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Violano la concorrenza gli Ordini professionali che, all’interno dei codici deontologici, impongo limiti alla pubblicità comparativa superiori a quelli previsti dallo stesso legislatore

di Martina Provenzano Con la Sentenza del 1 aprile 2015 n. 4943, il TAR Lazio – Roma ha confermato il proprio orientamento (v. Sentenza 16 febbraio 2015, n. 2688) secondo cui “sono vietate […] tutte le intese (anche da parte degli Ordini professionali, nda) che mirino o abbiano per effetto di condizionare la libera determinazione individuale del prezzo e la sua naturale flessibilità, alterando la struttura del mercato e, quindi, la concorrenza”. Il Giudice amministrativo, dunque, conformemente a quanto affermato dalla stessa Agcm (v. provvedimento del 4 settembre 2014, n. 25078), ha sanzionato l’intervento della Federazione nazionale degli ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri (FNOMCeO) che aveva ritenuto contrarie al Codice deontologico di settore le pubblicità comparative pubblicate on-line dai liberi professionisti, chiedendone la relativa interruzione. Nelle conclusioni della Sentenza si legge che “sulla base delle norme primarie applicabili e dei principi comunitari vigenti in materia, sia la pubblicità promozionale che la pubblicità comparativa sono lecite, e non possono essere vietate, laddove prive di profili di ingannevolezza, equivocità e denigratorietà”. Un successo per professionisti e imprese del settore sanitario alle quali si è così inteso riconoscere il diritto a competere nel mercato, anche nell’attività pubblicitaria, fissando come limiti quelli posti dal legislatore e non, viceversa, dall’Ordine di settore all’interno del codice di deontologia medica. 29 aprile 2015  

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