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Il Tribunale di Roma ridefinisce il ruolo degli Internet Service Provider

di Maria Letizia Bixio Attesa da tempo ed accolta con il pieno entusiasmo dalle categorie autoriali la sentenza del Tribunale di Roma dello scorso 27 aprile 2016 segna un nuovo traguardo per la tutela del copyright sul web. La decisione con chiarezza ridefinisce il ruolo effettivo dell’Internet Service Provider, mostrando le ragioni inequivocabilmente ostative al riconoscimento di esenzioni di responsabilità in capo ai così detti “hosting attivi”. Attraverso una serie di puntuali indicatori, infatti, il Tribunale motiva le ragioni dell’inapplicabilità dell’esenzione di responsabilità che l’art. 16 del d.lgs. 70/2003 accorderebbe alla figura dell’ hosting provider. Nel caso di specie il portale destinatario del provvedimento è Break.com, piattaforma che offre gratuitamente contenuti video, in parte creati dalla stessa, in parte caricati dagli utenti, tuttavia, le considerazioni della Corte sono estendibili a tutti gli intermediari e aggregatori di contenuti online che veicolino, non passivamente, materiali protetti. L’analisi di tali realtà esclude che possano essere definite come “semplici piattaforme”, trattandosi piuttosto di  “moderne imprese globali”, che organizzano  e mettono a disposizione  degli utenti, con diverse modalità, contenuti provenienti da diverse fonti. Le valutazioni del Tribunale trovano nella significativa consistenza delle suddette attività, gli estremi per ricondurle al generico concetto di impresa, suscettibile, pertanto, dei normali regimi di responsabilità previsti dall’ordinamento. Guardando ai fattori che consentono di escludere la salvifica qualifica di “passivo” al ruolo del provider, i giudici evidenziano la presenza di “un seppur minimo contributo all’editing del materiale sulla rete lesivo di interessi tutelati”, ovvero  “un’attività di organizzazione o catalogazione”, altrimenti un vero e proprio “intervento diretto anche nei contenuti” come l’inserimento di “video correlati”, o ancora, una modalità operativa svolta tramite  un “editorial team”. In questi termini, conclude il Collegio, il ruolo del content provider può esser definito “sofisticato” (leggasi “hosting attivo”) e non di certo meramente tecnico o “passivo”. Altro aspetto chiarificatore della decisione, riguarda il momento dell’insorgenza della responsabilità civile e risarcitoria in capo al provider, che, come previsto dalla legge, deve seguire l’avvenuta conoscenza degli illeciti, ma potrà essere acquisita dall’intermediario “in qualsiasi modo”. In tal senso, secondo la magistratura, l’obbligo di fornire l’elencazione degli URL, un tempo richiesta quale presupposto all’esercizio dei propri diritti, appare oggi irragionevole, rappresentando un gravame eccessivo in capo all’avente diritto che certamente non dispone delle strutture e di quelle strumentazioni tecniche di cui invece dispongono i providers. Gli URL, spiega la Corte, “non sono i contenuti ma la loro “localizzazione”, luoghi ove vengono caricati i video e non i files illeciti”, tale puntualizzazione esclude in capo al titolare dei diritti il gravame di una complessa ricerca di tutti i luoghi virtuali della piattaforma-web in cui i propri contenuti possano esser pubblicati e comunicati al pubblico, circoscrivendo il perimetro del proprio intervento alla sola  segnalazione dei contenuti violati. Viene così ribadito anche il principio secondo cui, nel risarcimento devono essere comprese anche “le spese sostenute dal titolare dei diritti per l’accertamento delle violazioni”. La sentenza romana aggiunge senza dubbio un nuovo punto di forza nella più ampia giurisprudenza relativa alla tutela del copyright online, confermando con efficacia,  l’orientamento già assunto in passato da altre corti nazionali. Degno di nota è il monito del Collegio nell’introdurre il tema della responsabilità degli intermediari del web, laddove viene definita come assoluta la necessità di tutelare il diritto d’autore per il tramite della stessa direttiva 2000/31. La normativa europea, essendo stata concepita nell’ambito del pacchetto “enforcement”, non può tradire gli intenti originari né essere strumentalizzata ed interpretata a nocumento delle prerogative autoriali, ma al contrario, deve essere indirizzata proprio alla garanzia un alto livello di protezione dei diritti d’autore al fine della cessazione e prevenzione delle violazioni.                      

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