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Il Comitato nazionale per la bioetica dà l’ok all’uso di triptorelina. La riflessione della Prof.ssa Laura Palazzani

di Eduardo Meligrana Il Comitato Nazionale per la Bioetica ha espresso il proprio parere sull’eticità dell’utilizzo del farmaco triptorelina per il trattamento di adolescenti con disforia di genere in risposta ad un quesito proposto dall’Aifa.

Pubblicato sul sito del Cnb, e approvato nel corso della Plenaria del 13 luglio scorso, il parere dà il via libera all’utilizzo del farmaco con raccomandazioni ispirate alla cautela e alla valutazione, caso per caso, per l’uso negli adolescenti affetti da una condizione frequentemente accompagnata da patologie psichiatriche, disturbi dell’emotività e del comportamento, con autolesionismo ed elevata incidenza di suicidio.

La decisione ha suscitato consensi come critiche e perplessità, riaccendendo il dibattito sull’uso del farmaco che mostra anche gravi controindicazioni e richiede approfondimenti scientifici.

Abbiamo chiesto alla Prof.ssa Laura Palazzani, Ordinario di Filosofia del Diritto presso il Dipartimento di Giurisprudenza della Lumsa, di illustrarci i tratti salienti del parere e del delicato e complesso argomento.

Professoressa Palazzani, il Comitato Nazione di Bioetica ha dato parere favorevole all’utilizzo della triptorelina, il farmaco capace di bloccare l’attività dell’ipofisi e di ‘sospendere’ la pubertà usato nei bambini e negli adolescenti con disforia di genere. Può illustrarci e commentare il parere?

Il CNB ha elaborato un parere in risposta ad un quesito di AIFA. Bisogna premettere che la disforia di genere negli adolescenti è frequentemente accompagnata da patologie psichiatriche, con autolesionismo ed elevata incidenza di suicidio e che la prescrizione di questo farmaco per la disforia di genere è di fatto già praticata, secondo la modalità delle “indicazioni diverse da quelle autorizzate” (off label), affidata al medico generico, sia in Italia che all’estero.

Il documento del Comitato, sulla base dell’analisi della letteratura e audizioni con i massimi esperti nel settore, espone, su un piano descrittivo, i benefici e i rischi. Tra i benefici, sono individuati: la possibilità per l’équipe medica di “ampliare la finestra diagnostica” per una indagine più accurata e consentire una maturazione della consapevolezza dell’adolescente; la prevenzione di cambiamenti fisici irreversibili della pubertà, nella misura in cui gli adolescenti effettivamente cambieranno sesso (essendo la percentuale di ‘persistenza’ elevata), consentendo un possibile futuro uso inferiore di ormoni e interventi invasivi sul corpo; la prevenzione delll’auto-somministrazione di farmaci acquistati on line, in assenza di controllo e monitoraggio specialistico.

Il CNB è ben consapevole dei rischi di tale utilizzo, data la incertezza su dati di sicurezza ed efficacia, ma è anche altrettanto consapevole della condizione di particolare vulnerabilità degli adolescenti sotto il profilo psicologico e sociale.

Il CNB – dopo ampio dibattito – ha deciso di non entrare nel merito della ricostruzione filosofica del gender, avendo registrato all’interno posizioni contrapposte, ma di limitarsi a rispondere al quesito di AIFA.

Va chiarito che il Comitato è contro la liberalizzazione dell’uso della triptorelina (situazione ora vigente) e legittima l’uso ma solo a condizioni molto restrittive, espresse in alcune raccomandazioni, ispirate alla cautela e alla valutazione caso per caso.

Il Comitato ritiene che la condizione necessaria per l’uso sia solo la provata inefficacia dell’assistenza psicologica, psicoterapeutica, psichiatrica. In questo senso è indispensabile un protocollo di interventi e linee guida condivise (attualmente mancante). Il Comitato pertanto raccomanda che l’uso sia subordinato ad alcune condizioni: la diagnosi possibilmente precoce (ove è segnalata nella letteratura una persistenza dell’intenzione), da una équipe multidisciplinare e specialistica, composta almeno da uno specialista in neuropsichiatra dell’infanzia e dell’adolescenza, endocrinologia pediatrica, psicologia dell’età evolutiva e bioetica; sia utilizzato solo dopo che interventi psicologici, psicoterapeutici e psichiatrici, rivolti a rimuovere cause di sofferenza indotte da motivazioni sociali, siano risultati inefficaci. Evidenzia altresì che siano evitate forme di automedicazione e trattamenti non adeguatamente monitorati dai medici specialisti a causa degli elevati rischi.

Con riferimento al minore di 12 anni, il CNB riconosce la delicatezza del consenso informato, e richiede l’ausilio di professionisti del settore, considerando le specifiche condizioni fisiche e psichiche. In ogni caso il Comitato ritiene che debba essere messa al centro di queste decisioni la tutela della salute psico-fisica del minore (come secondo la legge 219/2017), non certo la discrezionalità del medico o dei genitori.

Inoltre il Comitato raccomanda una adeguata formazione anche del pediatra di base su questi temi (oltre che alla rete socio-sanitaria di base), affinché possa indirizzare adolescenti e famiglie presso i centri multispecialistici competenti e raccomanda studi di sicurezza efficacia e follow-up fisico-psichico sui casi (selezionati) trattati, oltre ad un accesso equo e omogeneo.

Il Comitato, in conclusione, evidenzia ad AIFA che il vero problema non è la rimborsabilità del farmaco, ma la necessità di una regolamentazione per chiarire le particolari condizioni di somministrazione del farmaco nella diagnosi e nel trattamento della DG in adolescenza.

In questo senso il Comitato ritiene che la situazione attuale sia carente, mancante di un approccio combinato da parte di un team multidisciplinare e senza alcuna garanzia che l’informazione ai genitori e il consenso informato del minore siano assunti con la necessaria accuratezza.

Il Comitato ribadisce che la questione della rimborsabilità e della relativa inclusione nell’elenco istituito ai sensi della L. 648/96 (oggetto della richiesta AIFA) non risolve alcuno di questi problemi, perché si limita a stabilizzare sul piano economico l’uso del farmaco, lasciando aperti i problemi etici rilevanti esplicitati nel documento.

Il parere è stato votato dalla maggioranza dei componenti del CNB, con una postilla di dissenso e due astensioni, dei rappresentanti dell’ISS e CSS, che non hanno esplicitato le loro motivazioni.

Da più parti è stato chiesto al Comitato bioetico un ripensamento in ragione di quali considerazioni?

Il documento, come facilmente intuibile, è di estrema delicatezza e complessità, data la diversità di posizioni nel contesto pluralistico del Comitato tra chi ritiene che la disforia di genere sia una patologia e chi ritiene che sia una condizione, tra chi ritiene che la dimensione naturale debba prevalere sulla scelta individuale e chi considera il desiderio soggettivo la dimensione prioritaria.

Il Comitato ha cercato, con una faticosa discussione, di trovare alcune linee comuni..Partendo anche della considerazione della realtà di fatto, ossia che alcune Società scientifiche internazionali e nazionali ne propongono l’uso e che alcune strutture sanitarie in Italia e all’estero già trattano casi singoli.

Si è trovata una condivisione nella identificazione delle condizioni restrittive dell’uso, legittimato – come detto – ponendo al centro la sofferenza dell’adolescente, non altrimenti lenibile, con grave rischio di autolesionismo e di suicidio.

Sono emerse critiche a questo documento sia da parte dei libertari sostenitori del gender che vorrebbero la liberalizzazione, sia da parte di alcuni cattolici che chiedono la proibizione.

Ci tengo a sottolineare che le critiche (spesso con toni ‘sopra le righe’ e accuse di ‘nazismo eugenista’ che non fanno che suscitare emotivismi irrazionali senza proporre adeguate ragioni) nascono da una non lettura del testo che, ripeto, non ha ‘liberalizzato’ la triptorelina, ma al contrario ne ha riconosciuto ‘restrizioni’ applicative rispetto all’attuale uso liberalizzato, richiamando anche AIFA a normare tali restrizioni e non limitarsi a considerare il problema della rimborsabilità (certamente secondario sul piano etico).

Vorrei anche precisare che tutti gli esperti auditi al CNB, anche coloro che avevano un atteggiamento più prudenziale (come i Proff. Vicari e Cappa, dell’OPBG) hanno ritenuto che in alcuni casi non ci fossero altre soluzioni.

Una sorta di ‘uso compassionevole’, se mi è consentito usare questa espressione, quando è stato provato tutto (incluse la psicoterapia e interventi psichiatrici, ripeto) e tutto è risultato inefficace, a fronte di rischi elevati di autolesionismo e suicidio. Non abbiamo certo ritenuto che una ‘banale somministrazione di una molecola’ risolva il problema: abbiamo scritto, invece, che va provata la inefficacia di psicoterapia e interventi psichiatrici prima di passare alla triptorelina.

Mi pare dunque che si tratti di un approccio – quello delinato dal CNB – non riduzionistico, bensì olistico, attento soprattutto alla dimensione psichica del minore sofferente.

 

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