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Data retention, nel Regno Unito il primo sì alla nuova legge

Il cammino del Data Retention and Investigatory Powers Bill, la nuova legge sulla conservazione dei dati in terra britannica, sta bruciando le tappe. Il testo ha infatti ricevuto poche ore fa l’approvazione, a larga maggioranza, della camera bassa del Parlamento d’oltre Manica, la House of Commons, e attende ora il passaggio in quella dei Lords, in un cammino spedito quanto foriero di preoccupazioni e polemiche. La legge mira sostanzialmente, come affermato dal premier David Cameron, a rimediare con una “norma d’emergenza” al vulnus normativo apertosi dopo la sentenza con la quale la Corte di Giustizia dell’Unione Europea nell’aprile scorso ha invalidato la Direttiva sulla Data retention nel Vecchio Continente. Si stabilisce così un obbligo di conservazione dei dati per 12 mesi in capo alle telco (a fronte dei 24 previsti nell’originaria norma comunitaria) e la loro messa a disposizione dell’intelligence locale.

Per il Ministro degli Interni Theresa May si tratta di un’iniziativa senza la quale “si corre il rischio che gli assassini non vengano catturati, che i complotti terroristici passino inosservati, che i pedofili rimangano impuniti”. Una serie di preoccupazioni che non mettono tuttavia la legge al riparo da pesanti dissensi; non ultime, le dure critiche nel metodo e nel merito arrivate da Edward Snowden, il whistleblower le cui rivelazioni sono alla base dello scandalo Datagate sulla sorveglianza massiccia e pervasiva operata dalla National Security Agency (Nsa) statunitense. Snowden, in una intervista rilasciata al Guardian, ha definito la nuova iniziativa britannica “molto simile” a quella che nel 2007 vide protagonista l’amministrazione Bush per l’introduzione del Protect America Act, un provvedimento d’emergenza sulla cooperazione tra agenzie di intelligence e operatori di telecomunicazioni. “I richiami a presunti pericoli ai quali è esposta la popolazione in mancanza di una nuova legge – ha affermato – sono gli stessi agitati negli Stati Uniti allora. La fretta con la quale si stanno approvando i provvedimenti nel Regno Unito sarebbe giustificabile solo nel caso in cui fossimo nel pieno di una guerra mondiale, sotto le bombe e con le navi nemiche in agguato”. 16 luglio 2014

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