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Il Consiglio dei Ministri approva il Decreto Trasparenza, arriva il Foia. Accolte le proposte dell’Accademia italiana del Codice di Internet (Iaic)

Il Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione Maria Anna Madia, ha approvato – affidando il coordinamento formale del testo definitivo al Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, Claudio De Vincenti, in conformità a quanto deliberato dal Cdm – il decreto legislativo recante la revisione e la semplificazione delle disposizioni in materia di prevenzione della corruzione, pubblicità e trasparenza, correttivo della legge 6 novembre 2012, n. 190 e del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33, ai sensi dell’articolo 7 della legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche. Viene approvato dunque il Decreto Trasparenza e, con esso, il tanto atteso Foia, il Freedom of Information Act.

Come si legge nel comunicato di Palazzo Chigi nello specifico:

si aprono le banche dati delle amministrazioni che le gestiscono;

si rende strutturale il sito “Soldi pubblici” (http://soldipubblici.gov.it);

si introduce una nuova forma di accesso civico ai dati e documenti pubblici equivalente a quella che nel sistema anglosassone, il Freedom of Information Act (FOIA), che consente ai cittadini di richiedere anche dati e documenti che le pubbliche amministrazioni non hanno l’obbligo di pubblicare.

D’ora in poi il cittadino, a prescindere da un interesse diretto, senza doverlo giustificare, potrà richiedere alla pubblica amministrazione dati e documenti. Su Twitter, Angelo Rughetti, sottosegretario alla Pubblica Amministrazione scrive:

https://twitter.com/AngeloRughetti/status/732254271559901184

Sono state accolte le condizioni poste dalle Commissioni parlamentari nei loro pareri (cfr. intervista esclusiva di Diritto Mercato Tecnologia all’On. Anna Ascani, relatrice del parere della Camera) e sono state recepite gran parte delle osservazioni avanzate dalla Conferenza Unificata, dal Consiglio di Stato e dal Garante per la protezione dei dati personali.

In tema di accesso civico, viene eliminato l’obbligo di identificare “chiaramente” i dati o i documenti richiesti, che era una esplicita richiesta dei deputati in quanto la norma sarebbe stata “facilmente interpretabile quale obbligo per il cittadino richiedente di identificare con precisione assoluta i dati o i documenti richiesti”; viene esplicitata la prevista gratuità del rilascio di dati e documenti, il cittadino non dovrà pagare nulla in sostanza per i documenti in formato elettronico o cartaceo, salvo il costo dell’eventuale supporto materiale; viene stabilito che l’accoglimento o il rifiuto dell’accesso dovranno essere effettuati con un provvedimento espresso e motivato.

In particolare, se l’accesso è rifiutato o differito per evitare un pregiudizio concreto alla tutela di uno degli interessi pubblici o privati o per segreto di Stato, il responsabile della prevenzione della corruzione provvederà, sentito il Garante Privacy, entro dieci giorni dalla richiesta.

Ma quali sono i rimedi per il cittadino se un’amministrazione dice di no? Si potrà ricorrere, attraverso diverse strade. Quella più economica (non presenta costi) è appellarsi al difensore civico del territorio, ove presente, specie in caso di atti di regioni o enti locali, o al responsabile della trasparenza. L’altra strada più onerosa è quella del ricorso al Tribunale amministrativo, anche se la filosofia di fondo del decreto è quella di rendere il meno costoso possibile l’accesso ai documenti.

Il provvedimento si applica anche alle autorità portuali, alle autorità amministrative indipendenti e alle società partecipate (non a quelle quotate) agli enti pubblici economici e agli ordini professionali.

Un ruolo di grande rilievo è assegnato all’Anac che dovrà predisporre le linee guida per le deroghe al diritto di accesso generalizzato (le deroghe riguardano tra l’altro: sicurezza pubblica e nazionale, relazioni internazionali, difesa e questioni militari, stabilità finanziaria e indagini in corso) e dovrà anche individuare i casi in cui la pubblicazione integrale dei dati può essere sostituita dalla pubblicazione di informazione riassuntive, come anche la pubblicazione semplificata dei dati per i comuni sotto i 15mila abitanti e gli ordini professionali.

Proprio sullo schema di decreto legislativo (Atto del Governo n. 267) dal quale è nato il “Foia italiano”, lo scorso 7 aprile è stato ascoltato il parere dell’Accademia italiana del Codice di Internet (Iaic) in occasione di un’audizione parlamentare presso la Commissione Affari Costituzionali della Camera dei Deputati.

Le proposte avanzata da Iaic, tra le quali la riforma dell’istituto del silenzio-diniego e della procedura di opposizione avverso i provvedimenti di diniego all’accesso, sono state ora accolte nella versione definitiva del Decreto Trasparenza.

Nell’illustrazione di interventi migliorativi allo schema di decreto, il Prof. Alberto Gambino, presidente di Iaic, la Prof.ssa Anna Papa e l’Avv. Elena Maggio, rispettivamente componente il Comitato direttivo e Fellow di Iaic, avevano sottolineato come il diritto di accedere ai dati ed alle informazioni in possesso della pubblica amministrazione rappresenti un presupposto fondamentale per l’esercizio della libertà costituzionale di manifestazione del pensiero, anche nella prospettiva dell’ulteriore esigenza di assicurare la trasparenza della p.a.

“Non si comprendono – ha osservato la Papa di fronte alla I Commissione della Camera – le critiche formulate avverso la disposizione che specifica i limiti oggettivi all’esercizio del diritto di accesso elencando al primo comma quelli volti a tutelare gli interessi pubblici e al secondo quelli volti a salvaguardare i diritti dei soggetti privati coinvolti. Essa reca una formulazione analoga a quella impiegata da altri legislatori europei e dal legislatore americano che, proprio in questa materia, è stato un precursore”.

“Il rischio di comportamenti “opachi” da parte delle amministrazioni non risiede nella previsione di limiti oggettivi, ma piuttosto – concludeva – nella scelta di ammettere che le amministrazioni non motivino l’eventuale diniego e non si consenta al cittadino di ricorrere anche stragiudizialmente avverso tale diniego”.

Il Freedom of Information Act è uno dei cavalli di battaglia del ministro Maria Anna Madia la quale, alla vigilia dell’arrivo del testo sul tavolo del Consiglio dei Ministri, ha affermato che il Decreto Trasparenza “ci porterà a livelli di paesi più avanti di noi”.

A parere del commissario Anticorruzione Raffaele Cantone, il Foia rappresenta la pietra miliare di un cambiamento profondo di mentalità della concezione della p.a verso la trasformazione in una casa di vetro dove sarà più difficile l’annidarsi di inefficienza e corruzione.

17 maggio 2016

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