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Una rete a misura di bambini e adolescenti: intervista a Caterina Flick

di Eduardo Meligrana

I minori riconoscono i possibili rischi della rete? L’indagine “Tempo del web. Adolescenti e genitori online”, realizzata da SOS Il Telefono Azzurro Onlus con Doxakids ha voluto fare il punto circa il livello di consapevolezza che i bambini, gli adolescenti e le famiglie hanno della rete. La ricerca è stata presentata in occasione del “Safer Internet Day 2016”, la due giorni internazionale promossa dall’Unione Europea dedicata alla sicurezza dei minori in rete. Ne abbiamo parlato con Caterina Flick, avvocato, professore straordinario di “Informatica giuridica e logica giuridica presso l’Università Internazionale Uninettuno (UTIUT), esperta del settore.

Quali sono temi principali emersi nel corso del recente “Safer Internet Day” sulla tutela di bambini e adolescenti in rete?

Le due giornate hanno preso spunto dalla ricerca realizzata da Telefono Azzurro e da DoxaKids, dedicata a comprendere quanto e come bambini e adolescenti “stanno” sul web e dalla quale emerge la necessità di occuparsi del tema seriamente e con una visione di insieme. E’ stata un’occasione di confronto con gli stakeholders del mondo digitale – aziende dell’ICT e new media – e con le istituzioni nazionali e comunitarie. Al termine la proposta della “Carta di Roma” di Telefono Azzurro, con alcune raccomandazioni per tutti i protagonisti.

Per riflettere sui prossimi passi è necessario partire da alcuni presupposti, da considerare acquisiti. Per i bambini e gli adolescenti di oggi il web non è solo uno strumento, ma un vero e proprio mondo, che ha la stessa consistenza del mondo reale. I giovanissimi si collegano alla rete continuamente, per comunicare, socializzare, conoscere, esprimersi ed esprimere la propria creatività. Sono preparati e abili nell’uso degli strumenti a loro disposizione, ma non ne conoscono realmente i retroscena. Sanno, in teoria, che sul web si possono correre dei rischi, ma non sanno esattamente come porvi rimedio e a chi chiedere aiuto. A fronte di questo, i giovanissimi vorrebbero confrontarsi con interlocutori competenti e  chiedere aiuto. I genitori sono disponibili, ma nella maggior parte dei casi non sanno muoversi nella rete e non ne conoscono nemmeno i pericoli reali; d’altra parte, nella scuola ancora mancano strutture adeguate.

Tra i temi affrontati: la sicurezza in rete, che richiede un’attenzione costante; la possibilità per i giovanissimi di decidere in autonomia se e come stare nella rete; l’uso del denaro e i pagamenti online.

Qual è il ruolo delle istituzioni nella protezione dei più piccoli?

Nella difesa dei giovanissimi il ruolo delle istituzioni è determinante.

In primo luogo per implementare strumenti di difesa rispetto alla diffusione di fenomeni di cui i più piccoli sono vittime: estorsioni, pedopornografia, traffico di bambini, viaggiano ormai soprattutto in rete. In secondo luogo al fine di promuovere l’informazione e la formazione, non solo dei piccoli, ma anche degli adulti – genitori e insegnanti – che, come detto, sono i primi interlocutori con cui i giovanissimi possono confrontarsi.

Entrambi gli obiettivi richiedono interazione e collaborazione, da un lato con le istituzioni sovranazionali, dall’altro con le associazioni che già operano a stretto contatto con il mondo dei bambini e degli adolescenti.

Serve un maggiore sforzo legislativo?

Quando si parla di web il ricorso al legislatore è sempre discusso, vuoi per il timore di imbrigliare la rete, vuoi per la consapevolezza che gli interventi legislativi per essere efficaci devono avere una portata sovranazionale. Per questo lo sforzo legislativo deve essere orientato verso interventi mirati e, come detto, nell’ottica sovranazionale, almeno in ambito europeo.

Tra i fenomeni che in questo momento sono all’attenzione del legislatore c’è il cyberbullismo, con diversi disegni di legge all’esame presso i due rami del parlamento. In questo caso i giovanissimi sono sia vittime che attori, ed occorre grande equilibrio per individuare il modo giusto in cui intervenire, dato che vi sono coinvolti anche molti ragazzini e ragazzine che hanno meno di quattordici anni e per i quali – ad esempio – non è possibile prevedere una sanzione penale.

Un altro tema, complesso e che richiederebbe una riflessione, riguarda i giovanissimi e l’uso del denaro sul web. Da un lato la pedopornografia, che occupa una percentuale molto rilevante delle transazioni finanziarie, spesso effettuate con moneta virtuale, svincolata dai circuiti bancari e finanziari, poco controllata e che consente agli utenti di restare anonimi. Dall’altro l’utilizzo incontrollato di denaro sul web da parte di giovanissimi e la diffusione di giochi e la promozione di prodotti per l’infanzia e l’adolescenza che spinge i giovanissimi a spendere.

Sul fronte sociale, invece, quali forme di salvaguardia si possono sviluppare?

Informazione e formazione dei più giovani e degli adulti che li circondano riguardo ai rischi e agli strumenti di tutela sul web; sensibilizzazione, anche con campagne pubblicitarie, serie TV o internet, rispetto al corretto uso della rete, possono essere molto utili.

Oltre ad affrontare i pericoli del web, però, credo sia molto importante promuovere comportamenti etici e corretti sul web, rendendo i giovanissimi, e non solo loro, consapevoli delle conseguenze della comunicazione sul web. Argomenti come l’importanza della web-reputation e le conseguenze dell’hate speech dovrebbero essere affrontati senza mezzi termini.

Agli albori del web, quando ancora non c’erano leggi che lo regolassero, esistevano le regole delle Netiquette che insegnavano come comportarsi in rete. Credo che recuperare i principi di una buona convivenza civile sul web sia indispensabile.

Oltre che di Internet governance, nel corso dell’incontro si è parlato di imprese, quale interesse possono avere le aziende a modellare il proprio business con il mondo dell’infanzia?

È difficile dirlo. Le imprese sono dedicate al profitto, in questo senso quello dei bambini e degli adolescenti è un mercato ricco di spunti, come dimostra l’aumento di acquisti effettuati dai bambini sul web. Si va dagli oggetti – accessori, abbigliamento, dispositivi tecnologici – alla musica, all’upgrade dei giochi social, al gioco d’azzardo.

Il tema, dunque, è come stimolare le imprese a modellare il proprio business con il mondo dell’infanzia in modo etico. Un primo stimolo può venire dalla possibilità di un ritorno di immagine: la buona reputazione di un’impresa attenta all’infanzia.

L’autoregolamentazione però non è sufficiente. Occorre anche in questo caso un intervento delle istituzioni, volto non solo alla repressione di comportamenti illeciti, ma anche alla individuazione di disincentivi, possibilmente di iniziative che rendano economicamente poco conveniente coltivare un business poco etico.

15 febbraio 2016

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