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Il pegno sui beni immateriali. Contributo allo studio del pegno non possessorio sugli intangible assets. Intervista all’autore il Prof. Ettore Battelli

 

In occasione della pubblicazione del volume Il pegno sui beni immateriali. Contributo allo studio del pegno non possessorio sugli intangible assets, la redazione di DIMT ha intervistato il Prof. Avv. Ettore Battelli, autore del testo.

Il Prof. Avv. Ettore Battelli cura il corso di Istituzioni di Diritto privato presso il Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università degli Studi Roma Tre, è visiting professor presso prestigiose Università straniere, Avvocato del Foro di Roma ammesso al patrocinio dinanzi alla Corte di Cassazione e alle altre giurisdizioni. E’ anche arbitro bancario e finanziario (Banca d’Italia) e consulente scientifico di enti e istituzioni e responsabile di progetti di ricerca Italiani ed Europei.

 

Il Prof. Avv. Ettore Battelli

 

Attualmente quali sono le moderne esigenze di mercato che rendono necessario un ammodernamento normativo delle tradizionali garanzie reali?

Nell’economia del XXI secolo risulta essenziale garantire un giusto contemperamento tra tutela del credito e circolazione della ricchezza.

Sempre più avvertite, diffuse e pressanti sono diventate le istanze di modernizzazione degli istituti civilistici che provengono dall’economia contemporanea, sottoposta ad un’inarrestabile evoluzione.

Nello specifico, il tradizionale sistema delle garanzie non risulta più idoneo, nel nuovo contesto, a rispondere a quelle istanze sociali che richiedono, da un lato, una maggiore elasticità delle figure negoziali, in primis delle garanzie reali (ma non solo) strettamente correlate al finanziamento delle imprese e non; e, dall’altro lato, maggiore attenzione all’attuazione del rapporto obbligatorio e quindi ai meccanismi di recupero del credito.

La maggiore sensibilizzazione ai bisogni del mercato e alla sentita finalità di incentivare il finanziamento delle imprese ha reso centrale l’esigenza di agevolare nuove modalità di recupero del credito, rafforzando il potere dell’autonomia negoziale e inducendo il legislatore a riconoscere dignità giuridica a nuove figure di pegno, fino a giungere nel 2016 alla configurazione di una fattispecie generale di pegno mobiliare non possessorio.

La crescente rilevanza dei beni immateriali nella composizione del patrimonio delle imprese richiede inoltre una più attenta riflessione sull’idoneità di tali forme di ricchezza a consentire l’accesso ai canali di finanziamento, in particolar modo bancari, nell’interesse di tutti i soggetti debitori e creditori e in definitiva del mercato.

 

 

Quali sono state a suo avviso le maggiori criticità del modello tradizionale di pegno rispetto ai profondi mutamenti dell’economia moderna?

La maggiore criticità che ha caratterizzato la fattispecie generale del pegno è lo spossessamento, che finisce spesso per privare l’impresa debitrice degli strumenti della sua capacità di lavoro e di guadagno. Ciò peraltro determina effetti negativi anche per il creditore, concorrendo a diminuire le potenzialità dell’adempimento dell’impresa debitrice.

Già da tempo si è stati, quindi, portati ad individuare procedure e tecniche diverse dallo spossessamento.

In particolare, è stata la prassi bancaria a farsi carico dell’elaborazione di nuove forme di garanzia, in virtù dell’esigenza e della difficoltà di finanziare la clientela e di costituire, al contempo, forme celeri ed efficienti di tutela creditizia sul patrimonio del debitore (in caso di inadempimento).

Il diritto degli affari, da molto tempo, d’altronde, segnala la necessità di conciliare il formalismo delle garanzie reali con le esigenze emergenti dalla prassi commerciale, al fine di reperire finanziamenti a condizioni più favorevoli, facilitando la rapidità degli scambi, senza ledere i parimenti rilevanti bisogni di tutela dal rischio dei creditori.

 

 

Quali sono i tratti caratteristici del pegno non possessorio?

Il pegno mobiliare non possessorio introdotto con d.l. 59/2016 (conv. l. 119/2016)  non solo prescinde dallo spossessamento del debitore concedente o del terzo datore ma è anche naturalmente rotativo, salvo diverso accordo delle parti. Inoltre, il bene o il credito dato in garanzia, purché identificato, può essere determinato o determinabile, presente o futuro e, soprattutto, materiale o immateriale.

Infine, al datore della garanzia viene ex lege riconosciuta la facoltà di trasformare o alienare o comunque disporre di quanto oppignorato, nel rispetto della sua destinazione economica.

Il pegno non possessorio offre l’opportunità di riflettere: da un lato, sul superamento dello schema della costituzione del pegno mediante lo spossessamento, sostituendo quest’ultimo con l’iscrizione in un registro pubblico del contratto mediante il quale la garanzia sorge; dall’altro, sulla categoria dei beni immateriali quali beni assoggettabili ad una rinnovata disciplina del credito pignoratizio.

 

 

 

Parlando di innovazione tecnologica e del suo impatto nella nostra società, come ha influenzato la diffusione delle new properties (nello specifico anche di aspetti di intangible assets) per debitori e creditori?

Tra i molteplici spunti di riflessione offerti dalla disciplina del pegno non possessorio, preme sottolineare la peculiare prospettiva delle garanzie sui beni immateriali e in special modo dall’Intellectual Property Rights (ma non solo), che rappresentano il “capitale intellettuale d’impresa”.

Nell’attuale contesto socio-economico deve rilevarsi come il patrimonio delle imprese è spesso costituito da beni “invisibili”, le c.d. new properties o semplicemente “nuovi beni”: l’affermarsi di questa categoria rappresenta il riflesso sul piano giuridico dello sviluppo della tecnica e del mutamento dei modelli economici e culturali.

Tali beni rilevano in primo luogo quali componenti dell’attivo patrimoniale, segnatamente in sede di valutazione della condizione economico-finanziaria del soggetto che aspira ad accedere al credito: valutazione alla quale i sistemi creditizi evoluti ascrivono un ruolo determinante ai fini dell’individuazione dei soggetti “affidabili” nel quadro di un’attività di rating intesa a definirne la solvibilità.

Da qui l’esigenza di uno studio volto ad individuare gli strumenti tramite i quali attribuire alle garanzie sui beni immateriali livelli di sicurezza paragonabili a quelli conseguibili attraverso i tradizionali strumenti di garanzia sulle res corporales.

I diritti di proprietà intellettuale e i crediti che ne derivano possono costituire specifico oggetto di diritti di garanzia (IP Securitization) e persino essere incorporati in titoli negoziabili (del flusso dei pagamenti derivanti dall’utilizzazione dei diritti di proprietà intellettuale) nell’ambito di operazioni di finanza strutturata (ad es. di cartolarizzazione), quale vera e propria “leva finanziaria” dell’impresa.

 

 

 

Può dunque affermarsi che tra gli intangible assets rilevanti nel patrimonio di un’impresa, anche ai fini della costituzione di garanzie pignoratizie, rientrino anche i big data?

Già da tempo si assiste ad un processo di “patrimonializzazione dell’immateriale” e di valorizzazione dei “nuovi beni”. Meritano di essere specificamente richiamati i contratti di licenza e gli strumenti negoziali aventi ad oggetto i c.d. “diritti connessi”, che riguardano una categoria di beni più ampia e diversa da quella di cui all’art. 1 del Codice della proprietà industriale.

La tesi sostenuta nel mio studio è quella di applicare istituti del diritto civile, quali le garanzie reali, come tali inerenti ad una res (un’entità che si presenta come corporale), a fattispecie giuridiche intangibili: i beni immateriali e in specie i c.d. “nuovi beni” e non solo i diritti IP.

Infatti, come d’altronde da tempo sostenuto dal Prof. Alberto Gambino, l’informazione ha assunto un’importanza economica assai significativa; in particolare, i dati informativi che circolano nell’ecosistema digitale rappresentano un vero e proprio asset d’impresa (basti pensare alle attuali grandi imprese quotate in borsa).

La moderna «data-driven economy» si fonda proprio sulla raccolta di dati, che costituiscono nuovi beni idonei a produrre valore: è ormai acquisito che i “big data” manifestano potenzialità applicative che, trascendendo il profilo meramente statico della “appartenenza proprietaria”, esaltano l’interesse all’ “utilità” che da essi può ricavarsi.

La necessità di elaborazione di nuovi modelli contrattuali aventi ad oggetto entità immateriali quali l’informazione tout court e i big data deve, quindi, riguardare anche la disciplina delle garanzie.

In questa prospettiva,  ritengo convintamente che sia necessario superare lo spossessamento “materiale”, purché venga in concreto ottenuto il medesimo risultato di pubblicità sull’esistenza del vincolo.

 

 

 

Davanti l’evoluzione degli scambi giuridici ed economici, quali sono gli strumenti funzionali, sia di autotutela consensuale che di procedure giurisdizionali, che garantiscono una giusta tutela dell’esigenza ad intervenire di fronte l’inadempimento del debitore verso il creditore?

Il pegno non possessorio può essere escusso dal creditore a mezzo di specifiche modalità di autotutela esecutiva che gli consentono di vendere, locare o appropriarsi del bene oggetto di garanzia nonché di cedere o riscuotere il credito oppignorato (purché il valore dell’oggetto della garanzia e dell’obbligazione garantita risulti adeguatamente determinato). Il creditore ha diritto di trattenere l’importo riscosso o il bene appreso, con obbligo di restituire l’eventuale eccedenza al debitore o al terzo datore di pegno.

L’insieme di queste caratteristiche e le possibili combinazioni tra loro configurano la fattispecie introdotta nel 2016 come un modello elastico di garanzia mobiliare, certamente innovativa per il nostro ordinamento. Essa, difatti, può diversamente declinarsi a seconda degli interessi ed esigenze delle parti, auspicabilmente meglio di quanto lo siano state le figure negli anni sin qui introdotte dal legislatore ed elaborate con il prezioso contributo di dottrina e giurisprudenza.

D’altronde, si ritiene giunto il momento di una possibile effettiva svolta nel rapporto tra autonomia privata e tutela coattiva del credito, essendo inevitabile e persino auspicabile il passaggio dall’autotutela “a connotazione negativa”, quale retaggio dell’antico divieto di farsi giustizia da sé, all’autotutela consensuale autorizzata dalla legge, come si configura quella introdotta nella vigente disciplina del pegno non possessorio (alla quale è stata finalmente data piena attuazione a seguito della recente pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del “Regolamento concernente il registro dei pegni mobiliari non possessori”).

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