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Giustizia sportiva d’emergenza

Di Alberto M. Gambino, Piero Sandulli, Michela Morgese

1 .   Giustizia sportiva e pandemia.

Gli effetti della pandemia, così come è accaduto per altre vicende processuali, si sono riversati anche sul processo sportivo, il quale, sia di tipo endo, che eso federale, ha avuto un “tempo sospeso” dovuto al blocco delle competizioni sportive.

Da tale crisi sono, però, scaturite delle opportunità che la giustizia sportiva ha saputo cogliere.

È stato, infatti, accelerato il processo di informatizzazione di essa e sono stati predisposti protocolli per la gestione, da remoto, dei giudizi, sia quelli che hanno svolgimento davanti ai giudici federali, che quelli che trovano attuazione presso i giudici sportivi.

Il procedimento di telematicizzazione si è reso necessario anche in vista della eventuale ripresa delle competizioni che, in particolare nel calcio, vedrà la disputa delle partite con tempi molto ravvicinati tra loro, circostanza questa che, a sua volta, troverà i giudici sportivi impegnati a rispondere alla potenziale domanda di giustizia in tempi ristrettissimi, a cui solo l’utilizzo della modalità da remoto potrà consentire una sollecita risposta.

Oltre all’accelerazione della telematicizzazione del processo sportivo, peraltro già avviata, in seno alla Federcalcio, dall’autunno del 2019, la pandemia, causata dal coronavirus, ha prodotto anche un nuovo giudizio sportivo speciale regolato dall’art. 218 del decreto legge “rilancio” (n. 34 del 2020) il quale si è occupato, nel capo quarto del suo ottavo titolo, delle misure relative allo sport (artt. 216, 217 e 218, rispettivamente rubricati “Disposizioni in tema di impianti sportivi”, “Costituzione del ‘Fondo per il rilancio del sistema sportivo nazionale’” e “Disposizioni processuali eccezionali per i provvedimenti relativi all’annullamento, alla prosecuzione e alla conclusione delle competizioni e dei campionati, professionistici e dilettantistici”). Va anche ricordato che, nella parte dedicata al lavoro (titolo terzo), sono rinvenibili alcune norme legate alla tutela del rapporto di lavoro sportivo (art. 98, recante, letteralmente, “Disposizioni in materia di lavoratori sportivi”).

Invero, l’art. 218, rubricato “disposizioni processuali eccezionali per i provvedimenti relativi all’annullamento, alla prosecuzione e alla conclusione delle competizioni dei campionati professionistici e dilettantistici”, contiene alcune deroghe, relative alle disposizioni dell’ordinamento sportivo, in merito ai campionati professionistici inerenti sia la stagione agonistica in corso (2019/2020) che quella successiva (2020/2021). In virtù di dette deroghe, contenute nel comma 1 e nel comma 2 dell’art. 218, le Federazioni sportive sono legittimate ad operare, in via eccezionale, in merito alla organizzazione, alla composizione ed alle modalità di svolgimento delle competizioni e dei campionati. Inoltre, alle Federazioni, sia di quelle aderenti al CONI, che quelle inserite nel Comitato Paralimpico, è consentita la possibilità di definire le classifiche finali dei campionati professionistici e di quelli dei dilettanti, in deroga alle regole che, all’inizio della stagione in corso (2019/2020), erano state dettate dalle Federazioni e/o dalle Leghe organizzatrici dei singoli tornei.

Tali deroghe operano, costituendo eccezioni a quanto previsto dalle fonti in materia di giustizia sportiva, vale a dire l’art. 7 alla lettera h bis) del decreto legislativo n. 242 del 1999 e la legge n. 280 del 2003 (Cfr. Corte Cost., n. 49 del 2011, in Dejure e in Giust. civ., 2011, 1145, con nota di G. Manfredi e di A. Todaro, che ha confermato la legittimità costituzionale del sistema della giustizia sportiva voluto dalla legge n. 280 del 2003).

Invero, nelle fonti sopra citate sono previste le regole del “giusto processo sportivo” che, tra le altre, prevedono l’esistenza di un doppio grado di giudizio interno alle Federazioni sportive e la possibilità di un giudizio di legittimità, meglio specificato dall’art. 54 del Codice di giustizia sportiva, varato dal CONI nel 2014, da svolgersi presso il Collegio di garanzia dello sport, sedente presso il Comitato Olimpico.

2 .   L’art. 218 d.l. 19 maggio 2020, n. 34.

Dunque, a fare seguito ai già noti decreti legge “cura Italia” e “liquidità”, rispettivamente 17 marzo 2020, n. 18 ed 8 aprile 2020, n. 23, c’è ora il c.d. “decreto rilancio”, a dettare “Misure urgenti in materia di salute, sostegno al lavoro e all’economia, nonchè di politiche sociali connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19.”.

Ferma restando la necessità di conformarsi agli «indirizzi e ai controlli del CONI” e di operare “secondo principi di imparzialità e trasparenza», in considerazione della valenza pubblicistica delle attività afferenti «al controllo in ordine al regolare svolgimento delle competizioni e dei campionati sportivi professionistici”» così come disposto dall’art. 23 dello Statuto del CONI, «in considerazione dell’eccezionale situazione determinatasi a causa della emergenza epidemiologica da COVID-19», il menzionato articolo 218 del decreto in questione, come si è accennato, riserva alle Federazioni sportive nazionali, di cui sopra, la possibilità di «adottare, anche in deroga alle vigenti disposizioni dell’ordinamento sportivo, provvedimenti relativi all’annullamento, alla prosecuzione e alla conclusione delle competizioni e dei campionati, professionistici e dilettantistici, ivi compresa la definizione delle classifiche finali, per la stagione sportiva 2019/2020, nonchè i conseguenti provvedimenti relativi all’organizzazione, alla composizione e alle modalità di svolgimento delle competizioni e dei campionati, professionistici e dilettantistici, per la successiva stagione sportiva 2020/2021».

Nella misura in cui si tratti di provvedimenti adottati tra la data di entrata in vigore del decreto «e il sessantesimo giorno successivo a quello in cui ha termine lo stato di emergenza dichiarato con la delibera del Consiglio dei Ministri del 31gennaio 2020» (cioè, il 31 luglio 2020) – essendo quei provvedimenti gli unici a rientrare nell’ambito di applicazione del richiamato art. 218 – nelle more dell’adeguamento delle carte statutarie e regolamentari del CONI e delle Federazioni, che dovranno predisporre “specifiche norme di giustizia sportiva per la trattazione delle controversie aventi a oggetto i provvedimenti di cui al comma 1 secondo i criteri e i requisiti di cui al presente comma” – è stata concentrata in capo al Collegio di garanzia dello Sport la competenza, in unico grado e con cognizione estesa al merito, degli organi di giustizia sportiva.

3 .   La procedura prevista dall’art. 218 del decreto rilancio.

Le ragioni di particolare urgenza, dettate dalla imprevista ed imprevedibile pandemia, hanno dunque portato il legislatore a dar vita ad un procedimento speciale in grado di risolvere celermente i potenziali contenziosi che le deroghe alle regole generali di celebrazione delle competizioni e dei tornei avevano, all’inizio di stagione, previsto.

Va, peraltro, ricordato che la costruzione operata dall’art. 218 d.l. n. 34 del 2020, non implica una novità assoluta nel sistema della giustizia sportiva in quanto, già in precedenza, con l’art. 1 l. n. 145 del 2018 (legge di bilancio per il 2019) erano state dettate, con i commi 647, 648, 649 e 650, alcune norme relative alla impugnazione dei provvedimenti di ammissione ed esclusione dalle competizioni professionistiche delle società o associazioni sportive, normativa nella quale era stato eliminato il giudizio endofederale interno alle Federazioni e consentito il solo reclamo al Collegio di garanzia per lo sport, con competenza estesa anche al merito delle questioni.

Il provvedimento del Collegio di garanzia è, come ricordato, impugnabile, nel suo contenuto o nell’eventuale silenzio (ove il giudice sportivo non emetta la sua decisione nel termine perentorio previsto in quindici giorni) dal deposito del ricorso o dal “silenzio-rifiuto”, che si realizza se il provvedimento dei giudici sportivi non è preso entro il prescritto termine.

In particolare, contro il provvedimento, emesso in unico grado dai giudici sedenti presso il CONI ed «omessa ogni formalità non essenziale al contraddittorio» – sulla falsariga di quanto altre esigenza di celerità hanno indotto il legislatore a disporre agli artt. 669sexies, comma 1, e 702ter, comma 5, c.p.c., a proposito, rispettivamente, del procedimento cautelare uniforme e del sommario di cognizione – (provvedimento equiparabile a quelli amministrativi), è ammesso il ricorso innanzi al Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, che ha competenza funzionale inderogabile in materia, entro il termine perentorio di quindici giorni, che scatta dal momento della pubblicazione dell’atto impugnato ovvero dal momento in cui si è formato il silenzio.

Al fine di abbreviare il più possibile il termine di detto giudizio, il legislatore dell’emergenza ha previsto che trovino applicazione, al riguardo, i termini contenuti nell’articolo 129 c.p.a. (d.lgs. n. 104 del 2010), che regola il giudizio avverso gli atti di esclusione dalle elezioni comunali, provinciali e regionali. Nella medesima direzione, al ricorso si applicano, infatti, i limiti dimensionali degli atti processuali previsi per il rito elettorale «dal decreto del Presidente del Consiglio di Stato del 22 dicembre 2016», il quale, a sua volta, all’art. 3, comma 1, lett. b), in ossequio al principio di sinteticità degli atti, circoscrive in 30.000 caratteri le dimensioni degli atti processuali di parte, salva diversa autorizzazione del Presidente del TAR Lazio ed escluse, comunque, le intestazioni e le altre indicazioni formali dell’atto.

Le regole di questo giudizio sono state, inoltre, deformalizzate ed accelerate il più possibile.

La causa è discussa nella prima udienza utile, decorsi sette giorni dalla scadenza del termine per il deposito del ricorso, e sono stati accelerati i termini per la proposizione di ricorsi incidentali e di motivi aggiunti, i quali debbono essere notificati e depositati prima dell’apertura dell’udienza.

La discussione della causa, solo per ragioni eccezionali, può essere rinviata per una sola volta e detto rinvio non può superare i sette giorni dalla prima udienza.

Il giudizio sarà deciso con sentenza semplificata, da pubblicarsi entro il giorno successivo a quello dell’udienza (solo in riferimento al deposito della sentenza viene derogata la procedura prevista dall’art. 129 d.lgs. n. 104 del 2010, che, con il comma 6, prevede, invece, il deposito della sentenza in forma semplificata nello stesso giorno).

È utile ricordare che la sentenza in forma semplificata viene utilizzata, stando all’art. 74 c.p.a., nei casi di manifesta fondatezza od infondatezza ovvero di manifesta irricevibilità, inammissibilità, improcedibilità o infondatezza del ricorso, e, coerentemente con quanto disposto dalla stessa disposizione, a mente della quale la motivazione potrà consistere «in un sintetico riferimento al punto di fatto o di diritto ritenuto risolutivo ovvero, se del caso, ad un precedente conforme», anche nel caso di cui all’art. 218 è consentita la motivazione per relationem, con riferimento agli scritti di parte accolti dal giudice.

Solo per ragioni eccezionali, di particolare complessità, è consentita la pubblicazione della decisione in forma frazionata, con il dispositivo da emettersi il giorno successivo a quello dell’udienza e la parte motiva della sentenza nei dieci giorni successivi all’udienza.

È previsto, dal quarto comma dell’art. 218, un decreto cautelare emesso dal Presidente del TAR nelle ipotesi in cui si ravvisi un «pregiudizio irreparabile», che possa realizzarsi nelle more della decisione di merito. Solo in simili circostanze il Presidente è chiamato a provvedere sull’istanza cautelare prima dell’udienza. Diversamente, la decisione su tali domande è riservata all’udienza collegiale e su di essa il giudice provvede con ordinanza, «se entro il giorno successivo a quello dell’udienza non è pubblicata la sentenza in forma semplificata e se la pubblicazione del dispositivo non esaurisce le esigenze di tutela anche cautelare delle parti».

Terminato il giudizio di primo grado dinanzi al TAR Lazio, giudizio esente dalla sospensione feriale dei termini, prevista dal coordinato disposto dell’art. 1 l. n. 742 del 1969 e dal secondo comma dell’art. 54 c.p.a., gli interessati potranno proporre appello avverso la decisione del TAR Lazio al Consiglio di Stato.

L’impugnazione deve essere esperita nel termine decadenziale di quindici giorni dal giorno successivo a quello dell’udienza di primo grado, giorno nel quale dovrà essere stata depositata la sentenza in forma semplificata. Se la sentenza è stata, invece, resa con modalità frazionata il termine, di quindici giorni, decorre dal momento della pubblicazione della motivazione.

Il provvedimento eccezionale, dettato dalla l. n. 145 del 2018, ha, dunque, dato vita ad un ulteriore ipotesi di giurisdizione esclusiva, che si era aggiunta all’elenco contenuto nel primo comma nell’art. 133 del Codice del processo amministrativo, come ipotesi che contenuta nella lett. z-septies), che ha incrementato la già ampia casistica della giurisdizione esclusiva.

Il procedimento, così descritto dalla l. 145 del 2018, dà vita ad un giudizio amministrativo che si svolge innanzi al TAR del Lazio in primo grado e in fase di appello davanti al Consiglio di Stato, con termini abbreviati, al fine di rispondere, con modalità ragionevolmente brevi, alla delicata domanda di giustizia, relativa al settore dell’ammissione e dell’esclusione dalle competizioni professionistiche delle società o delle associazioni sportive.

C’è da dire che, a prescindere dalla condivisibilità o meno della scelta di riservare alla giurisdizione esclusiva la decisione sull’impugnazione dei provvedimenti in oggetto e, più ampiamente, di quelli federali e del CONI, essa risulta, comunque, indubbiamente coerente con la neonata ipotesi di giurisdizione esclusiva sui «provvedimenti di ammissione ed esclusione dalle competizioni professionistiche delle società o associazioni sportive professionistiche, o comunque incidenti sulla partecipazione a competizioni professionistiche», di cui poc’anzi, e con la riserva alla stessa giurisdizione della decisione su «ogni altra controversia avente ad oggetto atti» del CONI o delle federazioni, diversa da quelle tecniche, disciplinari ovvero afferenti a «rapporti patrimoniali tra società, associazioni e atleti», di cui all’art. 3 l. 17 ottobre 2003, n. 280.

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