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E-commerce: la Corte di giustizia UE blocca gli obblighi supplementari imposti dall’Italia ai fornitori di servizi online

In Italia, i fornitori di servizi di intermediazione e di motori di ricerca online come Airbnb, Expedia, Google, Amazon e Vacation Rentals sono soggetti a specifici obblighi introdotti tramite disposizioni nazionali del 2020 e 2021. Tali obblighi includono l’iscrizione in un registro tenuto dall’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (AGCOM), la trasmissione periodica di documenti sulla loro situazione economica, la comunicazione di informazioni dettagliate e il versamento di un contributo economico. Sanzioni sono previste in caso di mancato rispetto di questi obblighi.

Queste società hanno contestato tali disposizioni dinanzi a un giudice italiano, sostenendo che l’aggravio amministrativo risultante contrasti con il diritto dell’Unione Europea. Le aziende, con l’eccezione di Expedia, che ha sede negli Stati Uniti, hanno invocato il principio della libera prestazione dei servizi e affermato di dover essere soggette principalmente alla normativa del paese dell’UE in cui sono stabilite, come Irlanda o Lussemburgo. Hanno quindi ritenuto che il diritto italiano non potesse imporre loro ulteriori requisiti per l’accesso ai servizi della società dell’informazione.

Il giudice italiano ha quindi deciso di rivolgersi alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea. La Corte ha stabilito, in data 30 maggio 2024, che il diritto dell’Unione impedisce l’adozione di misure come quelle imposte dall’Italia. Secondo la direttiva sul commercio elettronico, è competenza dello Stato membro d’origine della società che fornisce servizi della società dell’informazione disciplinare la prestazione di tali servizi. Gli Stati membri di destinazione devono rispettare il principio di reciproco riconoscimento e non devono limitare la libera prestazione di tali servizi, salvo eccezioni specifiche.

Pertanto, l’Italia non può imporre obblighi supplementari ai fornitori di servizi stabiliti in altri Stati membri che non siano previsti nello Stato membro di origine. La Corte ha inoltre sottolineato che tali obblighi non rientrano tra le eccezioni consentite dalla direttiva sul commercio elettronico, non essendo necessari per tutelare gli obiettivi di interesse generale previsti dalla direttiva stessa. Infine, la Corte ha affermato che l’introduzione di tali obblighi non è giustificata dalla finalità di garantire un’applicazione adeguata ed efficace del regolamento sulla trasparenza e l’equità per gli utenti commerciali dei servizi di intermediazione online.

 

 

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