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Big Data e Scienze della vita, i rischi per la cybersecurity
(Via Agenda Digitale)
L’utilizzo dei Big Data nelle Scienze della Vita e la crescente interdipendenza tra dominio cyber e biologia comportano una serie di rischi per la Bioeconomia italiana ancora inesplorati. Una delle cause è la mancanza di una disciplina specifica per lo studio delle cyberbio minacce. Per questo serve che l’Italia adotti una strategia specifica a difesa del settore di cui rappresenta un’eccellenza europea.
Molti servizi e attività economiche dipendono ormai da sistemi IT e cloud-computing (transazioni finanziarie, sanità, servizi di pubblica amministrazione, difesa, bioeconomia, etc..). Gli attacchi informatici rappresentano perciò la minaccia più importante e potenzialmente più pericolosa al giorno d’oggi. Una delle cause è la centralizzazione di sistemi e servizi, che espone al rischio di ingenti danni economici e sociali. La mancanza di consapevolezza degli utenti riguardo la sicurezza di dispositivi, dati, servizi online e cloud è un problema costante.
Secondo Hugh Thompson e Steve Trilling, attacchi informatici contro grandi aziende e siti Web saranno inevitabilmente parte dello scenario cyber globale del 2019. Organizzazioni e aziende ben note a livello mondiale hanno subito gravi violazioni nel 2018 e si prevede che questo trend proseguirà (e forse aumenterà) nei prossimi anni.
Per esempio, il grave data breach, di cui Exactis è stato vittima, ha esposto circa 340 milioni di dati personali. Ogni azienda non può ritenersi totalmente al sicuro da violazioni, accessi non autorizzati o furto di dati. Le società di consulenza e vendita di prodotti per la cybersecurity certamente aiutano a ridurre e contenere i rischi, ma il rischio zero non esiste.
Esiste un settore (in crescita dal punto di vista economico) che è fortemente a rischio, ma di cui né la cybersecurity né la biosecurity, come discipline, si occupano adeguatamente e sono in grado di fronteggiarne le minacce: la bioeconomia (intesa come industria delle biotecnologie, biomedica, agricola, biofarmaceutica, della bioenergia, bioinformatica). Questo settore vale 2 trilioni di euro in Europa, di cui ben 260 miliardi solo in Italia. E’ un settore esposto a rischi emergenti ancora da definire, ma certamente in grado di riportare danni critici.
In primo luogo ciò deriva dal contesto: la Quarta Rivoluzione Industriale e l’era dei Big Data nella quale viviamo e la crescente dipendenza dai sistemi IT e cloud-computing espone la bioeconomia a minacce poco conosciute alla frontiera tra cyber e biosecurity. A dicembre 2017, l’American Association for the Advancement of Science, il Federal Bureau of Investigation e lo United Nations Interregional Crime and Justice Research Institute hanno richiamato l’attenzione del governo americano e presentato un report in cui si spiega la necessità di analizzare e approfondire le implicazioni che l’uso dei Big Data nelle Scienze della Vita comporta per la sicurezza nazionale e transnazionale.
Alcuni esempi sono i rischi per le aziende che usano laboratori per il trattamento di materiale biologico a scopo scientifico e/o business. Tali laboratori utilizzano sistemi IT, cloud e altri sistemi per la conservazione e il trattamento dei dati, nonché per le attività di ricerca. Ciò li espone a furti, sottrazione e accesso non autorizzato a dati da parte di aziende competitor, cyber criminali, Paesi esteri, a scopo di ricatto piuttosto che estorsivo o addirittura a rischi di compromissione del loro funzionamento e necessità di lock-down delle strutture. Inoltre, le aziende di questo tipo e in particolare quelle italiane, spesso all’avanguardia a livello mondiale, vivono di ricerca, innovazione e scoperte molto importanti e uniche.
Per questo vi sono esempi di rischi non solo riguardanti il furto e la sottrazione di dati, ma anche legati a ricerca e innovazione. Ad esempio, scoperte sulle modifiche al genoma umano, intelligenza artificiale, automation, DNA-synthesis.
Le innovazioni nei campi biotecnologia, biologia, genetica, biomedicina, agricoltura permettono di ottenere nuove capacità e prodotti per migliorare la vita e l’ambiente.
Ma tali capacità sono così sviluppate che, nel 2017, ricercatori dell’Università di Washington hanno reso noto di essere riusciti a infettare un computer utilizzando un malware incorporato in una molecola genetica. Questa scoperta, seppur non ancora sul mercato e difficilmente riproducibile (considerando i costi), inserita in un contesto più ampio di ricerca e innovazione scientifica dual-use pone dei seri rischi (ancora da analizzare) oltre a quelli conosciuti e affrontati dalla cybersecurity e dalla biosecurity. La scoperta del malware biologico è solo un esempio della caratteristica duale che la ricerca in vari campi della bioeconomia possiede.
Vi è quindi un gap che ricercatori della Virginia Polytechnic and State University stanno cercando di colmare, avendo creato una nuova disciplina chiamata cyberbiosecurity e definita come formal new enterprise which encompasses cybersecurity, cyber-physical security and biosecurity as applied to biological and biomedical-based systems.
Questa disciplina studia proprio le minacce alla bioeconomia derivanti dall’utilizzo dei sistemi IT e dei Big Data affinché il settore possa adottare appropriate strategie di contrasto e sviluppare capacità di resilienza. Mentre vi sono certamente delle vulnerabilità identificabili e dei rischi affrontabili esclusivamente dalla cybersecurity, la maggior parte non lo sono. In alcune circostanze non esistono soluzioni al momento. La cyberbiosecurity cerca quindi di affrontare questi problemi, tramite un system of systems approach.
Essendo la bioeconomia italiana leader in Europa e nel mondo, salvaguardare il settore promuovendo iniziative a livello nazionale e europeo è cruciale. Il governo statunitense, già dal 2017, è attento ai rischi di cyberbiosecurity e ha deciso di investire tramite il Dipartimento della Difesa e lo US Strategic Command (USSCSTRATCOM).
In Italia l’attenzione è principalmente su come mettere a sistema e strutturare il settore tramite il Piano Nazionale per la Bioeconomia e anche in Europa l’attenzione sulla cyberbiosecurity è limitata. Manca ancora una particolare attenzione a strategie per la tutela dai rischi emergenti dall’interdipendenza dominio cyber-biologia.
Come evidenziato dai ricercatori della Virginia Polytechnic and State University, è importante formare i dipendenti di aziende nel campo bioeconomico e renderli consapevoli dei nuovi rischi (mano a mano che vengono scoperti) che la dipendenza delle Scienze della Vita e della Biotecnologia dal dominio cyber comportano. Tecnici di laboratorio, managers e vertici delle aziende dovrebbero essere formati, in modo da creare protocolli adeguati a prevenire e (nel caso) fronteggiare le cyberbiosecurity threats.
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