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Intervista al Prof. Enrico Damiani. Smart contracts e circolazione degli immobili

Il Prof. Enrico Damiani è un esperto nel campo del diritto civile e digitale, con una solida esperienza accademica e professionale presso l’Università degli Studi di Macerata, dove attualmente ricopre ruoli di grande rilievo.

Dal 2019, è Direttore della Scuola di Specializzazione per le Professioni Legali presso l’Università degli Studi di Macerata. Inoltre, dallo stesso anno, svolge il ruolo di Professore ordinario di diritto privato e civile presso il Dipartimento di Giurisprudenza della stessa università. Dal 2003 ad oggi, è membro del Collegio dei Docenti nel corso di Dottorato in Scienze Giuridiche, con un focus particolare sul diritto privato e il processo in prospettiva comparatistica e europea.

Ha inoltre partecipato a convegni internazionali e nazionali come relatore e organizzatore, evidenziando un costante impegno nel portare avanti il dibattito e la ricerca nel campo del diritto civile. Il Prof. Damiani è membro di importanti associazioni nel campo giuridico, tra cui l’Associazione Civilisti Italiani e la Società Italiana Studiosi del Diritto Civile (SISDIC).

 

Il Prof. Enrico Damiani

 

Quali aspetti giuridici specifici emergono nell’utilizzo degli smart contracts per la gestione e trasferimento degli immobili in relazione alle normative vigenti nel settore?

Secondo alcune generiche e comuni affermazioni con riferimento all’utilizzo degli smart contracts e della connessa tecnologia Blockchain viene proclamata la fine degli intermediari e del coinvolgimento degli Stati, una maggiore democrazia, sicurezza dei dati e l’eliminazione dei costi. La dottrina straniera, però, mi riferisco ad esempio a Benito Arruñada dell’università di Barcellona, ha evidenziato che non si tratta di individuare come problema fondamentale quello di registrare la titolarità del diritto di proprietà mediante l’archiviazione di informazioni, ma quello di produrre risultanze affidabili, che non siano in contraddizione con preesistenti diritti reali e che non diano vita a contenziosi giudiziari: il che rappresenta principalmente un problema di carattere legale e non meramente di natura tecnologica. Un giurista israeliano Haim Sandberg, a dispetto degli entusiasti dell’innovazione che si crogiolano nell’idea che l’applicazione della Blockchain per creare un sistema autonomo e decentralizzato per la pubblicità immobiliare sia la panacea di ogni male, ritiene che in realtà tale ipotesi vada contro le caratteristiche di base del mercato dei diritti immobiliari nei Paesi come l’Italia che hanno uno sviluppato sistema dei Registri immobiliari ben regolato da norme tassative e sia addirittura indesiderabile.

 

Nel contesto della tokenizzazione degli assets immobiliari, come si configurano giuridicamente i token digitali? Sono da considerare come beni, posizioni contrattuali complesse o prodotti finanziari?

Se si supera la concezione arcaica che riconosceva la natura di beni solo alle cose corporali essi possono essere ricondotti in tale nozione ed in tal caso formare oggetto di proprietà o altro diritto reale; una parte della dottrina, però, riconosce negli NFT fattispecie negoziali complesse rappresentative di diritti di credito e/o reali; nella ipotesi in cui essi assumono la qualifica di asset tokens (o security tokens) in quanto rappresentativi di valori mobiliari essi possono essere ricondotti alla categoria dei “titoli di credito” ossia evoluzioni in chiave tecnologica dei titoli rappresentativi di merci (art. 1996 c.c.) o delle fedi di deposito (art. 1790 c.c.).

 

Considerando l’implementazione degli smart contracts nel settore immobiliare, quali sono le implicazioni legali e pratiche riguardanti la trasferibilità dei diritti di proprietà attraverso contratti digitali?

Se si intende la possibilità di utilizzare la tecnologia per la conclusione di contratti di trasferimento di immobili direi che il nostro ordinamento e il Notariato hanno già aperto alla stipulazione di contratti online, mi riferisco ad esempio al D.Lgs. n. 183/2021 che recependo la Direttiva (UE) 2019/1151 ha consentito la costituzione di una società a responsabilità limitata con un procedimento interamente online e sotto il controllo di un notaio. Quindi l’atto pubblico informatico può rappresentare un effettivo esempio di contract on chain. Non vedo ostacoli particolari ad estendere tale modalità di conclusione di un contratto anche ad altri settori oltre quello societario. Resta però da stabilire le modalità che rendano sicuro l’accertamento della identità personale delle parti, della loro capacità di agire, dei poteri di rappresentanza eventuali e di indagine circa la volontà delle parti da parte del pubblico ufficiale.

Se si intende invece sostituire il sistema di pubblicità immobiliare vigente con uno diverso fondato sulla blockchain allora il problema diventa forse insormontabile.

Innanzitutto occorre che i dati utilizzati mediante gli smart contracts e registrati sul ledger siano certi e sicuri il che non è affatto semplice vista la complessità del sistema pubblicitario italiano che è su base personale, che spesso richiede la consultazione di altri registri pubblici (si pensi ai registri dello stato civile per le convenzioni matrimoniali ex art. 162 c.c. o al registro delle Imprese per verificare ad esempio l’eventuale fallimento di una società venditrice di un immobile), e vista la molteplicità degli effetti che esso è destinato a produrre: efficacia dichiarativa tipica ex art. 2644 c.c., efficacia costitutiva, efficacia prenotativa sia con riferimento ai contratti preliminari sia relativamente alle domande giudiziali, creazione di un vincolo di indisponibilità o di destinazione, pubblicità notizia, principio di continuità, acquisti mortis causa ….

Il problema più grave è sicuramente quello di verificare la effettiva titolarità del diritto immobiliare alienato per garantire la sicurezza della transazione. Senza tale sicurezza infatti tutto il meccanismo della blockchain sarebbe inadeguato a sostituire l’attuale sistema della pubblicità immobiliare. Chi dovrebbe infatti verificare la «correttezza e completezza dei dati stessi inseriti nella catena»? E quale sforzo economico dovrebbe essere fatto a tal fine?.

 

Nel contesto della conservazione dei beni culturali mediante la blockchain, quali sono i requisiti legali e tecnici per garantire la sicurezza e l’integrità delle informazioni riguardanti tali beni?

Nel 2017 il Consiglio nazionale del notariato ha dato vita con la I.B.M. ad un progetto denominato Notarchain, nell’ambito del quale è stato previsto un programma denominato “MONNALISA” nel quale sono coinvolti il notariato, il partner tecnologico e il ministero dei beni culturali. Tale progetto ha per oggetto la virtualizzazione e certificazione di ogni singola opera d’arte e la creazione di un sistema certificato di trasferimento delle opere d’arte.

L’obiettivo che il progetto intende conseguire è quello di creare di un sistema sicuro, trasparente, ufficiale di cessione di beni mobili di valore. Un sistema fondato sulla tecnica della Blockchain può consentire ad ogni artista di accedervi registrando le proprie opere e quindi i diritti sulle proprie creazioni, così ottenendo una timbratura digitale dei dati inseriti che non potranno poi essere alterati. Un tal registro potrebbe essere adoperato dalle case d’asta o dai singoli collezionisti per conoscere la legittima provenienza di un’opera d’arte, i precedenti trasferimenti della stessa con le inerenti quotazioni e così via. Il d.l. 28 settembre 2018, n. 109 ha previsto all’art. 14, 4^ co. Che il Ministero per i beni e le attività culturali disponga un piano straordinario nazionale di monitoraggio e conservazione dei beni culturali immobili, stabilendo i criteri per la loro individuazione anche al fine di sottoporli a interventi conservativi, stabilendo i sistemi di controllo strumentale da utilizzare per l’attività di monitoraggio. Nulla vieta di immaginare che la mappatura degli immobili di interesse storico ed artistico possa avvenire grazie ad un sistema digitalizzato inserito in una blockchain così facilitando l’accesso dei professionisti e dei cittadini ad informazioni altrimenti difficilmente conseguibili.

 

Come potrebbe essere conciliata la trasparenza e sicurezza offerta dalla blockchain con le normative antiriciclaggio, specialmente considerando l’identità anonima degli utenti?

Un problema fondamentale nell’utilizzo della tecnologia blockchain è quello che riguarda l’identità dell’utente, che essendo in teoria rappresentata solo da un codice alfanumerico che assicura l’anonimato si pone in palese contrasto con la attuale normativa antiriciclaggio. Anche l’uso delle criptovalute le quali sono decentralizzate in quanto utilizzano tecnologie di tipo peer-to-peer su reti i cui nodi risultano costituiti da computer di utenti situati in tutto il globo e su questi computer vengono eseguiti appositi programmi che svolgono funzioni di portamonete (c.d. “wallet”).

La regolamentazione delle criptovalute, in ambito antiriciclaggio è stata introdotta nel nostro ordinamento dai Decreti Legislativi n. 90/2017 e n. 125/2019, entrambi attuazione della IV e V Direttiva Antiriciclaggio dell’Unione Europea,che hanno modificato il precedente Decreto Legislativo n. 231/2007.

La conseguenza è che tutti i soggetti che operano nello scambio di valute virtuali siano destinatari degli obblighi antiriciclaggio e di contrasto al finanziamento del terrorismo.
Le società che offrono servizi collegati alle criptovalute o bitcoin sono chiamate cioè a rispettare rigide regole in fatto di compliance AML (Anti-Money Laundering).

L’identità dei soggetti possessori è anonima, si parla pertanto di “pseudonimizzazione delle criptovalute”, in quanto lo scambio dei dati avviene tra wallet identificati da una stringa alfanumerica.
La tecnologia blockchain, pur consentendo il tracciamento ogni operazione, mantiene l’anonimato per cui non è possibile risalire al soggetto che effettivamente l’ha posta in essere o al soggetto che è detentore della moneta digitale. L’anonimato consente, pertanto, di realizzare scambi senza conoscere l’effettiva identità dei soggetti e può determinaìre il rischio che le criptovalute siano utilizzate per scopi illeciti

Il Notariato potrebbe svolgere il ruolo di garante dell’identità di chi opera su una eventuale blockchain permissioned (o chiusa), nella quale i soggetti coinvolti, in base ad alcune regole scelte convenzionalmente e riguardanti, ad esempio, l’individuazione degli operatori coinvolti, le modalità di inserimento dei dati, di definizione delle eventuali controversie, eccetera, possono e devono identificare gli individui coinvolti e nella quale le operazioni dagli stessi eseguite saranno perfettamente tracciate; i relativi dati saranno vincolanti giuridicamente per effetto della convenzione iniziale e tutte le operazioni saranno soggette all’ordinamento internazionale privato.

 

In che modo il notariato potrebbe svolgere un ruolo nell’implementazione di sistemi come l’escrow agreement per garantire la corretta esecuzione degli smart contracts nel settore immobiliare?

Un ulteriore ambito nel quale potrebbe essere utilizzato il ruolo del Notariato è costituito dai servizi di escrow per portare a completa esecuzione gli smart contracts.

L’escrow agreement è un contratto in auge nei sistemi di common law che si sta diffondendo anche nel nostro ordinamento mediante il quale le parti affidano ad un soggetto terzo il mandato per regolare una cessione di beni mobili e immobili, comprese le partecipazioni societarie e le aziende o rami di esse. Conseguentemente alla stipula del contratto di escrow account, i contraenti depositano presso il soggetto terzo il bene o il documento oggetto della operazione economica e il suo controvalore in denaro. Il bene e la somma depositata vengono amministrati per conto dei depositanti fino al momento in cui si sarà verificata una determinata condizione predisposta dalle parti, per essere infine consegnati all’avente titolo. Il terzo, che in ipotesi potrebbe essere un notaio, agisce quindi come escrow agent tra i contraenti.

Le utilità del ricorso a tale istituto sono svariate: le somme confluite nel deposito non sono più nella disponibilità del depositante e esse sono opponibili ai creditori, anche in caso di fallimento del conferente; la costituzione di un escrow account può rappresentare una garanzia per le imprese esportatrici, e tale tecnica, infine, è molto apprezzata dalle banche e dalle imprese assicuratrici al fine di rilasciare garanzie a imprese.

 

Quali sfide pratiche o teoriche potrebbero emergere nel contesto della trasformazione degli immobili in token digitali e la loro successiva offerta agli investitori privati tramite la tecnologia blockchain?

Agli inizi del 2020 si è diffusa la notizia che anche in Italia è stata realizzata la prima operazione immobiliare in blockchain (nel caso specifico Ethereum) e precisamente una STO (Security Token Offering) che ha comportato la emissione di equity token legati a due immobili ubicati a Roma, dei quali uno ultimato e l’altro in corso di ultimazione, che erano stati posti a garanzia di un finanziamento accordato da una primaria Banca italiana che non era stato onorato dalla società finanziata (Non Performing Loan).

Una società veicolo ha concluso con la banca un contratto per l’acquisto del credito deteriorato del valore di 4 milioni di Euro al corrispettivo di 3 milioni, con il connesso complesso immobiliare ed ha successivamente emesso degli equity token a favore dei propri soci, in base agli accordi siglati nei patti parasociali. L’operazione è stata perfezionata grazie all’intervento di una società startup fintech specializzata in investimenti immobiliari che ha realizzato l’infrastruttura tecnologica basata sulla blockchain, con la digitalizzazione e registrazione della intera documentazione relativa al credito deteriorato della Banca e ai dettagli degli immobili della società veicolo.

I token così acquistati al momento non possono essere trasferiti. Qualora però dovesse creato un mercato secondario regolamentato, nel quale gli investitori accreditati possano cedere ed acquistare “token” di immobili come se si trattasse di azioni, il mercato sarebbe molto più liquido consentendo un abbassamento della soglia minima di investimento.

Se le banche per i NPL si attrezzassero per gestire internamente la tokenizzazione di tali crediti, potrebbero collocare i NFT sul mercato senza dover procedere a delle cessioni in blocco a prezzi notevolmente inferiori.

Questa sicuramente è una via percorribile per situazioni analoghe.

Nel progetto denominato Notarchain è stato previsto un programma denominato “Commodities dell’atto pubblico di compravendita” il quale prevede il coinvolgimento del notariato, della P.A., e degli operatori del settore quali agenzie immobiliari e amministratori di condominio ed è finalizzato a consentire il passaggio automatico delle informazioni connesse agli atti notarili (residenza anagrafica, bollette delle utenze, tasse sui rifiuti, spese dell’immobile, condominio etc.) al fine di consentire la creazione di un sistema più efficiente e veloce di disintermediazione di informazioni.

Pare invece al momento difficile che in un futuro prossimo, la compravendita di un immobile potrà essere eseguita on-line attraverso l’acquisto di un NFT, e che la proprietà potrà essere successivamente ceduta attraverso la vendita dell’NFT ad un nuovo acquirente, stante le difficoltà sopra sinteticamente esposte con riguardo alla complessità del nostro sistema di pubblicità immobiliare e con l’esigenza di dover fornire dati estremamente attendibili.

Non di minore gravità è poi il problema connesso al rischio di smarrimento della chiave crittografica che corrisponde ad una determinata posizione giuridica, ad esempio, la titolarità di un immobile. In tal caso si avrebbe la perdita del controllo e della disponibilità giuridica della stessa posizione e quindi citando un’autrice straniera Jane Kaufman Winn, il rischio è che “Grandma picks a bad password and loses her house” (la nonna utilizza una password sbagliata e perde la sua casa)!

Credo, pertanto, che al momento, nel settore immobiliare, considerate le difficoltà sopra esposte, sia possibile utilizzare gli smart contracts e la tecnologia blockchain per la realizzazione di progetti come quelli testé descritti mentre per altri utilizzi vi sono ancora difficoltà non facilmente superabili ma, come si sa, ciò che non sembra possibile oggi potrebbe addirittura diventare auspicabile tra qualche tempo.

 

 

a cura di Valeria Montani

 

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