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Pubblico e privato al tempo della rete, Soro: “Occorre farci carico tutti di educare chiunque voglia nuotare in questo mare”. Giacomelli: “Interloquire con i nuovi grandi player per governare i cambiamenti, senza demonizzare il futuro”

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“Se c’è una debolezza della politica c’è un serissimo rischio di debolezza anche dell’elaborazione intellettuale, cioè la fuga o l’abdicazione degli intellettuali rispetto a un proprio compito naturale, e questo diventa ancora più drammatico quando a fuggire sono i giuristi sul presupposto dell’impotenza o con la tentazione opposta dell’intervento a gamba tesa, ritenendo di poter fare tutto da soli. Oggi mi sembra confermata l’intuizione che ci ha guidato all’inizio del lavoro, e cioè che sia imprescindibile la comprensione tecnologica del fenomeno; nessun giurista può pensare di porre mano all’argomento se non ha prima chiaro il quadro in questo senso”. Così il Prof. Salvatore Sica, Ordinario di Diritto privato comparato presso l’Università degli Studi di Salerno, ha concluso la presentazione de “La libertà fragile. Pubblico e privato al tempo della rete“, volume realizzato per Edizioni Scientifiche Italiane con Giorgio Giannone Codiglione, Dottore di ricerca nello stesso ateneo campano. L’evento ha avuto luogo martedì 26 maggio presso libreria Arion di piazza Montecitorio a Roma, nell’ambito di un evento promosso dall’Accademia Italiana del Codice di Internet e dal Laboratorio In.Di.Co. dell’Università di Salerno.

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  Dopo i saluti del Direttore della collana “Diritto e Letteratura” di ESI Felice Casucci, ad introdurre i lavori è stato il Vicedirettore del Tg1 Gennaro Sangiuliano: “Ciò che più ho apprezzato del libro è l’inquadramento generale che storicizza il rapporto tra l’economia capitalistica e le libertà individuali, affermando in maniera molto netta e chiara che se per secoli il rapporto tra libertà dei singoli e libertà di mercato è stato molto intimo, ora il matrimonio è messo in crisi dall’irrompere della tecnologia. Questo perché l’economia capitalistica spinge sempre di più per la tecnologia e la tecnologia finisce poi invece per comprimere le nostre libertà individuali”. A dare avvio al dibattito Maurizio Dècina, Professore Emerito del Politecnico di Milano: “Sia nella prima Internet, che era una rete dedicata alla comunicazione e al reperimento di informazioni, che nella seconda internet, quella di cui oggi stiamo discutendo, si ponevano e si pongono delle questioni di libertà, e ora siamo costretti a ri-domandarci quali sono i limiti di questa stessa libertà dell’individuo in una rete che si è voluta al punto di raggruppare le persone e i sistemi sociali. Stiamo parlando dei diritti dei cittadini on line, dalla privacy al diritto all’oblio, dal furto di identità al digital divide. Domani forse si scriverà un libro sulla terza fase, quella dell’Internet delle cose, che porterà una rivoluzione per la privacy ancor più pervasiva. Senza contare le nuove sfide per la security e il fatto che il grosso del traffico dell’Internet del futuro sarà sostanzialmente la televisione, leggi Netflix”. Il Prof. Dècina ha così focalizzato la sua attenzione sui social network: “Non ho profili su Facebook né su Twitter, e il problema principale che vedo in questo tipo di piattaforme è culturale, la cultura delle tribù che si sviluppa al loro interno, una cultura monocorde assolutamente uniformata a uno o più modelli di mercato. Senza contare l’aggregazione di forme non proprio virtuose di espressione che viene abilitata da queste piattaforme, penso alle nuove forme di razzismo. Ecco, i sociologi dovrebbero studiare a fondo questo nuovo modo di esprimersi tra umani”. Il Professor Alberto Gambino, Presidente dell’Accademia, ha esordito affermando che “è un testo che dovrebbe essere consegnato nelle aule universitarie per formare giovani e mettere ordine in chiave giuridica rispetto al mondo della rete. Perché oggi con l’emergere di tante situazioni c’è un grande disordine, e cioè non si distingue più quali siano le categorie che devono applicarsi alla casistica, e quindi si apre il rischio di utilizzare schemi tipici delle libertà che attengono al diritto pubblico e non al diritto privato per contrastare invece vicende che riguardano il diritto privato, come i contratti, e viceversa per temi come il furto di identità. Questo libro fa chiarezza attraverso sette casi finali che sono la stella polare sulla quale dovremmo cimentarci nei prossimi messi. Un primo grande tema è la sicurezza, che attiene evidentemente al diritto pubblico perché riguarda la collettività, ma che viene declinato anche con riferimento alla conservazione dei dati personali e quindi alla sfera più intima del soggetto; sono due aree del diritto che seguono dinamiche completamente diverse: in una potremmo dire diritto che può essere messo in circolazione dalla parte purché non vada a menomare la parte indisponibile, nell’altro è totalmente indisponibile perché la sicurezza del dato laddove ha che fare con l’interesse pubblico generale ovviamente non può essere toccata e sindacata dal soggetto privato. La nostra legislazione non si è compiuta, tant’è che abbiamo allo studio un disegno di legge che riguarda proprio la sicurezza cibernetica e che dovrà dire anche la parola italiana su questo tema”. Il Prof. Gambino ha poi sottolineato la rilevanza della sovranità nazionale, come emerso in un recente convegno con i vertici di ICANN, e del diritto di accesso alla rete, “in merito al quale si è concluso davanti alla Commissione affari costituzionali del Senato un’iter di verifica nel quale si sono via via susseguite quattro impostazioni: l’articolo 2 della Carta costituzionale, quindi il diritto all’accesso come diritto inviolabile della persona dove si manifesta la sua personalità nelle formazioni sociali, tesi che poi è stata in parte disattesa perché è riduttivo pensare che solo nella rete c’è questa dinamica; l’altra tesi è stata quella di utilizzare invece l’articolo 21 della Carta costituzionale introducendo l’articolo 21-bis, ma anche qui è stato fatto notare che è una collocazione erronea perché la libera manifestazione del pensiero fa parte delle cosiddette libertà negative, mentre qui è esattamente il contrario, perché la dinamica non è di custodire, ma invece di limitare quelle sfere di libertà quando vanno ad intaccare diritti altrettanto inviolabili come ad esempio può essere la proprietà intellettuale. E allora arriva la prospettiva più interessante e culturalmente anche più stimolante: l’inserimento in un articolo 34-bis sui diritti sociali, e cioè il diritto alla salute e il diritto all’istruzione. C’è infine la prospettiva delle libertà economiche previste all’articolo 41, che implica una concezione della rete come servizio pubblico universale. Io ho l’impressione che dentro Internet ci siano aspetti legati a ciascuno di questi quattro scenari ma che vadano disegnati bene perché altrimenti il rischio è che questi sette casi contenuti nel libro possano essere fraintesi”. “Ci sarebbe poi da scrivere – ha concluso il Presidente di Iaic – un altro libro che riguarda invece di diritto commerciale, il diritto industriale e diritto della concorrenza, che segue regole che sono in parte divergenti dallo scenario appena tracciato. Il che invita ad una riflessione molto alta se non sia il caso di inserire nella nostra Carta costituzionale finalmente le Authorities, che davanti a questo scenario hanno un ruolo che spesso è più significativo dell’autorità giudiziaria ordinaria”. fotoUn’idea che ha ricevuto il sostanziale accordo del Presidente dell’Autorità Garante per la protezione dei dati personali Antonello Soro, il quale ha iniziato il suo intervento affermando che “delle grandi libertà quella economica è davvero fragile in questo momento. L’economia del tempo in cui viviamo sempre di più diventerà l’economia fondata sulla raccolta di informazioni, sulla loro elaborazione, sull’intreccio di tutte le informazioni che sette miliardi di persone producono tutti i giorni ma che soltanto poche imprese riescono a contenere nel loro insieme. Il monopolio si è andato formando in tempi rapidissimi perché chi ha avuto l’intelligenza, e non va demonizzato, di cogliere le opportunità di questa fase della nostra storia ha creato aziende che hanno ora tante risorse, e più ne accumulano più rendono difficile la competizione degli altri imprenditori. La nostra persona diventa sempre di più un oggetto connesso, o connesso con gli oggetti e comunque in una rete di connessione generale, e il corpo finisce col diventare merce che può essere gestita ed è assolutamente privo di protezione, o ha una protezione debolissima”. Soro ha poi posto l’attenzione sulla trasparenza della Pubblica amministrazione: “Siamo sicuri che tutta l’attività di digitalizzazione che la Pa sta facendo mette in sicurezza i dati? Noi abbiamo motivo, per mestiere, di avere molti dubbi, e ci stiamo impegnando molto in un modo che che probabilmente è sottostimato anche da chi ci chiede consulenza, cioè il Governo e le agenzie dello Stato; dobbiamo suggerire percorsi virtuosi per garantire il massimo della sicurezza alle informazioni che ci riguardano perché se quelle informazioni sono vulnerabili diventa vulnerabile la nostra vita”.

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Un passaggio infine sull’alfabetizzazione ai mezzi digitali: “Occorre farci carico tutti, ognuno come può, di educare chiunque voglia nuotare in questo mare. Gli internauti devono sapere che dentro la rete ci sono delle insidie, che è un mondo complesso; noi quando il bambino lo portiamo la prima volta in piscina o al mare gli spieghiamo che se beve l’acqua affoga, gli diciamo che prima di allontanarsi deve imparare a nuotare, ma al bambino al quale affidiamo un oggetto come uno smartphone abbiamo insegnato che cos’è il mare nel quale navigherà? Certo non possiamo farci carico del singolo cittadino, ma possiamo farlo della dimensione generale. La protezione dei dati è un nome della libertà e bisogna asservire la tecnologia alla tutela del diritto, non subire il processo contrario. Questo non significa diventare neo-luddisti, ma lavorare con chi progetta le tecnologie per far sì che siano presenti di default dei meccanismi di tutela. Il tutto partendo dalla consapevolezza che nella società digitale non c’è più una divisione fra il mondo fisico e quello virtuale; è una sola vita, è la nostra vita che vive in una pluralità di dimensioni”. Antonello Giacomelli, Sottosegretario di Stato allo Sviluppo Economico con delega alle telecomunicazioni, ha chiosato in apertura: “Mi sembra ci sia un modo un po’ gladiatorio in Europa di approcciare certe questioni, nascondendo o dimenticando che in realtà molte delle motivazioni che spingono a questa posizione non affondano le radici nella complessità delle questioni fin qui dibattute, ma più banalmente in una lotta di interessi fra alcuni tipi di editori ed altri. Noi abbiamo verso questi nuovi soggetti, verso i nuovi campioni della rete, verso gli Over the top, un atteggiamento che non è di sudditanza ma non è nemmeno di una prevenuta demonizzazione. Noi siamo convinti che di fronte a un evolversi tumultuoso occorre sempre la capacità delle istituzioni e della politica di governare i processi e interloquire in profondità con i protagonisti cercando di comprendere il cambiamento in atto. In questa fase poi il cambiamento è un cambiamento vero, questa è una rivoluzione al pari e forse di portata superiore a quella della rivoluzione industriale. Noi fatichiamo a comprenderlo perché questo è uno strano paese che parla sempre di rivoluzioni ma, faccio per dire in termini di capacità di rete, mentre nel mondo evoluto si parla in termini di giga e in Europa si parla di superare i cento mega se il Governo italiano dice che dobbiamo superare il doppino di rame siamo dirigisti”. “Abbiamo provato – ha proseguito Giacomelli – nel nostro semestre europeo ad affermare la necessità di declinare l’Europa non solo in termini di mercato, ma in termini di soggetto istituzionale unico, perché di fronte a fenomeni e mercati globali la dimensione delle istituzioni e della politica è ancora ferma a una visione frammentata, nazionale quando va bene, con una enorme fatica a un processo di cessione di sovranità verso un livello superiore. Quindi abbiamo convocato il Consiglio Europeo sull’idea che l’Europa parlerà con una sola voce rispetto al tema della governance di Internet, che, è del tutto evidente, attualmente ha un assetto che non può tenere. Europa e Stati Uniti devono parlarsi in questo ambito perché condividono esattamente i valori e i principi rispetto a cui si declina l’idea di persona e il suo rapporto con la comunità, l’idea di diritti di persona, di libertà e di riservatezza. Ma finito il nostro semestre abbiamo preso atto che il 12 giugno ci ritroveremo al Consiglio europeo con al centro il tema del mercato unico europeo, e quindi ancora una volta ci diremo che forse abbatteremo alcune norme e risolveremo alcune piccole questioni burocratiche, ma non daremo forza a una dimensione istituzionale sovranazionale capace di stare sullo stesso terreno su cui si muovono i grandi player digitali e su cui le dinamiche del mercato, al di là della rete, oggi si muovono”. “Oggi – ha chiosato il Sottosegretario – quando il capitalismo sembra aver sconfitto senza appello l’idea di liberalismo e sembra aver fagocitato la dimensione stessa della democrazia, e sembra essere diventato il pensiero unico che in qualche modo è capace anche di ridefinire il senso dei principi e dei valori e il ruolo delle istituzioni, io credo che il compito fondamentale sia accelerare i processi che danno forza alle istituzioni e conferiscono alle istituzioni sovranazionali la capacità di essere i soggetti del diritto e i soggetti del governo di processi che non possono essere chiusi dentro i confini nazionali e che in molti casi dipendono esattamente dai limiti delle istituzioni e dei governi. Io ho provato a spiegare al mio amico Francesco Boccia che su questa storia della Google tax continuare a parlarne come fosse una roba delle finanze italiane non dà giustizia all’importanza del tema. E quando ne abbiamo parlato con qualcuno di questi soggetti ci hanno detto con franchezza che rispettano la legge, sfruttando semplicemente delle dinamiche permesse dall’attuale assetto fiscale di alcuni Paesi europei. Allora io penso che questa crisi e questa fragilità non solo della libertà ma dei valori che riguardano la nostra vita e l’idea stessa di persona per come non abbiamo declinata sta nella debolezza della politica e delle istituzioni”. “Io penso che qui sia la nostra crisi; allora quale strada abbiamo? Non quella della resa, ma neanche quella della continua denuncia, perché c’è la strada della interlocuzione e della costruzione, del confronto. Il successo che ha ottenuto il Garante per la privacy italiano nel rapporto con Google non viene dal fatto che esiste un’Autorità di garanzia europea con una forza e quant’altro, ma da una capacità di interlocuzione che ha prodotto per la prima volta da parte di Google l’accettazione di una verifica diretta dei processi di implementazione secondo gli accordi sottoscritti. Ma certo sarebbe bello che fosse un’Authority o una sorta di coordinamento europeo a fare quel lavoro e a farlo nel dialogo con gli Stati Uniti. Perché a questa crisi si deve rispondere non demonizzando il futuro, che è già presente e noi possiamo scegliere se esserne travolti o se tentare in qualche modo di esserne co-protagonisti”. “Alcuni principi per come noi l’abbiamo storicamente declinati subiscono una mutazione profonda, e lo sforzo continuo del diritto, del legislatore, ma anche di chi è chiamato a governare i processi, è nel cogliere questa trasformazione senza rinunciare a declinare quei principi e quei valori nel contesto nuovo che cambia anche il volto e il significato delle cose. In questo senso alcuni passaggi non sono in grado di valutarli positivamente; penso alla sentenza sul diritto all’oblio, che affida all’interlocuzione tra un individuo e un motore di ricerca la contemperazione di principi come il diritto alla riservatezza e il diritto alla libera informazione. Credo che in questo caso il ruolo di un’autorità non avrebbe appesantito lo scenario, ma avrebbe dato maggiore certezza”. “Ma allora qual è la suggestione che rimane dalla da questa lettura interessante? Io penso che sia esattamente nella crisi della dimensione pubblica e nella crisi della politica. L’affermazione dell’io come misura che diventa, nell’illusione di un’espansione della libertà, la negazione degli strumenti che in qualche modo come soggetto collettivo abbiamo per affermare anche i nostri diritti nei processi complessi. Se ognuno di noi è solo è più esposto a fenomeni di cui non è in grado di controllare la portata, e quando noi distruggiamo la dimensiona collettiva in qualche modo indeboliamo anche la dimensione individuale pur senza rendercene conto, anzi nell’illusione che sia esattamente il contrario. Penso che la rete esalti questa dimensione di crisi e di difficoltà e sia nella sua stessa natura, e che quindi Internet offra insieme a straordinarie opportunità anche l’incentivazione di qualche illusione. Occorre l’impegno di tutti perché essa sia soprattutto fattore di crescita e di sviluppo e non al contrario un fattore di limitazione”. “In questi giorni – ha concluso Giacomelli – il Governo ha depositato il disegno di riforma sulla governance della Rai; la legislazione sul servizio pubblico parte dal 1975 ed è tutta pre-digitale, come se ancora fosse possibile affrontare il mondo di oggi con gli strumenti di ieri. Lo dico per dire che dobbiamo avere consapevolezza di una limitazione che ci riguarda ma che a mio avviso è il vero fattore della crisi di coppia alla base del volume; penso che dobbiamo lavorare perché la democrazia, il liberalismo, i principi che hanno determinato la nascita dell’idea di libero mercato ritrovino esattamente la propria primazia”. 28 maggio 2015

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