere il fornitore di servizi on line che si sia limitato a rendere accessibili a terzi i contenuti illecitamente caricati dagli utenti dei propri servizi. La questione, da sempre spinosa, si è appena arricchita di un ulteriore tassello. Con una recentissima sentenza (n. 29/2015), infatti, la Corte di Appello di Milano, ribaltando le conclusioni del giudice di primo grado, nega la responsabilità di Yahoo! per aver pubblicato sulla propria piattaforma di video sharing contenuti tutelati dalle norme sul diritto d’autore e sui quali RTI vantava diritti di sfruttamento economico. La valutazione in concreto operata dal Tribunale meneghino non è condivisa dalla Corte, né persuade la linea da questi tracciata secondo cui la responsabilità del provider rispetto alle condotte illecite dipenderebbe dal suo essere un hosting provider “attivo”, che, forte di un rapporto di cointeressenza, trarrebbe profitti dai contenuti illeciti caricati da terzi ad esempio attraverso i ricavi della pubblicità on-line collegata ai video pubblicati. Cambiando angolo di analisi, la Corte opta per un approccio sistematico. Inscrive innanzitutto la vicenda concreta nella cornice più generale, quindi rilegge la disciplina rilevante alla luce dei diritti fondamentali coinvolti (quali il diritto d’autore, il diritto all’informazione e alla libera espressione e il diritto all’esercizio dell’attività d’impresa) e, in ultima analisi, risolve il caso di specie promuovendo un corretto bilanciamento degli interessi in gioco. Le conclusioni raggiunte, puntellate da riferimenti ad indirizzi recenti della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, sono tranchant: la normativa esclude non solo che vi sia un generale obbligo di sorveglianza dei contenuti caricati on-line ma che possa imporsi al provider, anche a posteriori, un obbligo di filtraggio dei contenuti che comporti per l’intermediario uno sforzo economico irragionevole e non proporzionato. Insomma, va evitata la confusione dei piani e la riallocazione delle responsabilità che ne discenderebbe: “la nozione di hosting provider attivo risulta oggi sicuramente fuorviante e sicuramente da evitare concettualmente in quanto mal si addice ai servizi di ospitalità in rete”. Al contrario, è la giusta misura la direttrice da seguire per identificare il peso delle responsabilità da riconoscere. Se così è, diventa generica la pretesa del titolare dei diritti che, senza fornire precisa indicazione degli URL dei contenuti da rimuovere, riversi interamente sul provider l’onere di verifica e controllo sui contenuti illeciti. Viceversa, quando è qualificata, puntuale e circoscritta, quella stessa richiesta è legittima e il titolare dei diritti può legittimamente pretendere un obbligo di facere in capo al provider affinché questi intervenga per porre fine alla diffusione illecita. L’approdo è coerente con le premesse perché mira a riallineare il diritto vivente ai principi generali. A delimitare gli ambiti e i limiti della responsabilità del provider contribuiscono in maniera decisiva i principi della proporzionalità e del bilanciamento, in forza dei quali se è doveroso che l’operatore si attivi senza indugio per garantire che l’ecostistema digitale si sviluppi nel rispetto del diritto, d’altra parte è il titolare del diritto (e non altri) a dover mettere il fornitore dei servizi nelle condizioni necessarie e sufficienti per poter rimuovere tempestivamente ed efficacemente i contenuti illeciti dalla propria piattaforma. 2 febbraio 2015

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