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Europol vs Isis: dal 1 luglio al lavoro la nuova unità
di Marco Cappa L’Europol sta per lanciare una nuova unità per dare la caccia ai reclutatori via web dell’Isis. Tale strategia mira a identificare gli influencer che quotidianamente, con decine di migliaia di tweet da altrettanto numerosi fake account, chiamano a raccolta potenziali nuovi terroristi per sostenere la causa del califfato. La scelta di questo coordinamento Internet antiterrorismo rappresenta la risposta comune europea ai tragici fatti di Parigi dello scorso gennaio e, purtroppo, la cronaca degli ultimi giorni non fa che rendere il tema di ancor più stretta attualità ed urgenza. A partire dal 1 luglio, dunque, l’Agenzia europea di polizia sarà operativa in questa battaglia contro il terrorismo con un mandato a chiudere i profile riconducibili allo Stato Islamico nel giro di un paio d’ore. Il direttore di Europol, Robin Wainwright, ha raccontato al Guardian come sia cruciale monitorare il ‘contatto’ tra reclutatori e giovani: solitamente l’incontro avviene sui social media secondo dinamiche di difficile interpretazione. A tal proposito, appare fondamentale l’accordo raggiunto tra Europol e alcuni dei maggiori player nel mondo dei social (che hanno comunque voluto mantenere l’anonimato) per verificare attraverso i dati degli analytics chi siano i principali adescatori del Daesh. Tuttavia, ferma restando la volontà di intervenire con prontezza contro le decine migliaia di account da cui partono i tweet di appello alla jihad, sarà forte il rischio di veder ricomparire velocemente altri profili dei cyber-terroristi. E molteplici sono le conversazioni criptate difficilmente intercettabili, come riconosciuto suo malgrado anche da Michael Steinbach, vicedirettore della divisione antiterrorismo dell’Fbi. Occorrerebbe, pertanto, un mandato ancor più chiaro ad agire contro i sospetti foreign fighters europei che già sono stati identificati in buona parte dalla polizia Ue (si stimano in circa 5-6000) ricorrendo spesso al principio follow the money per tracciare i finanziatori di questa campagna di fondamentalismo e di odio religioso. A conferma di questo scontro sulle piattaforme web tra le forze di polizia e l’Isis, è importante citare il Briefing del Comitato Antiterrorismo del Consiglio di Sicurezza Onu “New initiatives to address the foreign terrorist fighter challenge” di qualche giorno fa. In questo consesso il segretario generale del Consiglio d’Europa, Thorbjørn Jagland, ha dichiarato: “Occorrono prima di tutto buone leggi. In Europa saremo i pionieri delle riforme legislative necessarie a dare attuazione alla risoluzione 2178 del Consiglio di Sicurezza Onu”. Il Protocollo addizionale alla Convenzione del Consiglio d’Europa, approvato lo scorso 19 maggio, criminalizza per la prima volta nel diritto internazionale “la partecipazione in un’associazione o gruppo con finalità terroristica” così come “viaggiare all’estero con la finalità di commettere un atto terroristico”. Jagland ha poi giustamente aggiunto: “Le buone leggi sono solo parte della soluzione. La battaglia delle idee si consuma ogni minuto, ogni giorno. E viene persa nei luoghi dove lo stato latita. Nelle prigioni. Nelle scuole di periferia. Negli angoli bui del web.” Ecco perché diviene cruciale spostare anche sul ring online la lotta al cyber-terrorismo. In Italia, dopo l’appello del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella nel suo discorso di insediamento (“per minacce globali servono risposte globali”), nel quale ha anche ricordato che “i predicatori d’odio e coloro che reclutano assassini utilizzano Internet e i mezzi di comunicazione più sofisticati, che sfuggono, per loro stessa natura, a una dimensione territoriale”, è importante menzionare il decreto legge riguardante “misure urgenti per il contrasto del terrorismo” adottato dal Governo Renzi lo scorso 11 febbraio. Il provvedimento richiamato prevede sul piano del diritto penale, come ben spiegato nel position paper dell’Accademia Italiana del Codice di Internet, l’introduzione del reato che punisce chi organizza, finanzia e propaganda viaggi per commettere condotte terroristiche (reclusione da tre a sei anni) e la punibilità anche del soggetto reclutato oltre che del soggetto che si “auto-addestra” alle tecniche terroristiche. È stata, inoltre, introdotta la possibilità di applicare la misura della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza ai potenziali foreign fighters nonché di contestuale ritiro del passaporto da parte del Questore con obbligo di soggiorno. Il decreto ha aggiornato poi gli strumenti di contrasto all’utilizzazione della rete Internet per fini di proselitismo e agevolazione di gruppi terroristici, prevedendo aumenti di pena per i delitti di apologia e di istigazione al terrorismo commessi attraverso strumenti telematici.
Soro (Garante Privacy): “L’Europa parta dalla centralità dell’Habeas data per combattere il terrorismo” “La sorveglianza di massa mette a repentaglio i diritti umani”, la risoluzione del Consiglio d’Europa Cybersecurity e antiterrorismo: la tutela dei cittadini oltre gli strumenti normativi. Report del convegno in Cassazione
29 giugno 2015