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“I contratti del consumatore”. Intervista alla curatrice, la Prof.ssa Avv. Giovanna Capilli.

Giovanna Capilli è professore associato di Diritto privato presso l’Università San Raffaele di Roma in cui ricopre gli insegnamenti di Diritto privato, Diritto privato della robotica e dell’intelligenza artificiale e Fondamenti di diritto privato sanitario. Coordina altresì il corso di perfezionamento in Cybersecurity.
Abilitata all’esercizio delle funzioni di professore ordinario, è Avvocato cassazionista, giudice onorario e componente dell’Arbitro bancario finanziario nel Collegio di Bologna. Autrice di monografie, saggi e altri scritti anche in lingua straniera.
La Prof.ssa Avv. Giovanna Capilli

Nella Sua ultima pubblicazione, “I contratti del consumatore”, offre un’analisi teorica e pratica dei contratti dei consumatori. Potrebbe parlarci di come l’opera affronta le riflessioni inerenti alle recenti riforme di derivazione comunitaria?

In primis, vorrei ringraziare l’editore e tutti gli autori che hanno contribuito alla realizzazione dell’opera che è stata strutturata per essere fruita sia dagli studiosi della materia che dai professionisti in cui si parte dall’evoluzione della figura del consumatore e vengono esaminati gli argomenti classici dei contratti dei consumatori, tra cui le clausole vessatorie, gli obblighi informativi, i contratti a distanza e online, le garanzie nella vendita, ed altri ancora, nell’ottica dell’evoluzione e delle questioni che pone il mercato digitale.

Possiamo affermare che il diritto dei consumatori rappresenta una materia sempre in fermento ed in Europa probabilmente ci si è resi conto che l’approccio dell’armonizzazione minima non era più adeguato ai tempi e alla evoluzione tecnologica che invece richiede soluzioni di uniformazione.

Uniformazione, tuttavia, non ancora effettivamente attuata se si considera che la legislazione è volta verso una armonizzazione “quasi” massima considerate le importanti deroghe e ciò fa ancora oggi dubitare sull’effettiva realizzazione dell’uniformazione legislativa.

Un esempio è la direttiva (ad armonizzazione minima) 99/44/CE su tali aspetti delle garanzie nella vendita che è stata abrogata dalla nuova direttiva (ad armonizzazione massima, o “quasi”) 771/2019/UE che sta per essere recepita nel nostro Paese e conseguentemente modificherà le norme del codice del consumo.  Nella direttiva, infatti, si rinvengono nuove definizioni, a titolo esemplificativo ricordiamo quella di “contenuto digitale”, di “compatibilità”, di “funzionalità”, “interoperabilità”. Per non parlare della nozione di “sicurezza informatica” che assurge ad uno dei requisiti fondamentali del prodotto o del servizio con tutte le ricadute che possono derivare in caso di sua mancanza sotto il profilo della sicurezza e delle responsabilità.

Le modifiche da apportare alle normative vigenti si pongono diversi obiettivi tra cui porre rimedio alle carenze normative nazionali ed ancora garantire la disponibilità di rimedi per i consumatori danneggiati da pratiche commerciali sleali per eliminare tutti gli effetti di tali pratiche attraverso la previsione di un quadro ben preciso per i rimedi individuali che faciliterebbero l’esecuzione a livello privato, disciplinando anche la possibilità del consumatore di ottenere il risarcimento dei danni e, se pertinente, una riduzione del prezzo o la risoluzione del contratto in modo proporzionato ed efficace.

È fortemente sentita, poi, la necessità di una modernizzazione delle regole in ragione dell’utilizzo di strumenti digitali in continua evoluzione, nonché una maggiore trasparenza per le transazioni via web con riferimento ai parametri che determinano la classificazione delle offerte, con riferimento all’aggiornamento delle definizioni di “mercati online” e di “interfaccia online” ed anche alla indicazione della qualifica di professionista o meno del terzo che offre beni, servizi o contenuto digitale, nonché sulle informazioni da fornire sulle responsabilità di garantire i diritti dei consumatori che dipendano dagli accordi contrattuali tra i fornitori dei mercati online e i professionisti terzi pertinenti. Ricordiamo il caso Amazon vs Bolger sul tema della responsabilità dei marketplace per danno da prodotto e per il quale nel testo è inserito un apposito focus in quanto sebbene si tratti di un caso deciso dalla corte d’appello californiana consente di evidenziare aspetti che potrebbero riguardare anche la legislazione europea in tema di sicurezza dei prodotti, garanzie e responsabilità.

Non possiamo nascondere, poi, che la pandemia ha rappresentato un vero e proprio banco di prova per il diritto dei consumatori essendo emerse problematiche a livello contrattuale molto spesso risolte attraverso soluzioni alternative ritenute oggi fondamentali tanto da avere spinto il legislatore ha pensare a nuove forme di incentivazione al fine di aumentarne l’utilizzo. Il volume non poteva pertanto tralasciare anche questi temi introducendo specifici focus su questioni estremamente attuali.

 

 

Nel volume viene analizzato un aspetto estremamente innovativo della materia: la figura del consumatore nel mercato digitale. Rispetto anche ai recenti sviluppi legislativi dell’Unione Europea nell’ambito del mercato digitale, quali sono, a Suo avviso, gli aspetti di questa figura più importanti da approfondire e studiare? Come l’Italia si sta muovendo per tutelare il consumatore nel mercato digitale?

Innanzitutto dobbiamo ricordare che nella cultura giuridica italiana la stessa parola “consumatore” ha avuto ingresso con un certo ritardo rispetto alla sua diffusione in altre esperienze soprattutto quelle anglofone. E’ evidente, poi, che con lo sviluppo del mondo digitale il ruolo del consumatore è cambiato e le problematiche connesse si sono moltiplicate.

Ricordiamo che dal 2015, l’attenzione dell’Unione Europea è stata rivolta verso la realizzazione del mercato digitale unico attraverso una strategia tesa a migliorare l’accesso online ai beni e servizi in tutta Europa per i consumatori e le imprese eliminando quelle differenze che separano il mondo online dal mondo offline.

Da qui si è sviluppata tutta un’attività legislativa che ha cercato di uniformare la normativa dei consumatori negli Stati membri comprendendo beni e servizi di natura digitale, commercio elettronico, protezione dei dati personali.

Dopo il naufragato tentativo di uniformare il diritto della vendita attraverso la proposta di Regolamento per un diritto comune europeo della vendita (CESL), il Parlamento Europeo al fine di potenziare la crescita del commercio elettronico nel mercato interno ed instaurare un autentico mercato unico digitale ha emanato la Direttiva (Ue) 2019/770 del Parlamento Europeo e del Consiglio relativa a determinati aspetti dei contratti di fornitura di contenuto digitale e di servizi digitali e la Direttiva (Ue) 2019/771 del Parlamento Europeo e del Consiglio relativa a determinati aspetti dei contratti di vendita di beni, che modifica il regolamento (UE) 2017/2394 e la direttiva 2009/22/CE, e che abroga (a decorrere dal 1 gennaio 2022) la direttiva 1999/44/CE.

Ecco, alla luce dei recenti interventi comunitari, ritengo che un aspetto che dovrebbe essere maggiormente approfondito e disciplinato riguarda i minori di età, soggetti che ormai dispongono di strumenti digitali e di budget per acquistare beni e servizi e che scaricano ed accedono a numerose applicazioni. Citiamo un caso per tutti. Per sottoscrivere il contratto con cui si accede a Facebook o ad altri social network ovvero contratti che disciplinano l’utilizzo di giochi online è necessaria la registrazione e qualora l’utente non sia maggiorenne, è richiesta l’autorizzazione del legale rappresentante.

Si è verificato che proprio attraverso Facebook i minori spendevano grandi quantità di denaro all’interno delle applicazioni e ciò ad insaputa dei loro genitori. Facebook offriva alle aziende che sviluppavano i videogiochi o app la possibilità di utilizzare il suo sistema di pagamento, per semplificare e non doversi occupare direttamente della raccolta di denaro. In tal modo tratteneva per sé una commissione del 30 per cento, mentre il resto del guadagno veniva riversato agli sviluppatori di app. Facebook non aveva adottato alcun accorgimento per evitare spese incontrollate.  Il problema si manifestò in seguito ad una segnalazione di Rovio (azienda finlandese famosa per avere inventato Angry Birds, uno dei videogiochi di maggiore successo per smartphone e tablet) che si vide notificare un numero consistente di richieste di rimborsi da parte dei genitori che si erano resi conto delle spese fatte dai loro figli.

Come emerge dall’esempio ricordato, il tema è cruciale sotto diversi punti di vista: da un lato quello del ruolo e delle responsabilità delle piattaforme online e dall’altro quello dei contratti che vedono coinvolti minori di età per i quali sarebbe auspicabile addivenire ad una disciplina della contrattazione telematica uniformata a livello europeo che cerchi di superare il concetto che tale ambito debba essere comunque lasciato alla legislazione dei singoli Stati membri, perché mantenendo la situazione attuale la tutela dei minori (consumatori) è e resterà diversa oltrechè lacunosa nei vari Paesi membri, come è successo per l’attuazione del GDPR in cui gli Stati hanno fissato limiti di età diversi per la prestazione del consenso.

Sotto questo profilo, ritengo che si debba ancora lavorare ed approfondire tali tematiche al fine di essere più propositivi nella legislazione nazionale e diventare un punto di riferimento per la legislazione europea e per quella degli altri Stati membri.

 

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