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55° Giornata mondiale per le Comunicazioni sociali, il messaggio di Papa Francesco. Intervista al Prof. Gianpiero Gamaleri

Cade a pochi giorni dal blocco del Garante per la privacy della piattaforma Tik Tok, e dall’apertura di un fascicolo per la tutela dei minori sui social Facebook e Instagram, il discorso di Papa Francesco per la 55° giornata mondiale comunicazioni sociali: “rischi di una comunicazione social priva di verifiche”.

Riportiamo di seguito alcuni passi cruciali del discorso di Papa Francesco di questa importante giornata votata alla sensibilizzazione della comunicazione sui social:

Desidero quindi dedicare il Messaggio, quest’anno, alla chiamata a “venire e vedere”, come suggerimento per ogni espressione comunicativa che voglia essere limpida e onesta: nella redazione di un giornale come nel mondo del web, nella predicazione ordinaria della Chiesa come nella comunicazione politica o sociale.”

“Sono diventati evidenti a tutti, ormai, anche i rischi di una comunicazione social priva di verifiche. Abbiamo appreso già da tempo come le notizie e persino le immagini siano facilmente manipolabili, per mille motivi, a volte anche solo per banale narcisismo.”

“Tutti siamo responsabili della comunicazione che facciamo, delle informazioni che diamo, del controllo che insieme possiamo esercitare sulle notizie false, smascherandole. Tutti siamo chiamati a essere testimoni della verità: ad andare, vedere e condividere.”

Per questa occasione la redazione di DIMT ha intervistato il Professore Gianpiero Gamaleri, Ordinario di Sociologia dei processi Culturali e Comunicativi presso l’Università Roma Tre, Consigliere di amministrazione Rai e membro del Comitato Scientifico di DIMT.

 

La chiamata a “venire e vedere” è anche “il metodo di ogni autentica comunicazione umana”. È questo il cuore del Messaggio di Papa Francesco per la 55.ma Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali sul tema “«Vieni e vedi». In una realtà di distanziamento sociale per la crisi pandemica, le tecnologie e le innovazioni digitali come possono aiutare oggi, a Suo avviso, una comunicazione più autentica e vicina?

Credo che il nostro impegno e la nostra costanza per un’autentica comunicazione tra persone possano riassumersi in questa affermazione: più si sviluppano le tecnologie della comunicazione, ancor più deve crescere la nostra consapevolezza sui fini e gli scopi che si vogliono conseguire. Abbandonati alla loro dinamica, privati della dimensione etica, i media possono portarci a correre gravissimi rischi individuali e collettivi. Rischi anche mortali come in recenti casi di bambini suicidi involontari sulla spinta di social come Tik Tok. Non è un caso che i grandi detentori dei circuiti mediatici – che spesso hanno dimensioni economiche e incidenza sociale superiore ai poteri degli Stati – quasi sempre avvertano il bisogno di devolvere i loro profitti ad azioni di pubblica utilità, quasi a risarcimento dello sfruttamento su cui si sono accumulate le loro ricchezze.

Ad oggi è facile che venga meno la consapevolezza che la comunicazione deve costruire un rapporto “dall’uno all’altro” e che non funziona, contrariamente, come un atto solitario, individuale. L’ “altro” deve essere consustanziale all’atto di comunicare. Ma spesso purtroppo non lo è. Nei main stream l’altro è una massa indistinta di cui catturare l’ascolto. Nei social prevale il narcisismo individualista.

In quello che dovrebbe essere un lavoro costante di ricerca per una coscienza critica, possiamo essere aiutati da una circostanza favorevole: inerentemente all’etica della comunicazione, esce infatti il Messaggio annuale sulle comunicazioni sociali di Papa Francesco che si intitola, appropriatamente, “«Vieni e vedi» (Giovanni 1,46). Comunicare incontrando le persone dove e come sono”.

In esso si evince come la comunicazione – e in particolare il giornalismo – venga considerata come racconto della realtà, la quale richiede “la capacità di andare laddove nessuno va: un muoversi e un desiderio di vedere. Una curiosità, un’apertura, una passione”.

 

A Suo avviso, quali sono i rischi più grandi derivanti dai linguaggi della televisione, del giornalismo ed una più generica, comunicazione tramite social, priva di verifiche? Da quali, i singoli, cittadini dovrebbero tutelarsi ed essere sensibilizzati al riguardo?

Tutte le opportunità che ci offre la tecnologia digitale vengono troppo spesso vanificate. Sono del pensiero che invece di essere una comunità mondiale, la «rete» rischi di trasformarsi in una rete vasta e frammentata di individui isolati, “api umane nelle loro celle”, che interagiscono mediante dati invece che direttamente fra loro. Che cosa ne sarebbe della solidarietà, in un mondo così?

Nel mondo dei mezzi di comunicazione sociale, inoltre, le difficoltà intrinseche della comunicazione spesso vengono ingigantite dall’ideologia, dal desiderio di profitto e di controllo politico, da rivalità e conflitti fra gruppi, e da altri mali sociali

La parcellizzazione estrema del pubblico Tv è un rischio reale, come ha messo in luce anche uno studio promosso dalla Tv pubblica britannica, la BBC, dal nome “Watching alone” (guardare la televisione da soli), prendendo a prestito il titolo di un libro di grande successo, scritto il sociologo americano Robert D. Putnam sull’impoverimento sociale, la crisi del volontariato e della partecipazione, intitolato “Bowling alone” (giocare a bowling da soli).

Jeremy Rifkin, futurologo americano, che è stato consulente di molte imprese che vogliono vedere oltre la situazione attuale ai fini di ottimizzare le proprie risorse, ha espresso la tesi che oggi sia vincente la posizione di chi ha “accesso” a certi ambienti e a certe informazioni. Ma questi ambienti e queste informazioni devono essere selezionate, sennò ci si ubriaca di dati senza poterli gestire in funzione di buoni progetti.

Siamo letteralmente sommersi dai contatti: alcuni virtuali, altri reali. Smartphone, segreterie telefoniche, e-mail e tante altre applicazioni ci tengono in comunicazione costante con persone sparse in tutto il mondo. Le reti a cui apparteniamo – sia economiche che sociali – ci integrano ulteriormente in relazioni ancor più diverse. Messaggi pubblicitari, campagne di direct marketing, radio, televisione e ciberspazio forniscono ulteriori interazioni. Non c’è quasi più un momento libero: ogni istante è un’opportunità per aprire un altro contatto. Viviamo in un mondo in cui attrarre e conservare l’attenzione dell’altro è fondamentale, e le relazioni – di qualsiasi genere – sono l’elemento centrale della nostra esistenza. Il cartesiano «Cogito ergo sum» è stato sostituito da un nuovo slogan: «Sono connesso, dunque esisto».

Sono diventati evidenti a tutti, ormai, i rischi di una comunicazione social priva di verifiche. Abbiamo appreso già da tempo come le notizie e persino le immagini siano facilmente manipolabili, per mille motivi, a volte anche solo per banale narcisismo.

Tale consapevolezza critica spinge non a demonizzare lo strumento, ma a una maggiore capacità di discernimento e a un più maturo senso di responsabilità, sia quando si diffondono sia quando si ricevono contenuti. Tutti siamo responsabili della comunicazione che facciamo, delle informazioni che diamo, del controllo che insieme possiamo esercitare sulle notizie false, smascherandole. Tutti siamo chiamati a essere testimoni della verità: ad andare, vedere e condividere. Nulla sostituisce il vedere di persona, ammonisce Papa Francesco. “Nella comunicazione nulla può mai completamente sostituire il vedere di persona. Alcune cose si possono imparare solo facendone esperienza. Non si comunica, infatti, solo con le parole, ma con gli occhi, con il tono della voce, con i gesti, con lo sguardo, con gli atteggiamenti e persino con i silenzi”.

 

 

 

 

Tecnologie, innovazioni ed internet, quali sono, dal Suo punto di vista, le opportunità comunicative e sociali del web?

Credo che si debba porre particolare attenzione nel valutare le singole opportunità del web. La rete, con le sue innumerevoli espressioni social, può moltiplicare la capacità di racconto e di condivisione. Tanti occhi in più aperti sul mondo, un flusso continuo di immagini e testimonianze. La tecnologia digitale ci dà la possibilità di un’informazione di prima mano e tempestiva, a volte molto utile: pensiamo a certe emergenze in occasione delle quali le prime notizie e anche le prime comunicazioni di servizio alle popolazioni viaggiano proprio sul web. È uno strumento formidabile, che ci responsabilizza tutti come utenti e come fruitori. Potenzialmente tutti possiamo diventare testimoni di eventi che altrimenti sarebbero trascurati dai media tradizionali, dare un nostro contributo civile, far emergere più storie, anche positive. Grazie alla rete abbiamo la possibilità di raccontare ciò che vediamo, ciò che accade sotto i nostri occhi, di condividere testimonianze.

 

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