skip to Main Content

Seminario “Stato di Diritto e Bilancio”. Intervista alla Prof.ssa Avv. Loredana Giani

Il seminario Stato di Diritto e Bilancio nasce in occasione della pubblicazione del secondo numero del 2021 della rivista Bilancio Comunità Persona, la redazione di DIMT ha approfondito le tematiche affrontate durante l’evento con la Prof.ssa Avv. Loredana Giani.

La Prof.ssa Giani è Professore Ordinario di Diritto amministrativo dal 2007, insegna Diritto amministrativo, Diritto delle organizzazioni turistiche e Legislazione scolastica presso l’Università Europea di Roma. Principal inverstigator di un PRIN, è coordinatore di numerosi altri progetti di ricerca nazionali e internazionali. Membro del comitato scientifico di diverse riviste a carattere scientifico anche di fascia A, è direttore di una Collana editoriale, edita presso dalla Editoriale Scientifica di Napoli.

 

 

La Prof. Avv. Loredana Giani

 

 

Quali tematiche ha indagato l’evento? A quali quesiti ha cercato di dare risposta?

L’evento è stato organizzato in occasione della presentazione del fascicolo n. 2 della Rivista “Bilancio, Comunità, Persona” il cui obiettivo generale è di contribuire al dibattito giuridico, economico e politico sul ruolo delle risorse pubbliche e sul controllo delle stesse.

Prendendo spunto dagli approfondimenti specifici contenuti nel volume dedicati prioritariamente all’approfondimento delle principali questioni problematiche correlate alla attuazione del Recovery Plan e, in particolare, al PNRR nella sua complessa articolazione, anche in relazione alle questioni correlate alla autonomia di spesa delle Regioni e al complesso rapporto tra risanamento finanziario, garanzia dei livelli essenziali e poteri sostitutivi, l’evento ha inteso indagare il complesso rapporto tra “Stato di Diritto e Bilancio”, alla luce delle evidenti tensioni cui esso è sottoposto, e ciò non solo in ragione delle più evidenti pressioni riconducibili alla crisi pandemica, ma a monte, nelle sedi dell’Unione, in relazione alla diversa cultura giuridica e valoriale che i diversi Stati membri esprimono.

Il dibattito, che ha trovato nella pubblicazione del n. 2/2021 della rivista Bilancio, Comunità, Persona, il punto di convergenza e di analisi, si è proposto il fine di rinvenire percorsi di approfondimento muovendo proprio dalla considerazione della portata dello stesso concetto di “Stato di diritto” analizzato nella sua portata complessiva tanto in una dimensione propria del diritto europeo, quanto interna.

In questa prospettiva in cui il concetto supera la sola dimensione formale del limite all’azione dello Stato, in favore di una dimensione sostanziale in cui il limite alle stesse scelte politiche viene individuato non facendo riferimento alle sole norme di diritto, ma secondo una dimensione proiettata verso la garanzia dei diritti fondamentali. Una dimensione sostanziale che, evidentemente, pone lo stesso bilancio in una prospettiva diversa, non limitata alla sola dimensione ragionieristica, ma valorizzando la sua dimensione programmatoria. Una dimensione che ha portato alla sua qualificazione, da parte della stessa Corte costituzionale, e non solo, in termini di bene pubblico.

In questo quadro, nel corso del seminario si sono indagate le coordinate di questo complesso rapporto.

 

A suo avviso, come la pandemia ha alterato le tutele inerenti al bilancio e ai suoi principi nel nostro Paese, soprattutto nella dimensione della garanzia dei diritti fondamentali.

La crisi pandemica, in realtà, non ha alterato le tutele del bilancio, soprattutto se riferite alla necessità di garantirne l’equilibrio. Principio, quello dell’equilibrio, introdotto in sede di riforma costituzionale e da non confondersi con il più rigido principio di pareggio di cui si parlava in sede di discussione della riforma. Anzi, al contrario, ha evidenziato la reale portata del principio dell’equilibrio e, soprattutto, la necessità di operarne un bilanciamento proprio con i diritti fondamentali. E muovendo da questa prospettiva, che è una attuazione della matrice sostanziale dello Stato di diritto, nel corso dell’incontro si è cercato di percepire, e in una certa misura anche anticipare, le traiettorie del PNR e le ricadute che lo stesso avrà rispetto ad alcuni settori strategici, evidenziandone anche i riflessi di matrice strettamente contabilistica. Ma soprattutto, e questa è una lettura che non può essere evitata, proprio alla luce degli insegnamenti che non possiamo non trarre a livello di sistemi di governo dalla pandemia, il PNRR e la sua attuazione non possono prescindere dalla considerazione della dimensione programmatoria del bilancio, e dunque dai territori, dai bisogni e dalle potenzialità (anche, ma non solo, economiche) che essi esprimono. Unici elementi che possono, ove correttamente valorizzati, garantire quel grado di appropriatezza della programmazione e della stessa organizzazione che si pongono quali precondizioni per la garanzia di effettività degli stessi diritti fondamentali.

Nell’ambito della dimensione globale della finanza pubblica che impatto ha l’introduzione di Eurobond? E per l’Italia nello specifico?

Come sappiamo il tema non trova tutti concordi, per diversi ordini di ragioni, in primis la mancanza di una forte autorità centrale che sia in grado di obbligare i paesi a “spendere” in maniera “appropriata”, e la assenza di un sistema centralizzato di omogeneizzazione delle politiche di bilancio dei singoli stati membri.

Certamente la crisi pandemica ha ridato vita al dibattito, soprattutto a seguito delle emissioni di debito per il Recovery Fund e il collocamento sul mercato di Recoverybond  per il suo finanziamento. Emissioni, quelle effettuate sino ad ora, che evidentemente non saranno le ultime e che non sono certo sufficienti a far ritenere formato un mercato per questi strumenti. Non si può, infatti, dimenticare che quelli correlati al Recovery Fund, chiamati impropriamente Eurobond, sono in realtà fondi raccolti dal fondo Recovery con la garanzia del bilancio UE, con una differenza sostanziale, dunque, in quanto nel caso dei primi la condivisione del rischio è comune solo per il debito futuro, mentre con gli eurobond ci sarebbe la mutualizzazione del debito futuro ma anche di quello pregresso.

Gli eurobond, in questa rinnovata dimensione, dinamica e omnicomprensiva, evidentemente non più transitoria, consentirebbero di allineare i rischi dei titoli del debito pubblico tradizionale con i rischi dei titoli del paese più solido, assunto come riferimento, rappresentando un primo passo verso la costruzione di un’Unione non solo monetaria ma anche fiscale.

Rispetto al nostro sistema, oltre al risparmio di interessi, un titolo europeo consentirebbe di rompere il circolo vizioso tra bilanci pubblici e bancari, migliorando, tra l’altro l’efficacia della politica monetaria e dei mercati europei. Ci si auspica, così, che gli Eurobond possano alimentare un fondo di cofinanziamento dei programmi europei per le infrastrutture, materiali e immateriali ponendo le basi per un sistema finanziario più integrato e più efficiente.

Back To Top