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Class action, la riforma diventa legge: cosa cambia per i consumatori

di

Massimiliano Dona*

Il Senato ha approvato lo scorso 3 aprile la riforma della class action, che ora diventa legge. Si tratta di un passo avanti importante verso una più efffettiva tutela del consumatore, la parte più debole di un rapporto contrattuale.

Anche se resta, certamente, un sostanziale squilibrio tra singolo utente e grandi aziende, grazie a questa riforma potrebbe andare progressivamente riequilibrandosi l’ASIMMETRIA dovuta al fatto che il consumatore, in caso di danno o disservizi, non ha a sua disposizione idonee azioni di tutela in tutte quelle situazioni dove il pregiudizio subito è economicamente contenuto e diventa sconveniente intraprendere un’azione legale individuale.

Com’è noto, invece, efficienti strumenti di tutela collettiva possono contribuire a ridurre gli elementi che giustificano questa riluttanza del consumatore. Nonostante l’Unione nazionale consumatori sia stata la prima associazione in Italia a vincere una class action, la verità è che le sentenze, da quando l’azione è stata introdotta nel nostro ordinamento, ossia dal 1° gennaio 2010, si contano sulle dita di una mano.

Così come era congeniato, infatti, lo strumento di tutela collettiva, non funzionava a dovere: il ridotto numero di azioni promosse, la macchinosità della procedura, l’impossibilità pratica di arrivare ad un vero risarcimento, rendevano ogni giorno più necessaria una riforma della class action. Si consideri, infatti, che i tempi lunghi della giustizia (e i costi non sempre accessibili) equivalgono troppo spesso a Giustizia nagata rappresentano un deterrente per il consumatore che ha subito un’ingiustizia ed un incentivo per le aziende scorrette.

Così, troppo spesso, grandi aziende, sicure di restare impunite, facevano di questa immunità una strategia per accumulare vantaggi (e fatturati), commettendo soprusi seriali a danno dell’utente (solo per fare un esempio basterebbe pensare alle compagnie telefoniche e alla vicenda della fatturazione a 28 giorni).

Ora si restituisce un potere di reazione al cittadino che potrà partecipare insieme ad altri danneggiati ad una unica azione processuale risparmiando costi e (si spera) anche abbreviando i tempi dei processi individuali. Per questo il giudizio dell’Unione Nazionale Consumatori sul provvedimento è tendenzialmente positivo, anche se, come sempre, sarà la concreta attuazione di queste procedure a dirci quanta strada è stata fatta nella direzione di innalzare gli standard di tutela dei consumatori.

Ma quali sono le novità del testo appena approvato? Uno degli aspetti più appariscenti riguarda il trasferimento dello strumento collettivo dal Codice del consumo (art. 140-bis) al Codice di procedura civile, introducendo, in quest’ultimo, 15 nuovi articoli (dall’art. 840-bis all’art. 840-sexiesdecies). Si amplia l’ambito d’applicazione della class action, che sarà esperibile da coloro che avanzano pretese risarcitorie in relazione a lesioni di “_DIRITTI INDIVIDUALI OMOGENEI_”.

Non si fa più cenno, nel testo, alla parola “consumatori” e questo (almeno nella lettura giornalistica di queste prime ore ha disorientato alcuni interpreti): per la verità la legge spiega che l’azione “_può essere esperita nei confronti di imprese ovvero nei confronti di enti gestori di servizi pubblicici o di pubblica utilità relativamente ad atti o comportamenti posti in essere nello svolgimento delle loro rispettive attività_”. Da ciò è facile desumere che restiamo (principalmente) nell’ambito dei rapporti di consumo.

L’azione potrà essere attivata da ciascuno componente della classe, cioè dai singoli danneggiati, nonché dalle organizzazioni o associazioni senza scopo di lucro (come le associazioni di consumatori) che hanno come scopo statutario la tutela degli interessi pregiudicati.

Queste dovranno essere iscritte in un elenco tenuto dal Ministero della Giustizia: varrà, quindi, anche per le associazioni di consumatori, nonostante siano già iscritte nell’elenco del Ministero dello Sviluppo Economico. Un fatto questo che consideriamo positivo: considerata la responsabilità di avviare una azione nell’interesse di platee potenzialmente molto estese è bene verificare che le organizzazioni promotrici ne siano effettivamente capaci e non soffrano di alcun conflitto di interesse.

Come detto, la nuova class action potà avere come controparte imprese ed enti gestori di servizi pubblici o di pubblica utilità, ma non contro la Pubblica amministrazione (e questo è un altro limite della riforma, anche se non è facile stimare ad oggi l’ampiezza di questo campo d’azione della tutela di consumo).

Il giudice competente è individuato nel “Tribunale delle Imprese”, ed il foro competente sarà necessariamente quello della sede dell’impresa. La procedura è molto snella, entro il termine di trenta giorni dalla prima udienza il Tribunale valuterà (con ordinanza) l’ammissibilità della domanda, ma potrà sospendere questo giudizio preliminare se è già in corso un’istruttoria davanti a un’Autorità indipendente, (come Antitrust o Agcom) o un giudizio al Tar. In tal caso, inevitabilmente, si allungheranno di molto i tempi del procedimento.

Interessante il potenziamento della fase di adesione dei singoli danneggiati che si apre in due momenti: fin dall’inizio, subito dopo l’ordinanza di ammissibilità e poi nuovamente, all’esito di una sentenza di accoglimento: il Tribunale fissa un termine perentorio entro il quale i soggetti interessati possono richiedere di aderire all’azione di classe, senza la necessità di rivolgersi ad un avvocato.

Questa nuova dinamica di partecipazione è forse la novità più importante perché consente ai danneggiati di aderire all’azione anche dopo la sentenza di accoglimento: in tal modo sarà finalmente possibile una partecipazione più massiccia alle azioni di classe, che finora, anche se vittoriose, hanno registrato pochi aderenti, vista la normale riluttanza del consumatore e la sua sfiducia nel sistema giudiziario.

Insomma, la speranza è che, d’ora in poi sarà più facile per le nostre Associazioni di “popolare” le classi di persone che, avendo subito un danno, intendano partecipare.

Altra buona notizia: se sarà necessario nominare un consulente tecnico d’ufficio, il Giudice potrà mettere a carico dell’azienda convenuta l’obbligo di anticipare le spese.

Nel testo, purtroppo, non è previsto il principio del danno punitivo, efficace deterrente per le imprese scorrette, specie a fronte di micro danni seriali, ma va ricordato che si tratta di un istituto di matrice anglosassone che forse sarebbe stato difficile trapiantare nel nostro sistema. Dunque, meglio una riforma sostenibile che correre il rischio di bloccare tutto in futuro con eccezioni di incostituzionalità.

Quanto al regime transitorio (tema che ha scatenato la bagarre politica) le nuove disposizioni si applicheranno alle condotte illecite poste in essere successivamente alla data di entrata in vigore della legge, mentre per quelle precedenti continuano ad applicarsi le disposizioni del vecchio art. 140 bis del Codice del Consumo.

Purtroppo, punto dolente, la legge entrerà in vigore solo dopo 12 mesi dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale (sperando che a questo termine così lungo non si aggiungano altri rallentamenti dovuti all’attesa dei decreti attuazione di competenza del Ministero della Giustizia).

In conclusione meritano un cenno le molte critiche che sono già piovute sul provvedimento: in sostanza, c’è chi teme che la nuova class action possa penalizzare le piccole imprese o gli investimenti, ma sul punto è bene sgombrare il campo dalle fake news: la class action non danneggia gli imprenditori e non penalizza le imprese, come alcuni vogliono far credere.

Anzi, premia gli imprenditori onesti e lungimiranti, che sono poi la stragrande maggioranza, scoraggiando i comportamenti scorretti che accrescono la sfiducia dei consumatori dal mercato e penalizzano gli investimenti perché nessuna impresa straniera amerebbe entrare in un far-west dove governano le imprese che giocano con pubblicità ingannevoli, pratiche commerciali scorrette, aggressive, attivazioni di servizi non richiesti, etc.

Non c’è bisogno di molte altre parole per ricordare ai detrattori di questa nuova conquista che una più efficace tutela dei consumatori è stimolo all’innovazione e dà un contributo imprescindibile alla ealizzazione di una concorrenza stabile e sostenibile!

 

* Avvocato, Presidente dell’Unione Nazionale Consumatori (www.consumatori.it)

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