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Durata dei processi, disciplina del lavoro e performance dell’impresa

di Giuseppina Gianfreda e Giovanna Vallanti Ancora una volta l’Italia si è conferma fanalino di coda nelle statistiche sulla giustizia. Secondo i dati più recenti elaborati dalla World Bank nel Cost of Doing Business 2016, un rapporto annuale che presenta una serie di indicatori istituzionali che influenzano l’attività economica in 189 paesi (dalle regolamentazioni alla tutela dei diritti di proprietà), ci collochiamo al 173° posto quanto alla durata dei processi, con una media di 1120 giorni necessari a decidere una causa commerciale “standard” davanti ad un tribunale di primo grado. Se i 1120 giorni sono un tempo inaccettabilmente alto se ci confrontiamo con i paesi a noi affini (la durata media dei processi è di 481 giorni per l’area Europa e Asia Centrale e di 538 per l’insieme dei paesi OCSE a reddito maggiore), questo dato è anche superiore alla media dell’area meno virtuosa, cioè il Sud Asiatico (1077 giorni). Come reagiscono le imprese davanti ad una durata così abnorme dei processi? Guardano meglio al caso italiano si scopre che non tutte le aree del paese si caratterizzano per una giustizia lenta. Se a Bari – continuando con le statistiche della Banca Mondiale – per chiudere una controversia giudiziaria ci vogliono 2022 giorni a Torino tutto si conclude nel giro di soli 855. Questa eterogeneità nei livelli di efficienza dei vari tribunali permette di analizzare l’impatto sulle principali variabili economiche di tempi di giustizia diversi a parità di contesto istituzionale, cioè in un territorio omogeneo per leggi e procedure. Focalizzandoci sulle cause di lavoro, scopriamo così che i tempi per chiudere un giudizio in materia di lavoro hanno inciso sulla produttività delle imprese in modo diverso a secondo della dimensione delle stesse, cioè a secondo che il numero di dipendenti fosse maggiore o minore a 15. Come noto, l’articolo 18 della L. 300/1970 (lo Statuto dei Lavoratori) prevedeva, in caso di licenziamento illegittimo in imprese con un numero di dipendenti superiore a 15, il reintegro del lavoratore, in aggiunta al pagamento di un indennizzo pari ai redditi non percepiti per un intervallo di tempo compreso tra la data del licenziamento e la sentenza (con un minimo di 5 mesi); per le imprese con 15 o meno dipendenti, non applicandosi l’art. 18, non si prevedeva obbligo di reintegro ma solo il pagamento di un indennizzo oscillante tra i 2.5 e i 6 mesi di mensilità. Queste disposizioni, in vigore nel nostro paese per decenni, hanno creato una forbice tra un gruppo di imprese per le quali i costi del licenziamento illegittimo, oltre ad essere più alti, aumentano all’allungarsi dei tempi di giudizio (quelle con più di 16 dipendenti) e un altro gruppo rispetto alle quali tali costi possono essere considerati fissi (quelle fino a 15 dipendenti). La legge Fornero nel 2012 e il successivo Jobs Act hanno affievolito le disposizioni dell’articolo 18 riducendo le fattispecie per le quali è previsto il reintegro e fissando un tetto massimo ai compensi monetari; ciò ha ridotto la forbice tra le piccole e le grandi imprese. La durata dei processi nelle cause di lavoro è suscettibile di agire diversamente sulle imprese a seconda della dimensione delle stesse, con un impatto che dipende dall’ampiezza della forbice. In un lavoro recente abbiamo analizzato la produttività delle imprese nei distretti giudiziari italiani in un arco temporale compreso tra il 2007 e il 2010 (precedente alla Riforma Fornero) e abbiamo stimato l’effetto dei tempi di giustizia nei processi di lavoro sulla produttività delle imprese e su altri indicatori del mercato del lavoro [1]. L’ipotesi di ricerca è che, nel periodo considerato, la lentezza dei processi di lavoro abbia aumentato i costi derivanti dal licenziamento illegittimo per le imprese più piccole – anzi, l’effetto atteso è di segno opposto in quanto questi vengono diluiti in un arco temporale maggiore, il c.d. “effetto sconto” – mentre per le imprese maggiori abbia prodotto due effetti di segno opposto: da un lato vi è l’effetto sconto, come per le piccole imprese, dall’altro vi è l’aumento degli importi dell’indennità, crescenti con l’allungarsi dei tempi di giudizio. Quale dei due effetti prevale? La ricerca mostra che mentre “l’effetto sconto” agisce positivamente sulla produttività per entrambi i tipi di imprese (sebbene tale effetto sia non statisticamente significativo), per le imprese al di sopra della soglia dei 15 dipendenti il secondo effetto è negativo e superiore all’effetto sconto. In altri termini, a causa della normativa sul licenziamento illegittimo contenuta nell’art. 18 (pre-riforma Fornero), la durata dei processi delle cause di lavoro ha ridotto significativamente la produttività delle imprese di dimensioni maggiori. Lo stesso effetto si è riscontrato anche sui flussi di impiego, cioè sulla velocità con cui le imprese creano e distruggono posti di lavoro. Anche in questo caso si è visto che i tempi di giustizia hanno ridotto il turnover dei lavoratori nelle imprese di dimensioni maggiori; quest’ultimo è un indicatore strettamente legato alla produttività delle imprese e quindi allo sviluppo economico. Quale conclusione trarre da questi risultati? La lezione importante ci sembra che la qualità delle istituzioni va misurata non solo guardando alle singole fattispecie o alle singole materie. Quello che noi generalmente osserviamo non è l’effetto di norme specifiche ma il risultato dell’interazione tra norme e assetti organizzati; in altre parole, noi osserviamo la complessità e la sfida è districarsi in sistemi complessi di interazione cercando nessi di causalità. Sarà così interessante, una volta accumulati un numero sufficiente di anni di osservazione, comprendere se e come la riforma del Jobs Act influisca sull’asimmetria tra piccole e grandi imprese rispetto all’effetto dei tempi di giustizia sui costi di licenziamento. [1] “Institutions and firms’ adjustments: measuring the impact of Courts’ delays on job flows and productivity” http://docenti.luiss.it/vallanti/files/2008/02/paper_giustizia.pdf 11 gennaio 2016

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