Massimo Proto, Ordinario di Diritto privato, è di ruolo presso l’Università degli Studi Link…
Gli effetti del coronavirus sui contratti turistici. Primi appunti
Di Renato Santagata
La disciplina speciale del recesso dai contratti di pacchetto turistico prevista dall’art. 28, d.l. n. 9 del 2020.
L’art. 28, comma 5, d.l. 2 marzo 2020, n. 9, recante “Misure urgenti di sostegno per famiglie, lavoratori e imprese connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19”, prevede che isoggetti che hanno programmato soggiorni o viaggi con partenza o arrivo nelle aree interessate dal contagio, nonché gli intestatari di titolo di viaggio, acquistati in Italia, avente come destinazione Stati esteri, dove sia impedito o vietato lo sbarco, l’approdo o l’arrivo in ragione della suddetta situazione emergenziale epidemiologica (nonché gli altri soggetti indicati nel 1° comma) «possono esercitare, ai sensi dell’articolo 41 del decreto legislativo 23 maggio 2011, n. 79, il diritto di recesso dai contratti di pacchetto turistico da eseguirsi nei periodi di ricovero, di quarantena con sorveglianza attiva, di permanenza domiciliare fiduciaria con sorveglianza attiva ovvero di durata dell’emergenza epidemiologica da COVID-19 nelle aree interessate dal contagio come individuate dai decreti adottati dal Presidente del Consiglio dei ministri ai sensi dell’articolo 3 del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6».
Ma la suddetta norma soprattutto dispone – ed è su ciò che s’intende qui richiamare l’attenzione del cortese lettore – che «In caso di recesso, l’organizzatore può offrire al viaggiatore un pacchetto sostitutivo di qualità equivalente o superiore, può procedere al rimborso nei termini previsti dai commi 4 e 6 dell’articolo 41 del citato decreto legislativo 23 maggio 2011, n. 79, oppure può emettere un voucher, da utilizzare entro un anno dalla sua emissione, di importo pari al rimborso spettante».
Essa introduce, pertanto, una temporanea deroga all’art. 41, comma 4, d.lgs. 23 maggio 2011, n. 79 (recante il codice del turismo, nel testo modificato dal d.lgs. 21 maggio 2018, n. 62, in attuazione della direttiva 2015/2302/UE), secondo cui «in caso di circostanze inevitabili e straordinarie verificatesi nel luogo di destinazione o nelle sue immediate vicinanze e che hanno un’incidenza sostanziale sull’esecuzione del pacchetto o sul trasporto di passeggeri verso la destinazione, il viaggiatore ha diritto di recedere dal contratto, prima dell’inizio del pacchetto, senza corrispondere spese di recesso, ed al rimborso integrale dei pagamenti effettuati per il pacchetto, ma non ha diritto a un indennizzo supplementare».
Più esattamente, dal punto di vista temporale, siffatta deroga vale fintantoché siano prorogate nei luoghi di partenza e di destinazione le misure di restrizione a tutela della salute pubblica; onde, se il viaggiatore intende rinunciare, per sua scelta, a contratti di pacchetti turistici relativi a periodi di tempo in cui l’emergenza sarà cessata, l’organizzatore è legittimato ad applicare le spese di recesso previste dal contratto ai sensi dell’art. 41, comma 2, cod. turismo, ferma restando, sul piano sostanziale, la possibilità di un sindacato giudiziale sulla congruità di tali spese standard, tali da assicurare l’equilibrio tra le reciproche prestazioni contrattuali, anche disponendo, se del caso, una riduzione equitativa della penale, ove stimata manifestamente eccessiva (art. 1384 c.c.).
Tanto precisato, la deroga introdotta dalla legislazione di emergenza segnatamente consiste in ciò, che: nel regime speciale, è l’organizzatore che, in caso di recesso dai contratti di pacchetto turistico da parte dei soggetti sopra indicati, dispone della facoltà di scegliere tra l’offerta al viaggiatore di un pacchetto sostitutivo di qualità equivalente o superiore, il rimborso integrale del corrispettivo percepito, senza spese e senza ulteriori indennizzi e, infine, l’emissione di un voucher, da utilizzare entro un anno dalla sua emissione, di importo pari al rimborso spettante. Nulla impedisce, beninteso, che un organizzatore particolarmente sensibile al gradimento dei propri servizi ed alla fidelizzazione della sua clientela preferisca rimettere l’esercizio di tale opzione alla controparte, così rinunciando alla specifica tutela che la legge speciale ha inteso riservargli: il tenore letterale della norma speciale – ed, in specie, l’uso del predicato verbale “può” in luogo di “deve” – ne rende palese l’istituzione di un regime particolare di tutela dell’organizzatore, al quale quest’ultimo è senz’altro libero di rinunciare.
Per converso, il regime ordinario risultante dalla norma del codice del turismo esplicitamente derogata, sancisce il diritto del viaggiatore ad ottenere il rimborso integrale dei pagamenti effettuati per il pacchetto, non anche però un indennizzo supplementare; l’organizzatore è dunque tenuto ad adempiere tale obbligo di restituzione nei confronti del proprio cliente e l’eventuale proposta a quest’ultimo delle opzioni di scelta esplicitamente contemplate dalla suddetta norma speciale – ad esempio, l’emissione del voucher – deve intendersi rimessa ad un’esplicita manifestazione di volontà del viaggiatore, contenente un’implicita rinuncia al proprio diritto di ottenere il rimborso dei pagamenti effettuati.
Ad una prima impressione, la norma speciale introdotta dal d.l. n. 9 del 2020 potrebbe trovare ragione nell’interesse pubblico di contemperare, in virtù del diritto costituzionale di solidarietà sociale (art. 2), da un lato, le istanze di un comparto economico in crisi e, dall’altro lato, gli interessi dei consumatori stessi che, in assenza di un simile strumento, sarebbero stati costretti a misurarsi con l’insolvenza o il fallimento di molti imprenditori del settore turistico (e v. infatti, in questi termini, il primo commento di C. CRISCIONE, Natura giuridica e vicende del voucher introdotto dalla decretazione di urgenza, in diritto.it, p. 4).
Tuttavia, ad una più matura riflessione, pare piuttosto trattarsi di una scelta assai discutibile di politica economica: la quale, penalizzando il solo viaggiatore nei termini di seguito illustrati, si pone in aperto contrasto con le scelte compiute dal legislatore europeo nella direttiva 2015/2302/UE, di cui la novellata norma derogata (art. 41, 4° comma, cod. tur.) costituisce attuazione. Non v’è dubbio infatti che la norma speciale miri a salvaguardare esclusivamente gli interessi degli imprenditori turistici, operanti in un comparto fra i più colpiti dall’emergenza sanitaria: l’inevitabile prolungata sospensione delle loro attività rende, all’evidenza, assai difficoltoso – se non impossibile – reperire in breve tempo le risorse finanziarie necessarie ad ottemperare ai divisati obblighi di rimborso. A tal fine, la disposizione speciale ha dunque concesso, mediante lo strumento del voucher, una dilazione temporale all’organizzatore nell’esecuzione delle prestazioni turistiche contemplate dal contratto.
Né varrebbe eccepire – a conforto di un supposto bilanciamento degli interessi delle parti del contratto di pacchetto turistico sotteso all’art. 28, 5° comma, d.l. 9/2020 – che l’omessa deroga al regime ordinario del recesso previsto dal codice del turismo avrebbe sortito l’insolvenza dei tour operators medio-piccoli (il che è, pervero, eventualità tutt’altro che remota), con l’effetto che la posizione del viaggiatore non sarebbe stata certo meglio salvaguardata, restando unicamente affidata ad una domanda di insinuazione al passivo del prevedibile fallimento dell’organizzatore (sostanzialmente in tal senso M. CAPRINO-M. MARRAFFINO, Coronavirus e vacanze annullate: voucher o rimborso? Ecco cosa dice la legge, in Il Sole-24 Ore, 4 aprile 2020).
Giova infatti rammentare che i contratti di organizzazione di pacchetto turistico devono essere inderogabilmente assistiti da polizze assicurative o da garanzie bancarie che, per i viaggi all’estero e i viaggi che si svolgano all’interno di un singolo Paese, ivi compresi i viaggi in Italia, nei casi di insolvenza o fallimento dell’organizzatore o del venditore, garantiscono, senza ritardo su richiesta del viaggiatore, il rimborso del prezzo versato per l’acquisto del pacchetto (art. 47, comma 2, cod. tur.). E siffatta tutela – introdotta dalla direttiva 2015/2302/UE per rispondere alle censure della Corte di Giustizia sull’inefficiente tutela del consumatore sul punto apprestata dalla previgente direttiva 90/314/CE (e v., per riferimenti, R. SANTAGATA, Diritto del turismo, Milano, 2018, p. 316, nt. 106) – del viaggiatore deve essere assicurata a prescindere dalle cause dell’insolvenza (eventi eccezionali o imprevedibili, imprudenza o negligenza o frodi) dell’organizzatore o del venditore.