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Data Driven Innovation o Medioevo 4.0? I seminari dell’InnoLawLab dell’Università Europea di Roma

Data Driven Innovation o Medioevo 4.0?

di

Andrea Colaruotolo*

Nell’ambito del ciclo di “Incontri con i Protagonisti” dell’InnoLawLab – Laboratorio di Diritto dell’Innovazione del Corso di Laurea in Giurisprudenza dell’Università Europea di Roma, mercoledì 17 aprile sono intervenuti Giuseppe Busia, Segretario generale dell’Autorità Garante Privacy e docente di Diritto e gestione dei dati e personali e delle biotecnologie presso l’Università Europea di Roma, e Luca Bolognini Presidente dell’Istituto Italiano Privacy, alla presenza dei Professori dell’InnoLawLab Andrea Stazi, Marco Scialdone e Davide Mula.

Il leitmotiv dell’incontro è stato la cd. “Data Revolution”. Quest’ultima, invero, evoca la più importante sfida del XXI secolo in cui si contrappongono opportunità e regole.

Nella prima fase della discussione, l’attenzione è stata posta sulla “Data Driven Economy”. Secondo l’Osservatorio Big Data Analytics & Business Intelligence, infatti, il mercato dei “Big Data” ha raggiunto nel 2018 solo in Italia il valore complessivo di circa 1,4 miliardi di euro, con un trend di crescita del 25 % annuo. Lo sfruttamento dei dati diventa così elemento di competitività, essenziale non solo nella produzione di nuovi prodotti e servizi ma anche nella gestione del business, nei processi decisionali, nella creazione dell’innovazione e nella diffusione di conoscenza.

La Data Driven Economy rappresenta lo snodo fondamentale dei cd. “Big Data”, una massa di informazioni grezze attraverso la cui aggregazione ed elaborazione è possibile estrarre valore. La ricchezza dei dati riposa nella loro capacità di predire il futuro e di consigliare azioni mediante l’analisi dei legami tra le informazioni esistenti.

I tratti essenziali dei Big Data sono tre: volume, varietà e velocità. Il digitale e la multimedialità diffusa generano un enorme flusso continuo di dati la cui elaborazione si erge a motore dell’innovazione. L’abilità di stabilire correlazioni tra le informazioni consente di trasformare i dati in “smart data” a supporto del business. In sostanza, la Data Driven Economy si basa non sulla mera amministrazione ed organizzazione di una quantità di dati ma sulla capacità di elaborazione delle informazioni raccolte da cui estrapolare conoscenza.

Il tema in commento, quindi, si collega alla cd. “Big Data Analytics” e alla cd. “Data science”. La prima si traduce nel processo di raccolta e di analisi di grandi volumi di dati per estrarre valore mentre la seconda consiste nella risoluzione analitica di problemi complessi attraverso l’integrazione dei dati e lo sviluppo di algoritmi. Pertanto, il ricorso ai Big Data diventa fondamentale per cogliere nuove opportunità e gestire fenomeni di sviluppo come l’Industria 4.0, il Digital banking, lo Smart retail e la Customer centricity.

Nella seconda fase della discussione, viceversa, è stato posto l’accento sul tema della protezione dei dati. Ad avviso di Giuseppe Busia, invero, i dati rappresentano “frammenti di libertà”. Per il Segretario generale del Garante Privacy, dunque, occorre chiarezza su come i dati vengono raccolti, usati e conservati. Tanto discende dal fatto che le regole sulla privacy sono norme a tutela della libertà. Per l’effetto, trasparenza e consapevolezza devono essere le due linee guida nel trattamento dei dati personali in rete a sostegno dell’autodeterminazione personale. In tale direzione, è stato raggiunto un risultato significativo con l’entrata in vigore del Regolamento europeo sulla privacy 2016/697 (cd. GDPR).

A vantaggio dei cittadini, sono state introdotte regole più chiare su informativa e consenso in rete attraverso la predisposizione di un tessuto di disposizioni vincolanti per tutti gli Stati Membri. Le garanzie del GDPR, peraltro, trovano applicazione anche alle imprese situate fuori dall’UE che offrono servizi e prodotti all’interno del mercato unico europeo.

Sono stati, quindi, definiti a tutela dei fruitori dei servizi online i limiti al trattamento automatizzato di dati personali e previste sanzioni in caso di violazione della normativa privacy. Nell’ottica del Legislatore europeo, infatti, la predisposizione di standard comuni di sicurezza a garanzia degli utenti della rete è essenziale per la fiducia dei cittadini e la crescita dei servizi.

Per Luca Bolognini, ancora è inesplorato il delicato problema del rapporto tra GDPR e Data Driven World. Da una parte, l’approccio formalistico dell’Unione Europea. Dall’altro, la visione pragmatico efficientistica della Data Driven Economy. Questioni controverse, infatti, sorgono in punto di consenso informato al trattamento dei propri dati personali con riguardo agli Iot (internet of things), alle AI machine learning e allo sviluppo della rete 5G.

Ed ancora, emergono all’orizzonte rischi di pratiche anticoncorrenziali legate al cd. Dynamic pricing allorquando gli algoritmi finiscano per stabilire attraverso l’aggregazione dei dati prezzi personalizzati. Uno scenario futuro dell’utilizzo dei Big Data può essere, altresì, rappresentato dal fenomeno del cd. “social scoring”, basato sulla profilazione discriminatoria delle persone a seconda dei comportamenti tenuti in rete.

Dinanzi ad un’epoca di grande complessità e di rapido cambiamento come quella attuale, conclusivamente, occorre un ripensamento o, quantomeno, un aggiornamento delle tradizionali categorie del diritto. Emerge, quindi, la necessità di individuare un punto di equilibrio tra esercizio della libertà di impresa, innovazione e tutela dei diritti fondamentali attraverso la responsabilizzazione di tutti gli attori. Diversamente opinando, secondo Luca Bologni la Data Driven Innovation rischia di trasformarsi in un Medioevo 4.0.

 

*Dottorando di ricerca – Fellow dell’InnoLawLab – Laboratorio di Diritto dell’innovazione presso l’Università Europea di Roma

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