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Il recepimento della Direttiva sul private enforcement tra rischi e opportunità

Locandina Convegno 11 Settembre 2015

di Valeria Falce

Del recepimento della Direttiva sul private enforcement (Dir. 2014/104/UE) si discute da mesi e anche in Italia fervono i lavori per garantirne l’attuazione in tempi rapidi.

La strada da intraprendere è chiaramente tracciata dal Legislatore comunitario e consiste nel realizzare un più efficace coordinamento tra gli ordinamenti nazionali in materia di risarcimento del danno antitrust. Come pure è chiaramente delineato il metodo da seguire, incentrato sulla necessità di ricomporre l’asimmetria informativa che normalmente sconta chiunque (impresa, consumatore o autorità pubblica) subisca un danno derivante da un illecito concorrenziale.

Tuttavia, in assenza di adeguati pesi e contrappesi, queste buone intenzioni rischiano di tradursi in misure di over detterence.

La Direttiva, ad esempio, riconosce la vincolatività delle decisioni antitrust (solo per quelle di condanna) per il giudice civile che dunque può dare per provati i fatti e il disvalore del comportamento censurato; introduce un poderoso sistema di presunzioni, che rischia di creare un automatico collegamento tra la decisione assunta dall’autorità di concorrenza, l’idoneità a determinare un danno e il suo trasferimento a valle; ancora, alleggerisce gli oneri di allegazione che incombono sulla parte che deve dimostrare di aver subito un pregiudizio risarcibile; introduce lo strumento della discovery che allarga le chance di “divulgazione” delle prove; infine, incentiva il ricorso alla (più agevole) via liquidativa per la quantificazione del danno, con possibili implicazioni opportunistiche.

Insomma, se non sorvegliato e correttamente recepito, il lodevole sforzo compiuto in sede UE rischia di rovesciare la situazione di sbilanciamento che si proponeva di risolvere.

E ciò tanto più che mentre alcune delle misure e procedure delineate sono difficilmente riconciliabili con regole e principi nazionali, altre sono rimesse alle stesse legislazioni per le concrete modalità e gradazione di attuazione.

Pur nel vigore di noti principi di efficacia ed effetto utile, e nonostante alcune previsioni impongano un recepimento talle quelle, la sfida da raccogliere consiste nel superare la frammentazione dei sistemi nazionali e nello scongiurare rischi di arbitraggio e forum shopping tali da indurre ad avviare un’azione sulla base delle tutele e garanzie accordate.

Se poi i responsabili dell’infrazione risiedono in Stati diversi e nelle diverse giurisdizioni si applicano regole diverse (ad es. in tema di accesso alle prove o anche di privilegio legale) non si può escludere che gli esiti delle azioni intraprese e i danni liquidati possano variare anche in maniera significativa.

Ad esempio, in tema di privilegio legale una forma di tutela esiste già negli Stati membri e si articola, da un lato, nel divieto per il professionista legale di rivelare le comunicazioni utili ai fini della formazione della prova nei procedimenti giurisdizionali e, dall’altro, nell’impossibilità per le autorità giurisdizionali ed amministrative di potervi accedere ed utilizzarle, salvo il consenso del soggetto sottoposto al procedimento.

Ne dovrebbe conseguire sia la legittimità dell’opposizione del rifiuto ad un ordine di divulgazione da parte dell’autorità interessata sia la non ammissibilità delle stesse come prova nel caso in cui tali comunicazioni siano state acquisite contro la volontà dell’interessato.

La convergenza tra gli Ordinamenti è però incompleta. E così oggi il privilegio legale opera tendenzialmente ma non esclusivamente nell’ambito del rapporto tra il cliente e l’avvocato, che fornisce un servizio di collaborazione all’amministrazione della giustizia. Si estende in genere a tutta la corrispondenza oggetto di scambio tra impresa e avvocato dall’apertura del procedimento in poi, nonché a quella anteriore che presenti elementi di connessione con l’oggetto del procedimento e che sia stata ricevuta o inviata da avvocati esterni indipendenti ed abilitati alla professione forense in uno degli Stati membri. Si allarga altresì alle note interne meramente riproduttive di comunicazioni e pareri giuridici provenienti da avvocato esterno e persino ai documenti preparatori redatti esclusivamente al fine di chiedere un parere giuridico all’avvocato esterno. Viceversa, la garanzia della segretezza non copre i fatti alla base e oggetto delle comunicazioni per il solo fatto di essere stati comunicati al legale, i quali, dunque, possono essere utilizzati come prova e opposti alla persona sottoposta al procedimento qualora siano divenuti noti in altra maniera.

Tendenzialmente nemmeno la corrispondenza con l’avvocato interno (c.d. in-house lawyer) beneficia del privilegio legale perché:

1) lo scambio non avviene nell’ambito del diritto alla difesa del cliente e poggia su un rapporto di impiego;

2) l’“indipendenza” rispetto all’impresa è condicio sine qua non per partecipare alla corretta amministrazione della giustizia e fornire assistenza legale.

Infine, il trattamento confidenziale tende a riguardare le sole interlocuzioni tra cliente e avvocato, lasciando scoperte i pareri e le note predisposte per l’avvocato, vuoi da collaboratori vuoi da consulenti in situazioni in cui un successivo contenzioso giudiziale sia probabile.

Insomma, su questo come su altri lineamenti persistono ampie zone di disomogeneità e disallineamento negli Stati membri che rischiano di interferire sull’obiettivo stesso perseguito dal Legislatore comunitario, consistente appunto nel rafforzare il coordinamento tra gli strumenti a tutela della concorrenza offerti dagli Ordinamenti.

Nella fase di recepimento della Direttiva 2014/104/UE, che si è aperta, si schiude un’opportunità preziosa. Per il Legislatore, quella di contribuire attivamente all’allineamento delle norme sostanziali e delle garanzie a tutela delle parti, così da garantire una effettiva armonizzazione. Per le autorità di concorrenza di concorrenza in generale e all’Antitrust in particolare, quella di svolgere una insostituibile funzione: di filtro e cerniera tra principi generali e fattispecie concrete, allo scopo di contribuire a salvaguardare i principi di proporzionalità e bilanciamento all’insegna di una effettiva tutela giurisdizionale dei diritti soggettivi riconosciuti dall’Unione.

L’approfondimento di questi aspetti sarà uno dei cardini del convegno Verso il recepimento della Direttiva 2014/104/UE sul risarcimento del danno antitrust“, previsto a Roma il prossimo 11 settembre (di seguito il programma).

Locandina Convegno 11 settembre 2015

7 settembre 2015

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