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Google e diritto all’oblio, Giuseppe Busia (Garante Privacy): “Stabilito un principio sulla competenza territoriale”. Il Prof. Gambino: “Richiesta ai motori di ricerca è tutela estrema e subordinata, ma aspetti positivi per tutela delle fragilità”

Ascolta Il Podcast Della Puntata Del 18 Maggio 2014

Il dibattito andato in onda su Radio Radicale durante la trasmissione “Presi per il Web”. In collegamento anche l’esperto di policy europee sulle telecomunicazioni Innocenzo Genna

Ascolta il podcast della puntata del 18 maggio 2014
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Quale scenario si apre all’indomani della sentenza con la quale la Corte di Giustizia Europea ha stabilito che un motore di ricerca è responsabile del trattamento dei dati personali da esso effettuato anche se gli stessi appaiono su pagine di terzi? È la domanda che ha animato il dibattito della puntata del 18 maggio di “Presi per il Web“, trasmissione di Radio Radicale condotta da Marco Perduca, Marco Scialdone e Fulvio Sarzana con la collaborazione di Marco Ciaffone e Sara Sbaffi. Ospiti dell’appuntamento Giuseppe Busia, Segretario Generale del Garante Privacy, il Prof. Alberto Gambino, Ordinario di Diritto Privato presso l’Università Europea di Roma e Direttore Scientifico di Dimt, e Innocenzo Genna, esperto di regolamentazione e policy europee nei settori di Internet e delle telecomunicazioni. “Con la sentenza della Corte di Giustizia Europea si stabilisce un importante principio sulla competenza territoriale nei confronti di giganti come Google”, ha spiegato Busia. “Per quello che riguarda gli effetti immediati della sentenza noi siamo il soggetto che, nel caso in cui Google o altri motori di ricerca non soddisfino le richieste di rettifica, cancellazione o aggiornamento dei dati che arrivano dagli utenti, potrà essere interpellato per far sì che le norme vengano rispettate. La nostra competenza deriva dal fatto che la Corte ha riconosciuto come, nonostante la compagnia abbia sede al di fuori dell’Unione Europea, essa ha una divisione nazionale che si occupa della vendita di pubblicità ai soggetti economici italiani, e che questa attività sia strettamente legata a quella del motore di ricerca. In Italia, così come in tutti i Paesi dell’Unione, è questo un dato sufficiente a obbligare Google a rispettare le leggi di ogni Stato membro nel quale opera”. E sul ruolo svolto dal Garante durante il percorso che ha portato alla decisione della Corte di Giustizia, Busia ha dichiarato: “Noi a suo tempo abbiamo mandato una memoria e l’avvocatura dello Stato, e quindi il Governo, l’ha fatta sua, e quindi come nella sentenza è dichiarato chiaramente noi siamo di fianco agli spagnoli nel sostenere le tesi che poi la Corte ha certificato nella sentenza”. “La richiesta di rimozione dei link ai motori di ricerca è una tutela estrema e subordinata, andrebbe in realtà aggredita la fonte originaria dell’informazione”, ha invece chiosato il Prof. Gambino. “Occorre tenere in considerazione il caso specifico dal quale ha avuto origine la sentenza della Corte – ha proseguito il giurista – perché si tratta di una particolare condizione per la quale, per motivi legali, era impossibile la rimozione di quanto scritto su un sito che aveva il dovere di dare, e conservare, informazioni di carattere patrimoniale sul soggetto che ha adito i tribunali spagnoli. Tuttavia, in una dinamica più generale la deindicizzazione pone nuove criticità”. “In primo luogo, si conferisce un indubbio potere ai motori di ricerca con un’ampia discrezionalità che qualcuno ha giustamente definito ‘para-costituzionale’, perché non ci sono automatismi e quindi essi dovranno valutare se dare seguito o no alle richieste di rimozione sulla base dei principi di pertinenza delle informazioni, adeguatezza, eccessività e tempo. In secondo luogo, anche qualora la pagina in questione venisse deindicizzata da tutti i motori di ricerca ci ritroveremmo con archivi che continuerebbero a mostrare pubblicamente le informazioni in spazi che finiscono invece per essere ancor meno trasparenti. È per questo – ha concluso –  che in una fase applicativa necessariamente va aggredita la pagina originaria che contiene i dati e la rimozione dei link dai search engine si configura come una tutela estrema e subordinata”. “C’è tuttavia – ha spiegato Gambino – una possibilità senz’altro positiva in riferimento alla tutela delle fragilità, e per esse intendo situazioni in cui, ad esempio, gli adolescenti finiscono vittime di stalking o episodi di bullismo che spesso lasciano tracce di conversazioni molto imbarazzanti all’interno dei vari social network, soprattutto Ask.fm, conversazioni che spesso vengono indicizzate dai search. Nel momento in cui eseguo una ricerca tramite nome e cognome di ragazze e ragazzi posso incappare in una serie di risultati che mi forniscono un identikit degli stessi che si compone spesso proprio di quei frammenti di informazione che invece in questo nuovo scenario possono essere rimossi evitando così di cagionare un danno alle persone coinvolte”.

Genna ha subito dopo posto l’attenzione sulle dinamiche politiche che potrebbero portare anche ad una revisione della Direttiva in materia di protezione dei dati: “È molto probabile che la sentenza sia corretta dal punto di vista meramente giuridico ma si basi su una normativa che non riflette più la realtà attuale e può quindi essere stimolo anche ad una revisione della Direttiva in materia. Credo che la stessa Commissione guardi la sentenza da vari punti di vista. La parte che si occupa di privacy e che fa riferimento al Commissario Viviane Reding ha plaudito soprattutto sotto l’aspetto della giurisdizione territoriale, ma la parte del Commissario Neelie Kroes non ha ancora fatto sentire la sua voce”. “Per contestare una sentenza così pesante – ha poi dichiarato Genna riferendosi alle probabili mosse future dei vertici di Google, che hanno già manifestato una netta contrarietà alla decisione affidandosi tuttavia alle poche righe di uno stringato comunicato stampa – occorre allargare il novero delle aree che verrebbero coinvolte dalla stessa, così da intercettare nuovi soggetti che verrebbero colpiti dalla sentenza”.  LEGGIPrivacy e diritto all’oblio, il gestore di un motore di ricerca online è responsabile del trattamento da esso effettuato dei dati personali che appaiono su pagine web di terzi. Montuori (Garante Privacy): ‘Consonanza con direzione intrapresa dall’Autorità’. Google: ‘Decisione deludente, sopresi differisca da Advocate General’ ” “Uno, nessuno e centomila: tra reputazione online e diritto all’oblio. Montuori (Garante Privacy): ‘Importante capire il diritto alla contestualizzazione dell’informazione’ ” 19 maggio 2014

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