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In memoria del Prof. Avv. Giuseppe Tesauro. Intervista alla Prof.ssa Avv. Cristina Schepisi

 

 

E’ notizia di pochi giorni addietro, il 7 luglio 2021, la perdita del Prof. Avv. Giuseppe Tesauro a Napoli. Tra i suoi incarichi quello di giudice della Corte Costituzionale, poi presidente della Consulta, nel 2014, dal ’98 al 2005 alla guida dell’Antitrust, ed avvocato generale della Corte di giustizia europea.

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Il Prof. Avv. Giuseppe Tesauro

 

In sua memoria la redazione di DIMT ha intervistato la Prof.ssa Cristina Schepisi, attualmente Professore ordinario di Diritto dell’Unione europea presso l’Università di Napoli “Parthenope”.

 

Il Prof. Tesauro è stato un grande personaggio che, possiamo permetterci di dire, ha inciso la storia del Diritto dell’Unione Europea. Potrebbe raccontarci della sua figura di giurista e di uomo? Quale eredità giuridica e multidisciplinare ci ha lasciato?

Il Prof. Tesauro è stato certamente uno dei più grandi studiosi del diritto dell’Unione europea, e ha contribuito in maniera determinante, come accademico e come uomo delle istituzioni, alla crescita e affermazione di questo diritto, più precisamente del “diritto comunitario”, come lui ha sempre continuato a chiamarlo. Benché l’Unione europea e il diritto dell’Unione europea costituiscono una forma estremamente più avanzata della Comunità europea, il termine “comune” o “comunitario” hanno sempre suscitato nel suo pensiero l’idea di una comunanza di valori, di mettere “in comune” di condividere libertà e diritti, di avanzare insieme. Una comunione di popoli, di persone, di regole. In questo senso l’accezione “diritto comunitario” doveva continuare a restare viva, come un concetto più sostanziale che meramente giuridico-formale.

Come è noto, il Prof. Tesauro, come altri giuristi della sua generazione, provenivano dagli studi del diritto internazionale e la allora Comunità europea, come ora l’Unione europea, è fondata su un Trattato internazionale e deriva dall’ordinamento internazionale. Lui ha sempre ricordato questo aspetto pur sottolineando con forza, come del resto la Corte di giustizia ha fatto sin da tempi antichi, l’originalità dell’ordinamento “comunitario” in quanto ordinamento che guarda non solo agli Stati ma anche ai soggetti privati, alle persone fisiche creando diritti e obblighi direttamente in capo ad essi. Gli Stati rimangono i Signori dei Trattati – e anche questa espressione veniva da lui spesso ricordata – ma con questa accezione non voleva affatto sottolineare una difesa della sovranità statale in contrapposizione ad una “sovranità” dell’Unione europea, bensì il ruolo che gli Stati hanno da sempre avuto nella costruzione dell’integrazione europea, in una collaborazione costante (o quanto meno è l’auspicio) con le istituzioni europee. E la responsabilità che gli Stati hanno proprio nei confronti dei soggetti privati, nella tutela dei diritti in genere ma ovviamente in particolare di quelli di derivazione comunitaria. E quindi sono concetti a lui cari – tra molti altri – quelli dell’efficacia diretta, del primato, della legittimazione ad agire in giudizio, e della responsabilità risarcitoria degli Stati membri in caso di violazione grave e manifesta di una norma di diritto comunitario che attribuisce diritti ai singoli. L’introduzione di tale rimedio è stata, come noto, vista come rivoluzionaria e vede la sua origine dal caso Francovich del 1991. Dopo tale caso è stato proprio il Prof. Tesauro in veste di Avvocato Generale (ruolo che ha ricoperto dal 1988 al 1998) a precisare nelle sue Conclusioni ai casi Factortame III e Brasserie du pêcheur, a metà degli anni ’90), i requisiti per il sorgere di tale responsabilità e a proporre alla Corte di “consacrare” tale rimedio come principio generale del diritto comunitario, estendendolo a tutti i casi di violazione (grave) da parte di uno Stato membro.

Ha sempre riposto inoltre un’enorme fiducia nell’operato dei giudici, soprattutto dei giudici “comuni”, in quanto garanti, appunto, dei diritti dei singoli. L’ho spesso sentito ribadire che i diritti si possono definire tali solo se poi possono essere fatti valere dinanzi ai giudici nazionali. E’ una riflessione se vogliamo scontata ma allo stesso tempo illuminante se la si legge attraverso la lente del diritto comunitario, quanto meno nelle fasi iniziali della sua evoluzione. L’attribuzione (diretta) dei diritti ai singoli e l’efficacia (orizzontale e verticale) delle norme dei Trattati, ma anche dei regolamenti e – a certe condizioni – delle direttive ha costituito da un lato una “rivoluzione” se si pensa ad ordinamenti che nascono da Trattati internazionali ma, dall’altro, non è ancora sufficiente. Occorre anche che tali diritti, una volta riconosciuti, siano poi enforceable, trovino pienezza nell’attivazione di efficaci rimedi processuali dinanzi ai giudici nazionali, ciò anche arrivando alla disapplicazione di previsioni nazionali che possano ostacolare una tutela “equivalente” tra situazioni di derivazione interna e “comunitaria” o che più in generale non garantiscano l’effettività della tutela giurisdizionale. Il dialogo con la Corte di giustizia – e questo è un altro tema particolarmente caro al Prof. Tesauro – dà vita ad una virtuosa circolazione di principi tra gli ordinamenti e consente ai giudici nazionali di sentirsi parte di un sistema di tutela giurisdizionale unitario, anzi, per dirlo con le parole della Corte di giustizia, “completo e coerente”. A tale dialogo contribuiscono sempre più anche le alte Corti, compresa la Corte Costituzionale della quale anche il Prof. Tesauro è stato espressione (dal 2005 al 2014 come componente e poi come Presidente). Per lungo tempo la Corte costituzionale ha mantenuto un dialogo solo a distanza. Lo si deve invece proprio al Prof. Tesauro il primo rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia in occasione di una questione posta in via incidentale. Il caso riguardava la “tassa sul lusso” della Regione Sardegna, normativa questa che poteva porre ostacoli sia alla libera prestazione dei servizi che alla disciplina sugli aiuti di Stato.

Ma la Corte Costituzionale lo ricorda anche per altre importantissime pronunce, dalle c.d. sentenze gemelle (nn. 348 e 349 del 2007) a chiarimento del vincolo del “rispetto del diritto internazionale” introdotto nell’art. 117 Cost., e in riferimento al rilievo che assume la CEDU nel nostro ordinamento; alla sentenza n. 238 del 2014 sull’immunità degli Stati.

Non va poi dimenticato il suo enorme contributo che ha dato sul versante del mercato. Sia in Corte di giustizia (si ricordano ad esempio alcune importanti precisazioni sui divieti posti dalle norme sulla libera circolazione delle merci, in particolare sulle norme nazionali che stabiliscono modalità di vendita dei prodotti e sulla loro qualificazione o meno come misure di effetto equivalente alle restrizioni quantitative all’importazione) che come Presidente dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato, ruolo ricoperto dal 1998 al 2005, e mediante il quale ha portato avanti numerose battaglie contro monopoli, abusi e corporativismi.

La sua eredità di giurista è stata dunque multidisciplinare spaziando dal diritto internazionale, al diritto comunitario, costituzionale, fino alla concorrenza e, più in generale, alle regole del mercato. Il contributo che ha dato anche alla dottrina, oltre che all’accademia e alle istituzioni, evidenzia la vastità delle sue conoscenze. Tornando al diritto dell’Unione europea, va certamente ricordato il suo Manuale (la prima edizione è del 1992) ha formato moltissimi giovani (anche meno giovani) studiosi.

Va infine aggiunto che tutti i suoi concetti li spiegava con immensa leggerezza e semplicità, e qui vengo all’aspetto umano. Riusciva a tradurre dei concetti complessi o sentiti come lontani dal giurista interno, con espressione di una semplicità quasi disarmante. L’ironia (e l’autoironia) era una delle sue tante qualità, unitamente alla simpatia e all’umiltà che solo grandi giuristi e uomini sanno avere. Per questo era apprezzatissimo anche dai più giovani, che lo ascoltavano con enorme interesse. Spesso nei convegni, in veste di presidente di sessione, ci teneva a precisare che lui avrebbe “diretto solo il traffico”. Aveva invece sempre ottimi spunti da offrire. I suoi interventi erano sempre molto vivaci, anche perché estemporanei e spesso arricchiti da aneddoti e battute. Ribadiva (con orgoglio) che era uomo del Sud e ironizzava spesso sul suo accento “tipicamente di Pordenone o di Bolzano” per sottolineare invece la sua origine napoletana a cui teneva molto. Non si poneva mai al di sopra ma ascoltava sempre con interesse tutti, anche i giovani, con i quali aveva spesso scambi di opinione. Quello che dunque traspariva era una sicura voglia di imparare più che (o solo) di insegnare.

 

 

Qual è, a Suo avviso, il contributo di maggiore attualità che ha sviluppato il Professor Tesauro e che oggi la nostra società può vantare grazie al Suo operato?

E’ difficile individuare un solo contributo perché la sua cultura giuridica ha spaziato su tantissimi ambiti lasciando un’eredità importante, e attuale, sotto diversi profili.

Poiché aveva un profondo senso delle istituzioni il Prof. Tesauro ha lasciato in ognuna di esse un’impronta indelebile e tutt’ora attuale. In veste di Avvocato Generale ha più volte suggerito (come accennato anche in precedenza) soluzioni innovative e originali che poi i giudici della Corte hanno seguito. Sue infatti sono le Conclusioni a importantissimi casi (solo per citarne alcuni, i casi TWD, Factortame I, Factortame III, Micheletti, Marshall, Corbeau, Roquette Frèrees, ecc.). Ha dato prestigio all’Autorità garante della concorrenza (dove è stato Presidente, rafforzandone l’autorevolezza e l’indipendenza). Ha infine dato un’impronta “comunitariamente” orientata alla Corte Costituzionale.

E’ da tutte queste sue molteplici esperienze che si può forse trarre uno dei suoi maggiori contributi, l’aver saputo anche coniugare l’attenzione rivolta alla centralità della persona e dei suoi diritti con quella riposta sulle regole del mercato. Mercato e persona non sono del resto due concetti antitetici o necessariamente contrapposti. La tutela dei diritti della persona può infatti contribuire ad un migliore funzionamento del mercato. Entrambi sono del resto obiettivi fondamentali nel processo di costruzione dell’Unione europea. Non a caso, il Prof. Tesauro faceva spessissimo menzione di una delle sentenze a lui particolarmente care, la sentenza Van Gend en Loos (di antichissima data, era il 1963), vertente sul divieto dei dazi doganali e sulla possibilità che, l’allora art. 12 del Trattato, conferisse all’importatore dei diritti soggettivi (il diritto di opporsi al pagamento del dazio in quanto titolare del diritto di importare liberamente le merci un altro Stato membro). Molto linearmente la Corte rispondeva che, con l’instaurazione del mercato comune, il Trattato incide direttamente sui soggetti della Comunità, dunque “implica che esso va al di là di un accordo che si limiti a creare degli obblighi reciproci tra gli Stati contraenti”.

Il riferimento a tale sentenza è contenuto anche nell’ultimo e recentissimo articolo da lui scritto, datato 18 giugno 2021, e che sintetizza molto bene il suo pensiero. Egli, parlando sia dell’evoluzione del mercato che della tutela dei diritti ha, in particolare, ricordato che:

I valori sui quali si è fondato il processo di integrazione sono anche a prima lettura rimasti quelli delle origini: si sono semmai consolidati ma sicuramente non indeboliti, nonostante qualche criticità in gran parte senza conseguenze negative irreversibili. In origine, al centro del sistema c’era il mercato comune con la quattro libertà ed in particolare fu privilegiata la libera circolazione delle merci. Ciò non giovò all’idea di Europa, da molti considerata e qualificata Europa dei mercanti, termine assolutamente improprio e ingiusto almeno per chi ne ha una conoscenza adeguata. La Comunità fu realizzata per la pace: e pace è stata, per un tempo mai così lungo. Ma non c’è solo questo successo. Soprattutto per merito della Corte il baricentro del sistema si è spostato verso la libertà di circolazione delle persone che ha prodotto effetti di grandissimo rilievo. Infatti, com’è ben noto l’assenza nel Trattato originario di un vero e proprio catalogo dei diritti fondamentali fu superata grazie alla celeberrima sentenza Internationale Handelsgesellschaf.  Con essa, la Corte introdusse, accanto all’affermazione incondizionata del principio del primato del diritto comunitario, la protezione dei diritti fondamentali nell’ordinamento giuridico comunitario”.

Sulla base di queste riflessioni ha in tale scritto indicato sinteticamente come anche le più recenti evoluzioni del sistema dell’Unione debbano molto a tali iniziali principi incardinandosi su di essi, seppur con saltuarie ma fisiologiche incertezze, presenti in ogni processo di evoluzione.

D’altra parte, continua il Prof. Tesauro, “È pur vero, come notava Schuman, che “L’Europa non potrà farsi in una sola volta, né sarà costruita tutta insieme”. Lo scritto termina con un auspicio: “È necessario soprattutto che sia fatto un altro piccolo passo verso un’Europa che realizzi “anzitutto una solidarietà di fatto” (Dichiarazione Schuman); una solidarietà che si concretizzi in azioni concordate, caratterizzate da una sostanziale convergenza o da identità di interessi”.

L’articolo si intitola: Una nuova revisione dei Trattati dell’Unione per conservare i valori del passato, pubblicato sul sito dell’AISDUE (Associazione di Studiosi di Diritto dell’Unione europea, da lui fortemente voluta e della quale era stato Presidente dal 2018 al 2021 ed era stato appena nominato “Presidente emerito”).

Ecco, credo che un suo contributo di indiscussa attualità – che è anche un metodo di studio – sia allora proprio quello di aver sempre guardato all’Europa come a un sistema in continua evoluzione, minimizzando i momenti di crisi in quanto fisiologici (così come anche la Brexit a cui non dava particolare enfasi) e ritenendo certamente opportune delle revisioni ai Trattati, ma difendendo al contempo i principi fondanti della costruzione europea, cioé i “valori del passato”, da lui considerati sempre attuali.

 

 

 

 

 

 

 

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