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Intervista all’Avv. Giacomina Picheo. Blockchain e settore immobiliare, la tokenizzazione del real estate

L’Avv. Giacomina Picheo vanta un’esperienza ventennale nel contenzioso civile e amministrativo, in collaborazione con primari studi legali a Milano. Negli ultimi 10 anni la sua attenzione si è incentrata prevalentemente sul diritto immobiliare, con consulenza e assistenza anche giudiziale in materia di contratti autonomi di garanzia o fidejussioni in relazione a Piani Integrati di Intervento, dinieghi di titoli edilizi, osservazioni e impugnazioni di PGT e Varianti, destinazioni urbanistiche, tutela di immobili vincolati, contributi concessori (oneri di urbanizzazione e contributo di costruzione), convenzioni urbanistiche, vizi costruttivi e connesse responsabilità delle diverse figure conivolte (impresa appaltante, progettisti, direttore lavori, ecc.), contrattualistica in materia di diritti reali e locazioni, violazioni in materia di distanze tra fabbricati o dal confine e tanto altro.

Ha avuto occasione di occuparsi di casi di anatocismo bancario e violazione della normativa bancaria e finanziaria, ottenendo nel 2008 una delle prime sentenze italiane (Tribunale di Marsala) che statuiva la nullità di un ordine di acquisto di bond argentini e conseguente restituzione delle somme investite al risparmiatore. Ancor prima, nel 2006, ha ottenuto la prima decisione del Garante per la Privacy in materia di accesso gratuito ai dati bancari da parte del correntista. Entrambe le sentenze sono pubblicate con nota a commento su altalex.com e ilcaso.it.

 

 

L’Avv. Giacomina Picheo

 

 

Come si declinano i rapporti i tra gli operatori nella creazione e diffusione di tokens nel settore del real estate?

Vorrei fare una premessa. Lo sviluppo e l’applicazione della blockchain nel real estate è ancora nella fase di sperimentazione, peraltro attuata soltanto in alcuni paesi e per alcune specifiche operazioni. Tuttavia, proprio in questa fase abbiamo l’opportunità di individuare i vantaggi, i rischi, i costi anche in termini di sostenibilità ambientale, ed operare per indirizzare lo sviluppo di tale tecnologia verso un’applicazione etica e sostenibile e a beneficio di tutti.

Al momento, quindi, possiamo soltanto immaginare quali potranno essere le problematiche, giuridiche e non, che l’adozione di tale strumento comporterà anche nel settore immobiliare e dunque soltanto ipotizzare delle soluzioni. Tornando alla Sua domanda, si tocca un punto nodale dell’argomento.

Come già rilevato nel mio contributo “Blockchain e settore immobiliare – Tokenizzazione del real estate” pubblicato sulla Vostra rivista, il token, nella sua attuale configurazione giuridica, non incorpora in sé alcun diritto connesso all’oggetto della transazione e men che meno il diritto di proprietà o godimento di un immobile, perciò chi acquista un token con sottostante immobiliare non acquista direttamente una quota di proprietà di quell’ asset, ma soltanto uno strumento per accedere al contenuto digitale, rispetto al quale il diritto sulla quota di proprietà  o godimento sarà disciplinato nei contratti sottoscritti tra il proprietario e il creatore o titolare del token, che verranno poi trasposti nel contratto tra il creatore o titolare del token e la piattaforma e poi nel contratto tra la piattaforma e l’utente finale. I soggetti coinvolti nella creazione, gestione e diffusione di tokens con sottostante immobiliare sono diversi.

Anzitutto, il proprietario dell’asset immobiliare. Allo stato attuale della legislazione, non solo italiana peraltro, il passaggio di una proprietà immobiliare non può avvenire su blockchain mediante trasferimento di tokens,  dovendosi ricorrere ad un atto pubblico soggetto a trascrizione nei pubblici registri. Tuttavia tale ostacolo può essere superato ricorrendo ai titoli (quote, azioni o obbligazioni) di società titolari dell’asset immobiliare, che incorporino in sé i diritti su quell’asset.

Il proprietario dell’asset immobiliare, dunque, emetterà titoli (quote, azioni o obbligazioni) con sottostante immobiliare, che potranno essere incorporati nei tokens. Il secondo soggetto è il creatore dei tokens, probabilmente una società specializzata in tokenizzazione, che potrebbe identificarsi anche con la piattaforma che poi commercializzerà i tokens. Se invece non si identifica con il creatore dei tokens, la piattaforma che commercializza e gestisce i tokens sarà il terzo soggetto.

Infine, vi sarà l’acquirente finale dei tokens, che potrà identificarsi con enti, istituzioni, fondi, ma anche con il semplice investitore privato. Tutti i  rapporti tra tali soggetti saranno disciplinati da contratti, che ne stabiliranno diritti ed obblighi.

Vi sarà quindi un contratto tra il proprietario dell’asset immobiliare, che dovrà garantire di disporre del diritto di proprietà, emettere i titoli con sottostante immobiliare e autorizzarne la tokenizzazione, e il soggetto che effettuerà la tokenizzazione, cioè la creazione dei tokens che incorporeranno i titoli della società veicolo. Vi sarà poi il contratto tra il soggetto creatore dei tokens e la piattaforma di commercializzazione, a meno che creatore e piattaforma si identifichino in un unico soggetto, il primo dovrà garantire l’unicità del prodotto digitale (utilizzando NFT o F-NFT) e il secondo dovrà garantire la circolazione dei tokens in forza della normativa applicabile (normativa che sarà individuata in relazione alla natura giuridica che sarà attribuita al token medesimo).

Infine ci sarà un contratto tra la piattaforma e l’acquirente finale del token, in cui dovranno essere previste le tutele a favore dell’acquirente e i limiti alla fruizione e circolazione del token.

Nei predetti contratti occorrerà stabilire con chiarezza alcuni punti per evitare incertezze e successivi strascichi giudiziari: per es. occorrerà stabilire quale soggetto avrà l’obbligo di verificare la titolarità della proprietà in capo al proprietario originario e dunque ne risponda nei confronti dell’acquirente finale; chi sarà tenuto a garantire l’unicità del token; in capo a quale soggetto andrà attribuita la legittimazione passiva dell’azione intrapresa dall’utente finale, la legge che verrà applicata in tal caso, il foro compente, considerando anche che il tutto si svolgerà in rete e dunque su scala mondiale.

Insomma, la fase “contrattuale” dovrà essere gestita al meglio dai singoli operatori e dovrà esserci un intervento legislativo ove l’attuale normativa non preveda tutele efficaci, ciò anche al fine di garantire la certezza necessaria allo sviluppo di un mercato di questo tipo.

Vorrei aggiungere che, con l’avvento del Web3, che sarà caratterizzato principalmente dalla disintermediazione, potremmo anche assistere allo sviluppo di sistemi che consentiranno il contatto diretto tra i proprietari e gli acquirenti finali, con conseguente semplificazione dei rapporti tra le parti ma anche probabilmente ulteriori e diverse problematiche giuridiche al momento difficilmente inquadrabili.

 

In cosa consiste il processo di tokenizzazione nel settore immobiliare e quali sono i vantaggi nell’utilizzo nel settore immobiliare?

La tokenizzazione è la conversione di un bene o servizio reale o fisico in un oggetto digitale, il token, che rimane legato al bene o servizio fisico sottostante per mezzo di smart contracts.

Nel settore immobiliare, i diritti reali inerenti un immobile potranno essere frazionati, incorporati in titoli, a loro volta convertiti in tokens, che verranno poi scambiati sul mercato. Il processo di tokenizzazione prevede 5 fasi: studio e strutturazione dell’operazione, tokenizzazione, distribuzione dei tokens, gestione della fase successiva, circolazione dei tokens sul mercato secondario.

Il vantaggio principale sarà quello di rendere liquido un mercato illiquido come quello immobiliare e di democratizzare l’accesso alla proprietà immobiliare, consentendo anche ai piccoli investitori che, senza grandi impieghi di capitale, potranno accedere alla proprietà frazionata immobiliare. Ciò grazie alla riduzione dei costi amministrativi (per es. gli smart contracts potranno eseguire protocolli di conformità, due diligence, procedure antiriciclaggio, ma anche i processi di rendicontazione e distribuzione del reddito) e dei tempi di trasferimento. Se si riducono i costi di emissione, gestione e negoziazione i vantaggi saranno evidenti anche per gli investitori oltre che per i proprietari degli asset. Le transazioni saranno più veloci (oggi per vendere un immobile occorre attendere mesi) e meno costose (si ipotizza che gli smart contracts potranno eliminare la necessità degli intermediari).

Un altro vantaggio della tokenizzazione del real estate è sicuramente la garanzia di sicurezza, trasparenza, velocità e la immutabilità della tecnologia blockchain: si potrà accedere in modo sicuro alla stessa copia di dati, che non potrà essere alterata ma potrà essere aggiornata istantaneamente, ogni transazione sarà crittografata, i dati saranno rintracciabili ma protetti, con maggiore accessibilità alle informazioni relative al bene.

A seguito della pubblicazione del mio articolo sulla Vostra rivista, un piccolo investitore residente all’estero mi ha contattato per chiedermi perché avrebbe dovuto comprare tokens immobiliari e non quote di REIT. Come ho già spiegato nel contributo, i REIT (che sono veicoli di investimento immobiliare frazionato) sono quotati e il processo di quotazione è costoso e richiede tempo per il soggetto emittente, con oneri che vanno dal 3% al 10% del valore di mercato degli asset. Il piccolo proprietario di immobili non può costituire un REIT per vendere il proprio immobile, mentre potrebbe essere per lui più semplice utilizzare il processo di tokenizzazione del suo asset. Il piccolo investitore nel REIT non ha controllo sul bilanciamento e l’esposizione alle singole attività di portafoglio, mentre con la tokenizzazione sarà possibile personalizzare il proprio portafoglio, oltre ad avere minori costi e oneri. Inoltre sarà più semplice anche il disinvestimento, che potrebbe essere privo di oneri e penali (previsti invece per gli investitori in fondi private o in altri strumenti).

Inoltre, questa tecnologia potrebbe avere applicazione anche in altri settori del real estate: ad esempio, può esserne ipotizzato l’uso nella fase di progettazione di un edificio, dove essa potrà garantire integrità, trasparenza e sicurezza dei dati.

Tuttavia, prima di arrivare alla tokenizzazione, a mio parere, sarebbe davvero utile implementare la digitalizzazione del patrimonio immobiliare esistente con la previsione e costituzione di un fascicolo digitale per ogni fabbricato, che potrà contenere in sé tutti i dati e le vicende (modifiche edilizie, passaggi di proprietà) dell’immobile, senza che, come accade oggi, quantomeno in Italia,  il geometra o l’ingegnere incaricati debbano accedere a diverse banche dati per reperire tutte le informazioni su una unità immobiliare (catasto, uffici comunali, ecc.), con inutile dispendio di tempo e costi.

Se questi fascicoli fossero poi registrati e conservati su blockchain ne sarebbe garantita trasparenza, sicurezza e immutabilità oltre che aggiornamento in tempo reale; dal fascicolo edilizio digitale alla tokenizzazione dell’immobile il passo sarebbe più breve.

 

Quali sono i rischi legati all’uso di questa tecnologia? Nel Suo contributo parla di proliferazione delle soluzioni di Distributed Ledgers come causa di frammentazione del mercato del real estate. Approfondirebbe con noi definendo cosa si intende per Distributed Ledgers e come mai potrebbero produrre una frammentazione?

Come tutte le novità anche in questo caso ci sono rischi e problematiche che andranno affrontate.

I Distributed Ledgers sono registri distribuiti, cioè sistemi in cui tutti i partecipanti alla rete possiedono la stessa copia di un database condiviso, ogni partecipante può consultare il registro autonomamente o modificarlo, ma la modifica è soggetta all’approvazione di tutti i nodi, modifica che avviene attraverso algoritmi di consenso, che permettono cioè di raggiungere il consenso nonostante i partecipanti alla rete aggiornino il registro in modo indipendente. Queste tecnologie utilizzano anche sistemi di crittografia. La tecnologia Blockchain fa parte dei Distributed Ledgers perché ne condivide queste caratteristiche, ma in più consente i trasferimenti di asset.

Oggi esistono diverse blockchain per movimentare soprattutto le cryptovalute: Bitcoin, Etherum, Solana, Algorand sono tra le più conosciute, ma ce ne sono molte altre (Cardano, Polygon, Stellar, Near Protocol, ecc.). Se dovessero nascere diversi registri dove registrare gli scambi immobiliari vi sarebbe una frammentazione del mercato, con conseguente difficoltà nel confronto delle offerte e nello scambio di tokens tra più piattaforme e occorrerà, in tal caso, implementare sistemi di interoperabilità tra le piattaforme.

Ulteriori rischi sono: l’obsolescenza delle tecnologie negli investimenti di lungo periodo, gli attacchi cyber nelle blockchains private o ibride ove fossero utilizzate nella tokenizzazione degli immobili, l’incertezza normativa, la necessità di ponderare le esigenze di tutela della privacy con le esigenze di trasparenza del mercato. Ma vi è un altro problema: come consentire ad una autorità terza, come la magistratura, di eseguire provvedimenti, ad esempio, di annullamento delle transazioni o di sequestro dell’asset?

Le operazioni registrate su una blockchain non possono essere modificate se non attraverso la registrazione di una nuova operazione, cioè aggiungendo un nuovo nodo alla catena. Quando un soggetto acquista un token, ne possiede la chiave privata: è difficile immaginare che la magistratura possa ad esempio sequestrare la chiave privata o possa far eseguire un ordine di annullamento di un’operazione già registrata. Si potrà ipotizzare, in tale caso, una inibizione dell’address riconducibile a quella chiave privata oppure una sorta di imposizione alla rete di un nuovo nodo che modifichi il precedente?

Infine, non può essere ignorato il problema della sostenibilità economica di queste tecnologie. E’ ormai noto che la potenza computazionale di cui vi è necessità al crescere del numero di transazioni registrate richiede sempre maggiore consumo di energia. Alcune blockchain sono considerate eco-friendly perché ricorrono a fonti di energia rinnovabile. Ma certamente il problema va affrontato in modo sistematico.  Ci si potrebbe chiedere se possa essere utile introdurre dei criteri simili a quelli in vigore nel settore finanziario (criteri ESG) anche per le blockchains.

 

Ad oggi esiste una normativa di riferimento per tutelare dai possibili rischi connessi all’uso dei token nel real estate?

Ad oggi, quanto meno in Italia, non esiste una normativa specifica che tuteli dagli specifici rischi connessi all’uso dei tokens nel real estate, ciò in quanto l’utilizzo di tale tecnologia nel settore è limitato a pochi esperimenti, non c’è una diffusione tale da indurre il legislatore ad intervenire in modo specifico.

Si può ricorrere allora alla normativa esistente?

Mentre è facile immaginare che la normativa esistente in materia di contratti potrà  essere applicata ai rapporti tra i diversi attori (proprietario, soggetto che tokenizza, piattaforma, acquirente), non è facile invece individuare la normativa applicabile alla circolazione dei tokens, in quanto occorrerebbe chiarire quale sia la natura giuridica del token con sottostante immobiliare: se il token con sottostante immobiliare ha finalità di investimento potrà essere sottoposto alla disciplina dei prodotti o strumenti finanziari;  se esso conferisca diritto di voto nella gestione del bene immobile, potrebbe essere disciplinato al pari di una quota o azione societaria, ma se esso rappresenta un diritto di godimento di un bene immobile senza finalità di investimento, al momento non sembra esservi una normativa che lo disciplini.

E’ chiaro allora che, come in ogni settore emergente, occorrerà dare certezza al diritto applicabile al fine di consentirne lo sviluppo.

 

 

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