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Schermi Lcd, la Corte di Giustizia conferma l’ammenda di 288 milioni alla InnoLux

La Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha confermato l’ammenda di 288 milioni di euro inflitta alla società taiwanese InnoLux per la sua partecipazione ad un’intesa nel mercato degli schermi Lcd; per la Corte, nel caso in cui i prodotti interessati dall’intesa siano stati incorporati in prodotti finiti da un’impresa integrata verticalmente al di fuori dello Spazio economico europeo (See) la Commissione può prendere in considerazione, per il calcolo dell’ammenda da infliggere a tale impresa in ragione dell’intesa, le vendite dei suoi prodotti finiti realizzate all’interno del See a imprese terze. Si chiude dunque un caso iniziato nel 2010, quando la Commissione inflisse ammende per un importo complessivo di 648,925 milioni di euro a 6 produttori coreani e taiwanesi di schermi a cristalli liquidi, elemento principale degli schermi piatti utilizzati nei televisori e nei computer, per la loro partecipazione ad un’intesa tra il 2001 ed il 2006. Una delle ammende più ingenti fu inflitta appunto alla InnoLux per 300 milioni. Nel 2014, il Tribunale dell’Unione europea ha confermato il contenuto essenziale di tale decisione pur riducendo quest’ultima ammenda a 288 milioni di euro; tuttavia, la InnoLux ha proposto impugnazione dinanzi alla Corte di Giustizia per ottenere una riduzione maggiore. La società taiwanese contestava infatti al Tribunale di aver incluso, nel valore delle vendite prese in considerazione per il calcolo dell’ammenda, prodotti finiti venduti nello Spazio economico europeo, nei quali le sue controllate, con sede al di fuori del See, avevano incorporato gli Lcd oggetto della controversia. La InnoLux riteneva che le vendite realizzate nel mercato dei prodotti finiti non fossero in relazione con l’intesa organizzata nel mercato degli Lcd. Con la sua ultima sentenza, la Corte rileva innanzitutto che le vendite incriminate sono state realizzate non nel mercato degli Lcd, ma su quello dei prodotti finiti che li incorporano. La Corte ritiene tuttavia che tali vendite, in ragione degli effetti del prezzo degli Lcd incorporati fissato dal cartello, possono pregiudicare la concorrenza nel mercato dei prodotti finiti all’interno del See, cosicché l’intesa si riferisce ad esse. A tale riguardo, la Corte ricorda che, nel mercato dei prodotti finiti che incorporano i prodotti oggetto del cartello, le imprese integrate verticalmente possono trarre beneficio da un’intesa in due modi distinti: ripercuotendo le maggiorazioni di prezzo dei prodotti risultanti dall’infrazione su quello dei prodotti finiti, ovvero non ripercuotendolo, il che si risolve quindi nel conferire loro un vantaggio in termini di costi rispetto ai concorrenti che si procurano gli stessi prodotti sul mercato dei prodotti oggetto dell’intesa. Alla luce di tali circostanze, la Corte rileva, al pari del Tribunale, che legittimamente la Commissione ha potuto prendere in considerazione, ai fini del calcolo dell’ammenda, le vendite dei prodotti finiti che incorporano gli Lcd, e ciò in misura pari al valore degli Lcd. Successivamente, la Corte sottolinea che, nel calcolo dell’ammenda, l’esclusione di tali vendite produrrebbe l’effetto di minimizzare artificiosamente la rilevanza economica dell’infrazione commessa da una determinata impresa e di infliggerle un’ammenda priva di una reale relazione con la portata dell’intesa e con il suo ruolo nel mercato dei prodotti interessati dall’infrazione. Un tale approccio finirebbe con l’avvantaggiare le imprese integrate verticalmente che fanno procedere, nelle loro unità di produzione stabilite al di fuori del See, all’incorporazione, in prodotti finiti, dei prodotti che costituiscono l’oggetto dell’infrazione. La Corte conferma inoltre che la Commissione ha potuto trattare in modo distinto le vendite effettuate dai partecipanti all’intesa, a seconda che questi ultimi formino o meno un’impresa unica con le società che procedono all’incorporazione dei prodotti interessati in prodotti finiti. Infatti, i partecipanti all’intesa che, come la InnoLux, formano un’impresa unica con le unità di produzione che procedono a tale incorporazione, si trovano in una situazione oggettivamente diversa da quelli che formano un’impresa distinta dall’impresa che ha incorporato i prodotti oggetto del cartello. Infine, la Corte respinge l’argomentazione della InnoLux secondo la quale la presa in considerazione, per il calcolo dell’ammenda, delle vendite di prodotti finiti realizzate all’interno del See, nel caso in cui tali prodotti incorporino Lcd che sono stati oggetto di una vendita interna al di fuori del See, eccede la competenza territoriale della Commissione. Secondo la Corte, la Commissione era infatti competente ad applicare l’articolo 101 Tfue all’intesa in questione, poiché i partecipanti a tale intesa, di portata mondiale, l’avevano messa in atto nel See, realizzando su tale territorio vendite dirette di Lcd a imprese terze. Per contro, ai fini del calcolo dell’ammenda, occorre che il valore delle vendite prese in considerazione rifletta l’importanza economica dell’infrazione ed il peso relativo della InnoLux in quest’ultima, il che giustifica, nel caso di specie, la presa in considerazione delle vendite di prodotti finiti. Queste le considerazioni che hanno portato dunque la Corte a respingere integralmente l’impugnazione della InnoLux. Anche la LG Display, un altro produttore la cui ammenda iniziale di 215 milioni di euro era stata stata ridotta a 210 milioni dalla sentenza del Tribunale del 27 febbraio 2014, ha proposto un’impugnazione dinanzi alla Corte. In tale causa la Corte si è pronunciata nell’aprile scorso, anche qui confermando l’ammenda di 210 milioni. 10 luglio 2015

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