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Imprese, il Censis fotografa la carica dei millennials: “Nel 2015 32mila nuovi soggetti fondati da under 35”

Quasi 32mila nuove imprese nate nel secondo trimestre del 2015 sono state fondate da un under 35, cioè sono state aperte più di 300 imprese al giorno guidate da giovani, con una crescita del 3,6% rispetto al trimestre precedente a fronte del +0,6% riferito al sistema d’impresa complessivo. Sono alcuni dei dati forniti dal Censis con la ricerca Vita da Millennials: web, new media, startup e molto altro. Nuovi soggetti della ripresa italiana alla prova, realizzata per il Padiglione Italia di Expo e presentata oggi a Milano. Un terzo di tutte le imprese avviate nel trimestre fa dunque capo a giovani, ai quali si deve il 54% del saldo tra imprese nate e cessate nel periodo. Lo stock complessivo di imprese giovanili è così pari a 594mila, pari al 9,8% del tessuto imprenditoriale del Paese. “Alle barriere di accesso al mercato del lavoro e ai rischi di incaglio nella precarietà – spiega il Censis – i millennials italiani hanno opposto una forza vitale partendo da una potenza italiana consolidata: l’imprenditorialità. La voglia di impresa è trasversale ai territori, inclusi i più critici, perché anche nel Mezzogiorno il 40,6% delle imprese nate nel trimestre è riconducibile a un giovane, con un tasso di crescita del 3,5% rispetto al trimestre precedente”. Come è facile intuire, l’utilizzo di strumenti digitali tra i protagonisti di questo scenario la fa da padrone; il 94% dei nuovi imprenditori è utente di internet (contro il 70,9% riferito alla popolazione complessiva), l’87,3% è iscritto almeno a un social network (contro il 60,2% medio), l’84,7% utilizza lo smartphone per una connessione permanente (contro il 52,8% medio). E sono loro ad aver fatto decollare il commercio online: il 61,4% (circa 6,8 milioni di persone), contro il 27,9% dei baby boomers, nell’ultimo anno ha acquistato almeno un prodotto o un servizio sul web. Hanno comprato online prodotti alimentari 1,2 milioni di giovani, pari al 10,8% del totale (contro il 5,4% dei più adulti). Sharing economy è una delle espressioni chiave, con l’8,4% (il 4,1% dei 35-64enni) che utilizza il car sharing e il bike sharing e il 2,5% che pratica il couchsurfing, cioè lo scambio di ospitalità che consiste nel mettere a disposizione un posto letto nella propria abitazione pubblicando l’annuncio su una piattaforma web e recandosi nelle abitazioni altrui con la stessa modalità. Quasi 500mila giovani contribuiscono poi a iniziative di crowdfunding. A spiccare sono tuttavia anche i dati riferiti a mansioni, contratti e orari di lavoro. Sono infatti 2,3 milioni le ragazze e i ragazzi tra i 18 e i 34 anni che svolgono un lavoro di livello più basso rispetto alla propria qualifica (sono il 46,7% di quelli che lavorano, rispetto al 21,3% dei baby boomers di 35-64 anni). Un milione di millennials ha cambiato almeno due lavori nel corso dell’anno, 1,2 milioni dichiarano di aver lavorato in nero negli ultimi dodici mesi, 1,8 milioni hanno svolto lavoretti pur di guadagnare qualcosa, 1,7 milioni nell’ultimo anno hanno lavorato con contratti di durata inferiore a un mese, 4,4 milioni hanno fatto stage non retribuiti. “Pur di entrare nel mondo del lavoro e stare in partita – chiosa il Censis – molti di loro si accontentano di impieghi lontani dal loro percorso di formazione, anche in nero”. Inoltre, più di 3,8 milioni di millennials lavorano oltre l’orario formale (il 17,1% in più rispetto ai baby boomers). Di questi, 1,1 milioni lo hanno fatto senza ricevere il pagamento degli straordinari (il 4% in più rispetto alla fascia di 35-64 anni) e 1,7 milioni con una copertura economica solo saltuaria. A 1,1 milioni di millennials capita di lavorare anche di notte, a quasi 3 milioni durante il weekend. Ancora: 1,8 milioni lavorano a distanza, da casa o comunque lontano dal posto di lavoro, 1,9 milioni sono pendolari e 2,5 milioni viaggiano spesso per lavoro in città diverse da quella in cui risiedono. “Lavorano stando connessi, in modalità remota, con una dilatazione di tempi e luoghi di lavoro”, conclude l’istituto: “Con dedizione e disponibilità, vivono un tempo di lavoro che a volte fagocita il tempo di vita e l’impiego entra sempre di più nel quotidiano”.

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9 ottobre 2015

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