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Nava: “Diamo al mercato nuovi strumenti di tutela del format”

A parlarne con Diritto Mercato e Tecnologia è l’avvocato Gilberto Nava, specializzato in TMT, uno dei giuristi designati da AGCom presso il Comitato per lo sviluppo e la tutela dell’offerta legale di opere digitali e membro del Comitato direttivo di IAIC, che in un recente seminario organizzato da APT e dalla LUISS ha approfondito quali siano gli strumenti giuridici (attuali e prospettici) per una efficace tutela del format. Durante il seminario del 7 aprile scorso presso la Luiss, nel corso del quale sono stati posti a confronto gli ecosistemi italiano e israeliano per comprendere quali siano i fattori qualificanti del successo internazionale del format televisivo israeliano, lei ha analizzato l’inquadramento giuridico e gli strumenti di tutela del format nell’ordinamento italiano.  Quali sono gli esiti? Esaminando l’ecosistema italiano, gli strumenti di tutela non rappresentano il fattore preponderante per la capacità dei format italiani di ottenere un successo internazionale, ma sicuramente l’individuazione di ulteriori modalità che garantiscano tempestivamente e efficacemente la tutela della creatività, gli investimenti per lo sviluppo, la produzione e la distribuzione delle società di produzione e la programmazione dei media potrebbe rappresentare un rafforzamento della capacità di esportare dell’intera filiera. Rispetto alle prime sentenze che non riconoscevano al format la dignità di opera dell’ingegno, il percorso evolutivo della tutela giudiziale dei format è sicuramente positivo, le più recenti sentenze della Cassazione in tema di tutela di “appunti o tracce” di serial cinetelevisivi dimostrano una crescente evoluzione della sensibilità dei giudici a tutela della creatività. Ma non possiamo dimenticare che lo strumento giudiziale soffre di due peculiarità che possono non essere coerenti con una effettiva e tempestiva tutela di un prodotto complesso come il format. Infatti l’utilizzo degli strumenti cautelari non consente al giudice un’analisi approfondita rispetto a tematiche complesse che necessiterebbero di consulenze tecniche di esperti del settore che sono incompatibili con la richiesta di una tutela urgente in via cautelare e, dall’altra parte, gli importanti orientamenti della Cassazione arrivano al termine di procedimenti che possono durare anche una decina di anni, con il potenziale effetto di  sterilizzare rilevanti investimenti industriali o di lasciare a lungo indeterminata la tutela di importanti diritti. Ma quali le proposte? È molto positivo che il Comitato consultivo permanente per il diritto d’autore, presieduto dal Prof. Marzano, abbia ripreso i lavori per una possibile modifica dell’art. 2 della Legge sul diritto d’autore (LDA), costituendo un apposito Comitato che approfondisca come definire la natura del format, ma condivido le perplessità espresse da più fonti secondo le quali la sola introduzione di una apposita novella legislativa nella LDA possa non rappresentare una soluzione efficace per tutelare tutti gli attori della filiera. Anche l’ipotesi di attribuire ad una autorità amministrativa indipendente come AGCom l’applicazione di una novella dell’art. 2 LDA, sulla base dei poteri a tutela dei diritti d’autore previsti dall’art. 32-bis TUSMAR, richiederebbe una modifica regolamentare degli artt. 11 e ss. della delibera 680/13/CONS (Regolamento in materia di diritto d’autore), ma soprattutto la realizzazione di una specifica funzione all’interno dell’amministrazione che sviluppi una competenza ad hoc sull’analisi degli elementi caratterizzanti del format. E in ogni caso il profilo risarcitorio sarebbe escluso dai poteri di AGCom. L’ipotesi di un codice di autoregolamentazione, che è stata anticipata su questa rivista dall’Avv. Tozzi, rappresenta, a mio avviso, un passo nella direzione giusta per individuare un insieme di regole pratiche che garantiscano la creatività degli autori (anche per le opere non pubblicate) e gli investimenti realizzativi e distributivi dei produttori e delle emittenti. Il successo di un codice di autoregolamentazione, che rappresenta uno strumento di soft law molto incentivato in sede europea, presuppone però, innanzitutto, che tutti gli attori della filiera produttiva, anche in forma associativa, sottoscrivano il codice di autoregolamentazione e traspongano nei contratti che disciplinano la realizzazione dei format gli obblighi di accettazione del codice e di rispetto delle regole e delle relative decisioni, ma soprattutto che sia individuato l’organismo privatistico che possa applicare con tempestività e crescente autorevolezza queste regole, introducendo strumenti di natura civilistica efficaci e dissuasivi. Vi sono due interessanti esempi che possono offrire alcune indicazioni: 1) innanzitutto la Format Recognition and Protection Association (FRAPA) che offre servizi di risoluzione delle controversie mediante un’opera di mediazione qualificata e riservata, nonché servizi di registrazione delle opere creative al fine di garantire la certificazione di anteriorità della creatività; 2) a livello nazionale l’Istituto dell’Autodisciplina Pubblicitaria (IAP), che attraverso i propri organi (Giurì e Comitato di controllo), vigila sulla lealtà della comunicazione commerciale, ma offre anche i servizi di pareri preventivi e di deposito al fine di proteggere un progetto creativo di comunicazione. A mio avviso, potremmo valutare la maturità del mercato italiano e della sua capacità di “fare sistema” più volte invocata nel corso del seminario, se si riuscisse, anche in via sperimentale, a redigere un codice di autoregolamentazione sufficientemente analitico e, facendo tesoro dell’esperienza sostanziale del FRAPA e delle modalità organizzative testate dallo IAP in 50 anni di attività, realizzare un organismo di matrice privatistica che valuti in modo qualificato la tutelabilità dei format e offra strumenti che possano dare, anche in via preventiva e comunque in modo tempestivo, maggiore certezza giuridica al mercato. In questa ipotesi un ruolo fondamentale in termini di competenza potranno svolgerlo anche le collecting societies.

Ma queste proposte come potrebbero essere attuate?

Queste proposte potrebbero trovare una loro declinazione normativa in diversi provvedimenti all’esame del Parlamento, come ad esempio nel Disegno di Legge di Delegazione europea 2015, che contiene delle deleghe al Governo per recepire la direttiva 2014/26/UE e che potrebbe essere la sede per una riflessione complessiva sugli strumenti di gestione dei diritti d’autore e dei diritti connessi e per introdurre espressamente il format nelle opere protette dell’art. 2 della LDA. Inoltre, l’importante DDL 2287, che ridefinisce la disciplina del cinema, dell’audiovisivo e dello spettacolo, potrebbe essere la sede legislativa nella quale, anche in questo settore, introdurre delle forme di incentivazione che inducano le società ad adottare dei codici di autoregolamentazione, anche in modalità associativa, che gradualmente sostituiscano con forme di soft law i tradizionali strumenti di risoluzione giurisdizionale delle controversie, rendendo la gestione dei conflitti tra le diverse tipologie di attori di questo mercato più rapida, più qualificata, meno onerosa e che favorisca soluzioni di mediazione anziché di contrapposizione. 7 maggio 2016

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