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Intervista al Prof. Angelo Giuseppe Orofino. Il sindacato giurisdizionale sugli atti amministrativi algoritmici.

Professore ordinario di diritto amministrativo nell’Università Lum Giuseppe Degennaro. È coeditor in chief e direttore responsabile della «European Review of Digital Administration & Law», rivista internazionale semestrale, pubblicata sia in forma cartacea che telematica (www.erdalreview.eu), che vede la partecipazione editoriale di studiosi provenienti da importanti realtà accademiche europee ed italiane. È stato invitato come visiting professor presso prestigiosi Atenei stranieri come le Università di Alicante, Castiglia-La-Mancia (campus di Toledo), di Limoges, di Murcia, di Nizza e di Santiago di Compostela.

 

Il Prof. Angelo Giuseppe Orofino

La redazione di DIMT ha intervistato il Professore per approfondire l’intervento da lui curato, durante l’evento “Gli Stati Generali di Internet”. Di cui riportiamo di seguito un estratto e un approfondimento in pdf:

Il sindacato giurisdizionale sugli atti amministrativi algoritmici  [*scarica saggio*]

 

 

 

Parlando di tutela giurisdizionale del processo e di tutela delle decisioni amministrative nell’ambito delle recenti evoluzioni informatiche, potrebbe approfondire con noi il tema relativo al “Sindacato giurisdizionale sugli atti amministrativi algoritmici”, così come citato nel Suo intervento?

Secondo una basilare regola di civiltà giuridica, contro tutte le statuizioni della pubblica amministrazione deve essere sempre consentita tutela giurisdizionale. Questa regola è espressamente ribadita anche dalla Carta costituzionale italiana, la quale specifica che la tutela non può essere esclusa o limitata a particolari mezzi di impugnazione o per determinate categorie di atti.

Il sindacato giurisdizionale sugli atti amministrativi è condotto attraverso gli strumenti dell’incompetenza, della violazione di legge e dell’eccesso di potere.

I primi due impongono una valutazione volta ad esercitare un confronto «diretto» tra quanto stabilito dalla legge e atto amministrativo, ed attengono sostanzialmente al contenuto dell’atto, alla sua forma o all’organo competente ad adottarlo; al contrario, il vaglio esercitato per mezzo delle figure sintomatiche di eccesso di potere, spesso attinge al farsi della decisione, attraverso una indagine condotta sulle attività preliminari alla sua genesi (si pensi alle figure sintomatiche che stigmatizzano l’eventuale errore fattuale in cui sia incorsa l’amministrazione, o la carenza di adeguati approfondimenti istruttori), ovvero al momento in cui essa viene giustificata all’esterno, attraverso la motivazione.

Il passaggio mezzi algoritmici di decisione, ridimensionando e trasformando il ruolo dell’uomo, può certamente essere idoneo anche a modificare alcune delle tecniche per mezzo delle quali viene ad essere condotto il sindacato sulle decisioni amministrative automatizzate.

 

Nella riflessione giuspubblicistica oggi il riferimento alle IA è sempre più comune, ma potrebbe parlarci della prima ondata di sentenze che ha avuto funzione di apripista nelle considerazioni sui provvedimenti riguardanti l’automazione?

Oggi si parla molto di intelligenza artificiale e automazione.

L’attenzione su questi temi è stata sollecitata anche dalle sentenze del Tar Lazio sulla cosiddetta «buona scuola», cioè da sentenze per mezzo delle quali il Tar centrale ha deciso alcuni ricorsi proposti da docenti che, manifestando insoddisfazione per gli esiti di una procedura di mobilità condotta con l’ausilio di strumenti algoritmici, ne hanno contestato i risultati innanzi al giudice amministrativo, ed hanno altresì chiesto che il Ministero fornisse copia integrale (completa di codice sorgente) del programma adoperato nella conduzione della vicenda.

Si tratta di sentenze indubbiamente interessanti, ma già in precedenza il giudice amministrativo aveva avuto modo di intervenire sui temi dell’amministrazione algoritmica occupandosi di atti amministrativi adottati con strumenti automatici.

Si è trattato quasi sempre di provvedimenti di definizione di procedure concorsuali in materia di pubblico impiego.

E, giudicando su tali atti, la giurisprudenza amministrativa ha avuto modo di confrontarsi con i problemi che l’automazione pone, offrendo alcune prime soluzioni, degne di sicuro interesse.

La dottrina odierna talvolta mostra di non conoscere tali sentenze, e questo mi pare metodologicamente poco accorto.

 

Qual è il contributo delle precedenti sentenze sull’automazione nelle attuali sentenze riguardanti le IA? Potrebbe parlarci di alcuni esempi, come del caso trattato dal Consiglio di Stato riguardante la scansione ottica degli elaborati prodotti dai candidati ai concorsi?

La sua domanda implica una risposta davvero molto lunga e articolata.

Per questioni di spazio e di tempo, mi limito dire che la giurisprudenza ha concorso alla individuazione dei problemi che l’amministrazione algoritmica pone, contribuendo alla loro definizione e analisi.

L’attenzione ai profili pratici, tipica dell’analisi giurisprudenziale, appare di grande utilità nella misura in cui offre un confronto vivo con le criticità che l’uso dell’informatica fa sorgere, così indirizzando la scienza del diritto verso quelle criticità e stimolandola alla ricerca di soluzioni.

Quasi tutte le questioni oggi dibattute dalla dottrina sono state anticipate da alcune sentenze pubblicate sul finire degli anni Novanta o all’inizio del decennio successivo: il tema della correttezza e completezza dei dati usati dal computer, quello della motivazione degli atti automatici, quello della delegabilità al software di funzioni procedimentali e decisionali, ecc.

Anche per questo ritengo che sia certamente opportuno che i giovani interessati ai temi della digitalizzazione leggano con attenzione quella giurisprudenza, non cedendo alla tentazione di compiere studi «frettolosi» e «superficiali», cioè studi condotti leggendo solo ciò che è facilmente accessibile in Internet e reperibile mediante i motori di ricerca.

 

Nell’ambito dell’automazione amministrativa, come si manifestano i vizi degli atti?

La giurisprudenza che sino ad oggi si è soffermata nell’analisi degli atti automatici ha ritenuto di accogliere vizi riferiti soprattutto ed errata presupposizione ed al difetto di istruttoria, spesso causati dall’acquisizione o dall’immissione nell’elaboratore di dati erronei, che sono stati poi posti alla base delle decisioni assunte in maniera automatizzata.

In altri casi si è, poi, stigmatizzata la asserita inadeguatezza degli strumenti informatici adoperati e si è giunti ad asserire che il computer non può mai sostituire l’uomo nell’assunzione di decisioni da parte delle amministrazioni, ma può solo fungere da ausilio procedimentale.

I temi sul campo sono certamente complessi e sicuramente attireranno l’attenzione e l’impegno degli studiosi negli anni a venire.

 

 

Approfondimenti:

Gli atti digitali di “Gli Stati Generali del Diritto di Internet”

 

 

a cura di

Valeria Montani

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