skip to Main Content

Corporate governance e parità di genere. Il rinnovato ruolo della trasparenza

Di seguito la sintesi dell’intervento svolto dalla Prof.ssa Valeria Falce in occasione del Convegno “Democrazia partecipativa, equilibrio di genere e composizione degli interessi nella società per azioni”, evento che ha avuto luogo il 16 dicembre 2014 presso la sala Polifunzionale della Presidenza del Consiglio dei Ministri a conclusione del Corso Avanzato di Alta Formazione in “Corporate Governance e parità di genere. Prima applicazione e prospettive Sommario: 1. Linee di tendenza. – 2. I principi OCSE sulla Corporate Governance. – 3. Le evoluzioni in sede UE. – 3.1. Criteri di selezione e diversità. – 3.2. Diversità e performance. – 4. L’Action Plan del 2012. – 5. Gli orientamenti più recenti: dalle politiche di trasparenza. – 6. Alle misure prescrittive ed obbligatorie. – 7. Conclusioni. 1. Linee di tendenza Le linee guida in tema di composizione e funzionamento dei consigli di amministrazione sono in fase di rivisitazione a livello internazionale e comunitario, e, sulla scia delle prescrizioni UE, anche a livello nazionale. 2. I Principi OCSE sulla Corporate Governance Per parte sua, l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) ha di recente avviato una consultazione pubblica per la revisione dei Principi sulla Corporate governance, che dal 2004 fissano a livello internazionale standard e pratiche di buon governo societario. Con l’obiettivo cioè di aggiornare le regole generali a cui dovrebbero ispirarsi i diversi Paesi membri anche rispetto alla composizione dei consigli di amministrazione, il testo sottoposto a consultazione propone di tenere in maggiore considerazione il criterio della diversità e di rafforzare attraverso iniziative di self-regulation i meccanismi di controllo sulla performance degli organi sociali, così da assicurare nel tempo la sussistenza del giusto mix di esperienze e competenze. L’indicazione dell’OCSE mira ad evitare che si ripetano crisi e dissesti noti, tra le cui cause sono state pacificamente incluse tanto “la carenza di diversità ed eterogeneità degli organi di governo in termini di equilibrio di genere, di origine sociale, culturale e di istruzione”, quanto “l’assenza di una seria valutazione da parte dei Presidenti delle prestazioni dei propri membri, e di quelle dei consigli di amministrazione nel loro insieme”. 3. Le evoluzioni in sede UE Simmetricamente, sul fronte comunitario, quelle elencate sono alcune delle ragioni che nel Libro Verde sul quadro dell’Unione europea in materia di governo societario del 2011 inducevano la Commissione Europea a raccomandare il ricorso ad un più ampio ventaglio di criteri per la nomina dei membri dei consigli di amministrazione senza ruoli esecutivi, quali merito, qualifiche professionali, esperienze acquisite, qualità personali dei candidati, indipendenza e diversità. La diversità dei profili e delle esperienze dei membri, proseguiva allora la Commissione, offre al consiglio una gamma di valori, di punti di vista e di competenze. Di più. Una maggiore diversità alimenta il dibattito, favorisce la vigilanza e la messa in discussione di talune decisioni all’interno del consiglio di amministrazione e, potenzialmente, migliora la qualità delle decisioni, anche se a volte il processo decisionale può comportare tempi più lunghi. 3.1 Criteri di selezione e diversità Nella prospettiva della Commissione, la diversità delle esperienze professionali è essenziale, perché consente al consiglio di amministrazione di svolgere con efficacia il suo lavoro. Si tratta di una diversità necessaria, in quanto permette all’intero consiglio di comprendere, ad esempio, le complessità dei mercati mondiali, gli obiettivi finanziari della società e l’impatto della sua attività sulle diverse parti interessate, inclusi i dipendenti. Insomma, la bussola da seguire consiste nella attenta valutazione delle competenze e delle capacità quale fattore imprescindibile per la selezione dei membri del consiglio di amministrazione senza incarichi esecutivi. 3.2 Diversità e performance Quanto poi allo spinoso tema della correlazione tra composizione dei consigli e risultati economici conseguiti, la Commissione assume una posizione equilibrata. Le verifiche, pur non univoche, depongono a favore dell’equilibrio tra uomini e donne nella direzione delle società e nel loro processo decisionale. In ogni caso, la promozione della presenza femminile nei consigli di amministrazione ha un effetto positivo indiscutibile: contribuisce ad aumentare le risorse di talento alle quali poter attingere per occupare i posti più elevati negli organi di direzione e di controllo delle società. 4. L’Action Plan del 2012 Queste avvertenze sono state subito riprese nel Piano di Azione del 2012, in cui la stessa Commissione conferma che “una maggiore trasparenza per quanto riguarda la politica in materia di diversità nella composizione del consiglio potrebbe incoraggiare le imprese a riflettere maggiormente sulla questione e a tener più conto della necessità di garantire una maggiore diversità nei loro consigli”. Ancora più esplicitamente, la Commissione ribadisce l’importanza che “la composizione del consiglio rispecchi la diversità delle competenze e dei punti di vista dei membri, così da agevolare la comprensione dell’organizzazione aziendale e degli affari e consentire di contestare le decisioni della dirigenza con obiettività e in modo costruttivo. In caso contrario l’assenza di diversità potrebbe determinare il cosiddetto fenomeno del “pensiero di gruppo”, che si traduce in scarsità di dibattito, idee e senso critico in seno al consiglio e in un controllo potenzialmente meno efficace del consiglio di gestione o degli amministratori esecutivi”. 5. Gli orientamenti più recenti: dalle politiche di trasparenza Le medesime conclusioni sono state trasfuse in comunicazioni, raccomandazioni e finanche in misure vincolanti. Sul fronte delle misure non vincolanti, a titolo di esempio vale la pena ricordare la Comunicazione del 2014 sulle informazioni di carattere non finanziario e di informazioni sulla diversità da parte di talune società e di taluni gruppi di grandi dimensioni. L’obiettivo promosso qui è esplicito e consiste nell’aumentare la diversità nella composizione dei consigli delle società grazie ad una maggiore trasparenza, per consentire un’efficace sorveglianza della dirigenza ed una solida governance dell’impresa. Altrettanto chiara è la diagnosi. I consigli delle società i cui membri hanno seguito un analogo percorso formativo e professionale, hanno la stessa origine geografica e la stessa età o sono dello stesso sesso possono essere dominati da un “pensiero di gruppo” ristretto. Questa situazione può contribuire a impedire che le decisioni della dirigenza siano effettivamente messe in discussione, perché la mancanza di punti di vista, valori e competenze diversi rischia di smorzare il dibattito, di impoverire le idee e di scoraggiare la critica. Può inoltre rendere più difficile l’accettazione di idee innovative proposte dalla dirigenza. E ancora: l’insufficiente diversità nella composizione dei consigli è dovuta soprattutto al fatto che il mercato non offre incentivi sufficienti alle società per indurle a cambiare la situazione. A tale riguardo, l’inadeguatezza delle pratiche di nomina degli amministratori, che vengono spesso scelti tra una rosa troppo ristretta di persone, contribuisce a perpetuare la scelta di membri del consiglio dal profilo simile. Un altro elemento che accentua il problema è l’insufficiente trasparenza sulla diversità nella composizione del consiglio, visto il livello spesso insufficiente delle informazioni e della misura in cui sono messe a disposizione del pubblico. Questa insufficiente diversità nella composizione del consiglio e la mancanza di trasparenza al riguardo possono essere all’origine della cattiva gestione delle società, del loro ridotto carattere inclusivo e innovativo, che ne riduce il contributo alla crescita. Le conclusioni a cui approda la Commissione sono ben delineate. Alla luce degli obiettivi della strategia Europa 2020 di una crescita inclusiva e sostenibile vengono rafforzate le misure di trasparenza, ed in particolare si richiede alle società interessate la comunicazione della politica in materia di diversità. 6. Alle misure prescrittive ed obbligatorie Passando invece alle iniziative obbligatorie e vincolanti, non può non ricordarsi la Direttiva 2013/36/UE, recepita anche in Italia, che, nel definire il nuovo regime europeo sui requisiti patrimoniali del sistema bancario, ha chiesto a Stati membri e ad autorità competenti di imporre agli enti e ai rispettivi comitati per le nomine di attenersi a un’ampia gamma di qualità e competenze nella selezione dei membri dell’organo di gestione e di predisporre a tal fine una politica che promuova la diversità in seno all’organo di gestione. Le autorità competenti sono dunque tenute a trasmettere dette informazioni all‘EBA, che dovrà confrontare le pratiche relative alla diversità a livello di Unione per adottare entro il 31 dicembre 2015 orientamenti anche su «la nozione di diversità di cui tener conto per la selezione dei membri dell’organo di gestione». Se le prescrizioni della Direttiva CRDIV sono utili, le premesse su cui quelle prescrizioni poggiano consentono di inquadrare analiticamente il contesto. Il Considerando n. 59, ad esempio, chiarisce che “nel nominare i membri dell’organo di gestione, gli azionisti o i soci di un ente dovrebbero valutare se il candidato disponga delle conoscenze, delle qualifiche e delle competenze necessarie per garantire una corretta e prudente gestione dell’ente. Tali principi dovrebbero essere esercitati ed esprimersi mediante procedure di nomina aperte e trasparenti con riguardo ai membri dell’organo di gestione”. A seguire, il Considerando n. 60 torna sulla necessità di “favorire l’indipendenza delle opinioni e il senso critico”, a tal fine occorrendo “che la composizione degli organi di gestione degli enti sia sufficientemente diversificata per quanto riguarda età, sesso, provenienza geografica e percorso formativo e professionale, in modo da rappresentare una varietà di punti di vista e di esperienze. L’equilibrio tra uomini e donne è particolarmente importante al fine di garantire una rappresentazione adeguata della popolazione”. Coerentemente il Considerando n. 60 raccomanda la diversità come uno “dei criteri per la composizione degli organi di gestione. Tale criterio dovrebbe essere applicato più in generale anche nell’ambito della politica degli enti in materia di assunzioni. Detta politica dovrebbe, ad esempio, incoraggiare gli enti a selezionare i candidati a partire da elenchi ristretti comprendenti entrambi i generi”. 7. Conclusioni In conclusione, a livello internazionale, comunitario e nazionale si fa sempre più leva sulle politiche di trasparenza per rinnovare l’attenzione nei confronti della diversity in senso ampio e per questa via per favorire la competenza e il merito nei processi di selezione dei membri dei consigli amministrazione e del top management. Mentre però la direzione del rinnovamento è condivisa, non c’è convergenza sulle modalità da seguire. E così mentre a livello UE (e nazionale) si va facendo strada l’opzione regolamentare (che, per quanto rigida, promuove un effetto di rottura, infrangendo il c.d. soffitto di cristallo), l’OCSE conferma la soft law come antidoto ai rischi del c.d. pensiero di gruppo. Per tenere conto del valore della diversità, quindi, l’OCSE continua ad incoraggiare la fissazione di obiettivi volontari, l’adozione di requisiti di trasparenza e comunque di iniziative che, per quanto flessibili, non sono né obbligatorie, né vincolanti. Sarà il tempo a dire se le regole di disclosure orientate al principio “comply-or-explain” o al più a quello del “name and shame” siano sufficienti a migliorare la composizione e le performance degli organi di governo societario all’insegna della effettiva modernizzazione della cultura e del diritto dell’impresa.

Consulta i materiali del Corso

21 gennaio 2015

Back To Top