Massimo Proto, Ordinario di Diritto privato, è di ruolo presso l’Università degli Studi Link…
Preta: “Riforma radicale del modello di vendita dei diritti televisivi”
di Augusto Preta La decisione con la quale l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ha irrogato sanzioni a tutti i soggetti coinvolti nell’ultima gara per la vendita dei diritti televisivi (Lega Calcio, Infront e i due acquirenti Mediaset e Sky), pur nell’individuazione di diversi gradi di responsabilità, dimostra inequivocabilmente come il modello attuale di vendita necessiti di una riforma radicale. Di fatto nasce da una normativa (la cd legge Melandri/Gentiloni) del 2008, che impone il passaggio dalla vendita individuale a quella collettiva, modello peraltro già presente nella maggior parte dei maggiori campionati europei, ad eccezione della Spagna, ma la adotta in una modalità del tutto originale, poiché deve tener conto degli obblighi di Sky Italia a seguito della fusione Stream/Telepiù , che di fatto apre la strada in Italia all’ingresso di nuovi operatori (Mediaset in primo luogo e La7) sul digitale terrestre. Di conseguenza il modello di vendita messo in piedi dalla Lega Calcio e per essa da Infront, di fatto è una ratifica dell’esistente, in cui i pacchetti sono organizzati sulla base delle disponibilità di spesa degli attori presenti e delle piattaforme in cui sono presenti. Poiché il calcio rappresenta il fattore critico senza il quale è difficile poter competere nel settore della tv a pagamento, è evidente come attraverso queste procedure di vendita si sia di fatto assecondato il mantenimento dello status quo. La fine degli obblighi di Sky da un lato (dicembre 2011) e la necessità di rendere realmente aperto e competitivo il processo di assegnazione dei diritti in uno scenario sempre più dinamico e in profonda trasformazione, ipotizzando fin d’ora meccanismi di vendita esclusiva multipiattaforma per pacchetti, come avviene nei principali campionati europei e nella stessa Champions League, rende ormai ineludibile la necessità di mettere mano a una normativa che, come dimostra anche la decisione dell’Antitrust, non è più al passo con i tempi ed evidenzia forti lacune e debolezze. 25 aprile 2016