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Serve una via italiana per il tracciamento dei dati

Le istituzioni italiane stanno affrontando, di pari passo con l’evoluzione del quadro sanitario del Paese, il tema del controllo dei contagi e, quindi, della diffusione del virus che ha nel contatto tra individui il suo principale veicolo. Interazioni sociali, spostamenti sul territorio, utilizzo dei servizi essenziali e svolgimento della propria attività lavorativa, sono i quattro principali parametri che delimitano il recinto entro cui i cittadini possono svolgere le proprie attività quotidiane in tempo di misure di mitigazione dei rischi di contagio.

Il monitoraggio tramite le nuove tecnologie va incoraggiato e favorito, dato che può incrementare di gran lunga la capacità di perimetrare adeguatamente le zone del contagio, ma quali sono gli elementi da considerare? Senza ombra di dubbio la nozione popolare di privacy rischia di essere seppellita dalle impellenti necessità di salvaguardare la salute pubblica.

Ma anche da un punto di vista giuridico, in punto di bilanciamento di diritti, interessi e libertà, la tutela diffusa del diritto alla salute di tutti prevale, nel frangente, sul resto. Ma l’analisi, neanche quella giornalistica, o peggio da strada, può fermarsi qui, in quanto il rischio di minare talune libertà a favore di altre è alto.

Ecco perché è importante sottolineare che l’extraordinem dovuto allo stato di emergenza deve avere durata temporanea e di conseguenza qualsiasi utilizzo di tecnologie per il monitoraggio dei cittadini debba essere normato da una legislazione speciale e circoscritta al termine dello stato di necessità e che delinei senza alcun margine interpretativo gli scopi di questo utilizzo.

È però opportuno stigmatizzare e denunciare ogni tentativo di strumentalizzare la tutela della privacy come ostacolo all’uso della tecnologia per contrastare il contagio.

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