skip to Main Content

Italia creativa: l’industria culturale italiana e il diritto d’autore

Infografica_italiacreativa1

di Maria Letizia Bixio

All’indomani dell’uscita del rapporto EY “Italia creativa”, primo rapporto nazionale sull’industria della cultura e della creatività in Italia, molti sono i dati che meriterebbero una riflessione più approfondita per un ripensamento della così detta industria culturale italiana, i cui eterogenei settori, già oggi, contribuiscono significativamente all’economia del Paese in termini di occupazione e fatturato, ma che certamente potrebbero essere ancor meglio incrementati.

La somma degli undici settori che compongono l’ ”industria culturale”- dove Televisione, Home Entertainment, Arti Visive e Pubblicità, rappresentano i punti di forza-, produce un valore economico complessivo pari a 46, 8 miliardi di euro (2,9% del PIL); si tratta di un buon risultato che tuttavia si colloca piuttosto in basso nella scala del valore diretto per settore industriale del 2014; si pensi ai 62 miliardi, prodotti dal comparto del lusso, ai 102 dell’industria alberghiera e della ristorazione, fino ai 230 delle attività immobiliari. Analoghi, invece, sono i risultati raggiunti dalle telecomunicazioni (39 miliardi) e dal settore automobilistico (49 miliardi). Per contro, essendo il settore culturale caratterizzato da un alto capitale umano, con quasi milione di addetti diretti, che rappresentano circa il 4,5% della forza lavoro totale nazionale, si può notare come sotto il profilo occupazionale l’Italia raggiunge risultati maggiori rispetto alla quota europea che si ferma al 3,8%.

Sebbene in generale, per tutti i settori dell’Industria culturale, la quota maggiore dei ricavi è generata dalla vendita di servizi, i ricavi da pubblicità ricoprono un ruolo centrale per settori quali la Televisione, l’Home Entertainment e la Radio, ma anche in quello dei Quotidiani e dei Periodici. Arti Visive e Arti Performative, invece, sono filiere più beneficiate da contributi, sia pubblici che privati; assai modesti i ricavi provenienti dalla formazione specifica e dalla vendita digitale, seppur quest’ultima destinata a svolgere un ruolo sempre più centrale nei risultati complessivi dell’Industria della Cultura e della Creatività e, in particolar modo, in quelli dei settori dei Videogiochi, dei Libri, della Musica, del Cinema, della Pubblicità e dei Quotidiani e Periodici. L’aspetto più critico per centrare delle strategie tali da focalizzare i comparti maggiormente redditizi, è dato dalle molteplici interconnessioni tra diverse tipologie di attività, che rendono difficile la piena attribuzione del merito ad un settore piuttosto che ad un altro.

Si pensi a quanto vicino sia il legame tra la Televisione e l’Home Entertainment ed il Cinema, così come al costante rimando tra Radio e Musica o tra Libri e Quotidiani e Periodici. L’unica apparentemente esclusa, in quanto super partes, resta la pubblicità, che pervadendo tutti i settori allo stesso modo, funge da vero e proprio motore del sistema. La lettura analitica del dato statistico, così come messa in luce dallo studio Italia Creativa, consente, dunque, di valorizzare l’Industria culturale nel suo insieme, laddove, seguendo il compatto gioco di legami e interconnessioni tra settori della filiera si arriva a delineare un unico coeso sistema-cultura. Imprescindibile in questa indagine è l’osservazione del parallelo snodarsi delle cosiddette “fasi creative”: l’ideazione, la produzione e la diffusione di contenuto creativo. Tutti passaggi cruciali per la creazione del valore.

Infatti, l’Industria della Creatività e della Cultura può dirsi fondata sull’attività dei creativi che postula ogni giorno nuovi incentivi e nuove forme di sostegno per poter continuare a innovare e a soddisfare il consumatore finale. Se è vero, quindi, che le fasi dell’ideazione e della produzione intermedia sono centrali nella creazione del valore, poiché rappresentano la monetizzazione del prodotto culturale, occorre rafforzare strumenti e modalità per assicurare ai “creatori” il pieno esercizio dei propri “diritti patrimoniali”, o di utilizzazione economica, che consentono di ottenere il giusto ritorno da tutte le modalità di sfruttamento poste in essere dai fruitori.

È dunque fondamentale riconoscere nella filiera creativa un ruolo di preminenza alla tutela del diritto d’autore e dei diritti di privativa industriale, quali ad esempio il brevetto. Solo in questi termini si premierà l’autore o l’inventore per la propria originalità, per il proprio impegno, e per le risorse investite, e lo si incentiverà a proseguire nelle attività creative a beneficio di tutti i consociati. A tale riguardo, ricordava Giuliano Amato, alla tavola rotonda tenutasi lo scorso 21 gennaio presso l’Accademia dei Lincei sul tema Libertà di concorrenza e libertà di informazione: la cornice costituzionale dei diritti di proprietà intellettuale, quanto, seppur possa sembrare un ossimoro, i diritti di esclusiva sono al contempo ostacolo e presupposto per la fruizione della cultura e della conoscenza!

infografica_italiacreativa1

25 gennaio 2016

Back To Top